Tra i tanti record (negativi) raggiunti questa estate dal punto di vista ambientale si aggiunge anche quello del maggior numero di frane in alta quota sulle Alpi negli ultimi 20 anni. Questi dati, facenti riferimento al periodo che va dal 2002 al 2022, provengono dal Cnr-Irpi, ovvero l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche.

Il rapporto del Cnr-Irpi dice che sopra i 1500 metri si sono verificati 57 eventi franosi, tra cui crolli di ghiaccio e di roccia, svuotamento di laghi glaciali e colate detritico-torrentizie. Il numero di questi fenomeni, seppur non possa essere trattato statisticamente a causa del basso numero di anni in cui sono stati raccolti i dati (per questo tipo di indagini servono almeno 30 anni), mostrano una tendenza ad aumentare con il passare del tempo.

Questa estate si sono verificate 37 colate detritico-torrentizie e 15 casi di crolli di roccia che hanno colpito prevalentemente la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige, la Lombardia e il Veneto.

Le cause di questo record sono da ricercarsi nel disequilibrio di questi ambienti rispetto a un clima in rapido cambiamento.

Le elevate temperature minime e massime giornaliere, la permanenza a quote elevate e per diversi giorni consecutivi dello zero termico, la maggior frequenza di eventi pluviometrici brevi ed intensi (pioggia e grandine) a quote sempre più elevate, lo scarso apporto di precipitazioni nevose invernali e primaverili sono fra le principali cause di questo disequilibrio.

I valori delle temperature dell’estate appena terminata, osservati sull’arco alpino italiano, sono stati significativamente più elevati rispetto a quelli medi del trentennio di riferimento 1991-2020: i settori occidentale, centrale e orientale alpino sono risultati più caldi rispettivamente di oltre 2,6 °C, 1,8 °C e di 2,2 °C .

Cnr-Isac