Atomi “nuotano” in un liquido per la prima volta

atomi nuotano in un liquido

Gli studiosi hanno intrappolato e osservato atomi di platino “nuotare” su una superficie liquida sotto pressioni diverse. Hanno usato materiali sottili da essere bidimensionali. Il risultato sarebbe capire come un liquido alteri il comportamento di un solido con cui è a contatto.

 

Data la diffusa importanza industriale e scientifica di tale comportamento, è davvero sorprendente quanto dobbiamo ancora imparare sui fondamenti di come gli atomi si comportano sulle superfici a contatto con i liquidi. Uno dei motivi per cui mancano le informazioni è l’assenza di tecniche in grado di produrre dati sperimentali per interfacce solido-liquido.

Sarah Haigh, scienziata dei materiali dell’Università di Manchester, nel Regno Unito

 

 

Nel momento in cui solido e liquido entrano in contatto, i comportamenti di ciascuno cambiano nel loro punto d’incontro. Ciò è importante per capire i vari processi. Il mondo su scala atomica è difficile da vedere. La TEM (microscopia elettronica a trasmissione) che usa elettroni per creare un’immagine, è una delle tecniche disponibili.

Anche così però è complicato. Fortunatamente è stata creata una forma di TEM per agire in ambienti gassosi e liquidi. Ecco cosa ha usato il team nella sua ricerca. Successivamente si sono creati vetrini per microscopio per contenere gli atomi. Il grafene è ideale, forte, impermeabile e bidimensionale. Quindi si è unita una cella liquida di grafene con la tecnologia TEM esistente.

La cella è stata riempita con acqua salata e atomi di platino. Gli studiosi hanno osservato gli atomi muoversi su una superficie solida di disolfuro di molibdeno. Alcuni atomi sopra vi viaggiavano più velocemente, altri invece si fermavano in alcuni punti della superficie solida per riposare. Il comportamento degli atomi è risultato diverso a seconda delle variazioni di pressione dell’ambiente.

 

Nel nostro lavoro dimostriamo che le informazioni fuorvianti vengono fornite se il comportamento atomico viene studiato nel vuoto invece di utilizzare le nostre celle liquide.

Nick Clark, ingegnere dei materiali dell’Università di Manchester

 

 

 

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