I tumori hanno origine da un accumulo di mutazioni genetiche che aumentano di rischio con l’età. Ebbene, pare che gli elefanti abbiano questo meccanismo invertito per natura. Negli elefanti la mortalità per il cancro è meno del 5% (negli esseri umani il 25%).

Il guardiano del genoma o gene p53 è presente negli elefanti in ben 20 copie. Tale gene è quello che racchiude l’alta resistenza degli elefanti al cancro. Per la ricerca si sono uniti gli scienziati di sette istituti, tra cui l’Università di Oxford e l’Università di Edimburgo, utilizzando modelli bioinformatici pionieristici. P53 è una proteina regolatrice dei processi di riparazione del DNA. Essa si attiva quando il DNA è danneggiato.

L’attivazione fornisce una risposta che ferma la replicazione del DNA riparando possibili copie sbagliate della cellula. Nelle cellule replicate con DNA non danneggiato, la riparazione di p53 non necessaria viene inattivata da MDM2, un’altra proteina. Intanto, le cellule sane riparano le danneggiate eliminando quelle con riparazioni fallite. Inoltre, si è scoperto altro. È colpa di alcuni cambiamenti nelle sequenze codificanti e nelle molecole, se molti p53 non possono interagire con MDM2, per poi permettere appunto l’inattivazione prevista.

 

Questo è uno sviluppo entusiasmante per la nostra comprensione di come p53 contribuisce a prevenire lo sviluppo del cancro. Nell’uomo, la stessa proteina p53 è responsabile di decidere se le cellule dovrebbero smettere di proliferare o andare in apoptosi, ma il modo in cui p53 prende questa decisione è stato difficile da chiarire. L’esistenza di diverse isoforme di p53 in elefanti con diverse capacità di interagire con MDM2 offre un nuovo entusiasmante approccio per gettare nuova luce sull’attività oncosoppressore di p53.

professor Robin Fåhraeus, INSERM, Parigi