Un gruppo di scienziati dell’Università di Stanford ha impiantato nel cervello di ratti appena nati dei neuroni umani, i quali si sono integrati nel nuovo ambiente e sviluppato delle sinapsi con i neuroni dei roditori, partecipando ad alcune attività cerebrali. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Gli organoidi sono l’evoluzione tridimensionale di semplici colture cellulari in due dimensioni. In questo caso si tratta di agglomerati di neuroni ottenuti da cellule staminali umane che somigliano al cervello vero, ma che non sono irrorati da vasi sanguigni e non ricevono stimoli o interazioni neurali come avviene nel cervello.

Sergiu Pasca e i colleghi dell’Università di Stanford hanno creato questi aggregati formati da 500’000-1 milione di neuroni che sono stati impiantati nel cervello di ratti appena nati, più precisamente nella corteccia somatosensoriale, la quale si occupa di elaborare sensazioni tattili come il movimento dei baffi nei roditori.

Nei sei mesi successivi questi si sono moltiplicati fino a raggiungere un numero pari a tre milioni occupando circa un terzo della zona in cui erano stati trapiantati. Questi non si sono, però, limitati a crescere accanto a quelli autoctoni, ma si sono connessi a loro, insinuandosi nei circuiti neurali dei ratti. I neuroni umani sono diventati sensibili agli stimoli percepiti dall’animale, ma hanno anche imparato a condizionare il comportamento dei roditori.

Questa procedura potrebbe essere utile ai fini della ricerca per studiare patologie neurologiche come l’epilessia e la schizofrenia oltre a progettare nuovi potenziali farmaci contro di esse.