La US Food and Drug Administration aveva chiesto di sospendere le licenze della Juul, nota compagnia americana che produce sigarette elettroniche. Martedì l’agenzia ha fatto un inversione ad U, interrompendo – almeno per il momento – il provvedimento che avrebbe messo KO la compagnia americana.

Juul è probabilmente il marchio dedicato allo ‘svapo‘ più famoso al mondo. Non troppi anni fa, Juul era un sinonimo di svapare, al punto che i giovani si riferivano all’attività come ‘juuling’. Ma proprio l’appeal dei prodotti della Juul nei confronti dei giovanissimi avevano causato più di qualche problema all’azienda. Nel 2019 una ricerca aveva stabilito che oltre un adolescente su due che consumava prodotti a base di nicotina era un utilizzatore dei prodotti della Juul. Un primato che l’azienda aveva ottenuto grazie ad una campagna di marketing spregiudicata, condotta principalmente sui social network. Dopo l’interesse della politica e dei media, oltre che diverse sanzioni pecuniarie, l’azienda ha nel frattempo abbandonato la sua precedente strategia di marketing.

Nel frattempo, mentre la FDA continua la sua analisi dell’attività della Juul, i prodotti della compagnia potranno rimanere ancora in commercio. Secondo ArsTechnica, il dietrofront dell’agenzia è un precedente imbarazzante per il governo degli USA, che potrebbe di fatto aiutare l’azienda americana in tribunale. In altre parole, è verosimile che il tentativo di smantellare l’impero dello svapo della Juul sia morto sul nascere.

La FDA aveva accusato la Juul di non aver fornito dati chiari ed esaustivi sul contenuto dei suoi prodotti e, in particolare, sul loro rischio di tossicità. Le preoccupazioni della FDA riguardavano, nello specifico, il rischio che i pod – le cartucce di ricarica – delle sigarette elettroniche della Juul potessero rilasciare liquidi pericolosi per l’ambiente e per la salute dei consumatori.

Impugnando la decisione dell’agenzia a tutela dei consumatori, l’azienda si è difesa sostenendo di aver fornito al governo oltre 125.000 pagine di materiale, incluso i dati sulla tossicità del contenuto delle cartucce di ricarica. Gli avvocati della Juul hanno accusato la FDA di aver scientemente tentato di imporre un ordine restrittivo spericolato e basato su presupposti infondati, esclusivamente per rispondere ai frequenti attacchi dei media e dell’opinione pubblica contro la Juul – accusata più e più volte di aver creato un’epidemia di dipendenza dalla nicotina trai giovani. Insomma, l’agenzia avrebbe agito non nell’interesse nei consumatori, ma perché condizionata dalla pressione di parte dell’opinione pubblica e delle associazioni contro l’industria del tabacco.

La FDA aveva basato il suo provvedimento sull’assenza di informazioni su quattro componenti chimici presenti nelle cartucce, quando la ricarica è nello stato liquido. Tuttavia, l’azienda si è difesa spiegando che le informazioni sulla tossicità fornite all’agenzia riguardano esclusivamente l’aerosol, cioè quando il liquido è già stato vaporizzato. “È una linea difensiva ragionevole – ha spiegato ad ArsTechnica Laura Crotty Alexander, ricercatrice dell’Università della California – non stupisce che alcuni elementi chimici che originalmente erano in forma liquida non compaiano poi nei rilievi della stessa sostanza una volta che viene trasformata in vapore”.

E, infatti, la FDA ha scelto di non contestare la difesa della Juul, annunciando che avrebbe sospeso il provvedimento per prendersi maggior tempo per studiare e analizzare l’enorme mole di documenti consegnati dall’azienda all’agenzia nel corso degli anni.