La telemedicina è una modalità di sanità a distanza che esiste da diversi anni, ma che è balzata alla ribalta durante la fase acuta del Covid-19 in cui non era più possibile avere consulti medici in presenza.

Secondo la definizione del Ministero della Salute, la telemedicina è “Erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località”.

I vantaggi legati a questa pratica sono tre: maggior continuità nell’erogazione delle cure, equità di accesso per i pazienti e risparmio economico per il servizio sanitario e i cittadini. C’è, però, un quarto vantaggio legato all’ambiente.

Uno studio condotto in sei ospedali di tre regioni dall’Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) ha analizzato 872 teleconsulti in cui, nell’85% dei casi il paziente non risiedeva nello stesso comune del centro sanitario che erogava la prestazione.

La mancata percorrenza del tragitto tra casa e ospedale, in media 140 km di distanza andata e ritorno, ha comportato una riduzione di circa 10 tonnellate di anidride carbonica. Inoltre, lo studio ha evidenziato un risparmio di 1452 ore per gli spostamenti e altre 654 per le attese, comportando un risparmio economico di 69’000 euro circa. Se moltiplicate su milioni di persone queste cifre assumono dimensioni notevoli.

Il ricorso alla telemedicina, secondo una stima dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, superava di poco il 10%, mentre poi, nella fase acuta della pandemia ha superato il 30% per molte applicazioni.