Il pianeta Terra si sta surriscaldando a causa dei gas serra nell’atmosfera. Ciò crea uno squilibrio d’energia nella parte superiore atmosferica dal nome squilibrio energetico della Terra. Un nuovo recente studio consiglia di conoscere meglio lo squilibrio energetico della Terra per avere la misura degli effetti del cambiamento climatico.

Kevin Trenberth, autore e studioso, insieme allo scienziato del clima e co-autore Lijing Cheng hanno svolto un ulteriore inventario. Esso è completo di tutte fonti di calore in surplus sulla Terra. Hanno studiato i cambiamenti energetici di atmosfera, oceano, terra e ghiaccio come componenti del clima. Poi per trovare lo squilibrio, sono stati confrontati con la radiazione nella parte superiore dell’atmosfera terrestre.

 

Lo squilibrio energetico netto è calcolato osservando quanto calore viene assorbito dal Sole e quanto può irradiarsi nello spazio. Non è ancora possibile misurare direttamente lo squilibrio; l’unico modo pratico per stimarlo è attraverso un inventario dei cambiamenti energetici.

Kevin Trenberth, autore dello studio

 

 

Per capire la catastrofe del clima, bisogna prima capire il guadagno netto di energia del clima da tutte le fonti prese in esame. Va compresa anche la quantità di energia extra e la sua distribuzione sul pianeta. L’eccessiva energia aumenta direttamente la frequenza o l’intensità delle calamità naturali estreme. Questi eventi estremi danno uno spostamento di energia aiutando il clima a diffondere energia nello spazio con un importante impatto sul riscaldamento globale. Gli studi hanno attestato che il 93% del calore eccessivo dovuto allo squilibrio viene assorbito dai mari. Ciò aumenta la loro temperatura e il loro livello.

 

Modellare lo squilibrio energetico della Terra è impegnativo e le osservazioni pertinenti e la loro sintesi necessitano di miglioramenti. Capire come tutte le forme di energia sono distribuite in tutto il mondo e vengono sequestrate o irradiate nello spazio ci darà una migliore comprensione del nostro futuro.

Lijing Cheng, co-autore dello studio