La buona vista dipende da una parte del cervello

vista

La grandezza della corteccia visiva primaria insieme alla quantità di tessuto del cervello dedito a elaborare informazioni del campo visivo caratterizzano la buona vista. Uno studio ha rilevato un nuovo legame tra struttura del cervello e comportamento.

 

Guardando alla struttura della corteccia visiva primaria, possiamo comprendere quanto una persona vede bene. Dimostrando questo legame, capiamo meglio cosa determina le differenze tra le persone nel percepire e interagire con l’ambiente visivo circostante.

Marc Himmelberg, coordinatore dello studio

 

 

Nella vista, la corteccia visiva primaria (V1) realizza una mappa dell’immagine che stiamo guardano. Non ha però le dimensioni reali.

 

Immaginate una mappa della metropolitana di New York, dove Staten Island è rappresentata come più piccola di Manhattan. La V1 funziona allo stesso modo: ingrandisce il centro dell’immagine che stiamo guardando, rimpicciolendo le zone periferiche.

Jonathan Winawer, autore dello studio

 

 

Ciò è spiegato dal fatto che la V1 ha maggior tessuto cerebrale dedicato al nostro centrale campo visivo. Gli studiosi per comprendere meglio il rapporto tra vista e V1 hanno utilizzato una risonanza magnetica funzionale su 29 volontari. Si è svolta la mappatura della grandezza della loro corteccia visiva primaria. Poi si è stimato il tessuto di V1 per vedere quanto fosse dedito a elaborare informazioni racchiuse in differenti aree del campo visivo.

Il risultato è stato che i volontari con una V1 più grande avevano una migliore sensibilità al contrasto a confronto di quelli con V1 piccola. Gli individui con maggiore tessuto V1 responsabile all’elaborazione delle informazioni in una specifica area del campo visivo avevano maggiore sensibilità al contrasto in tale zona. Sempre rispetto a chi aveva meno V1 dedito alla stessa zona.

 

In altre parole: maggiore è la superficie della corteccia visiva primaria dedicata alla codifica di una zona visiva specifica, migliore la visione in quella zona.

Marisa Carrasco, autore dello studio

 

 

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