Elio: un giorno potrebbe finire, ecco cosa rischiamo

gasdotto

L’elio non è utile solo per gonfiare palloncini colorati agli eventi, ma ha tanti altri impieghi davvero utili. Esso è impiegato nelle immissioni subacquee, alla base di lavorazioni industriali come la produzione di semiconduttori, fibre ottiche o altri materiali di alta tecnologia. Il suo punto di forza è il suo bassissimo punto di ebollizione. Adatto così ai sistemi di raffreddamento a temperature molto basse nel caso di macchine a magneti. Si parla della risonanza magnetica che usa campi magnetici e onde radio per fornire immagini ad alta risoluzione di organi, tessuti e ossa. L’elio permette di viaggiare senza resistenza, senza esso non potremmo avere strumenti di diagnosi e prevenzioni per le malattie.

Purtroppo è anche una risorsa limitata e prima o poi finirà! Ultimamente la preoccupazione sulla crisi dell’elio è dovuta anche al conflitto russo-ucraino. Serve quindi una strategia globale di produzione che possa metterne al sicuro una quantità significativa per alcuni anni. L’elio nasce dal procedimento di decadimento radioattivo di altri due elementi chimici nelle rocce della Terra come il torio e l’uranio.

La sua estrazione è davvero costosa, quindi la maggior parte di elio va ricavata direttamente dalle profondità della Terra. Una volta estratto, il gas totale va sottoposto a una distillazione frazionata. Tutte le sostanze vengono portate a una bassa temperatura e a un’alta pressione. Altri gas come il metano si liquefanno, l’elio invece che ha un punto basso di ebollizione, resta in gas, separato dal resto. In sintesi, estraendo metano aggiungiamo anche riserve preziose all’elio. Poi esso viene diviso e trasformato in liquido attraverso la criogenesi e venduto in tutto il mondo.

Secondo una statistica, ogni risonanza magnetica ha bisogno di 2mila litri di elio liquido ultrafreddo. Ogni macchina ne userebbe fino a 10mila litri durante la sua vita. Se un giorno l’elio venisse esaurito non potremmo più permetterci le risonanze magnetiche.

 

Serve investire nell’esplorazione e trovare nuove risorse così da garantire strategie a lungo termine. Ma soprattutto è necessario differenziare l’approvvigionamento per motivi geopolitici. Il prezzo dell’elio è aumentato del 500% negli ultimi 10 anni anche a causa di molte fluttuazioni legate a speculazioni: è un mercato molto instabile. Ci sono stati momenti di allarmismo in cui si pensava che finisse elio ma il problema era più legato alle vendite e all’immessa sul mercato delle riserve. Oggi non siamo in crisi ma serve responsabilizzarsi nel suo utilizzo. E per tempo.

dottor Andrea Dini, geochimico dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr