PimEye, l’inquietante sito in grado di risalire a qualsiasi persona da una foto

Dopo che ne è stato menzionato un articolo del NY Times, si è iniziato a parlare molto di un inquietante sito che consente di rintracciare qualsiasi persona, partendo da una semplice foto. Si chiama PimEyes ed è un prodotto freemium, nel senso che fatti alcuni tentativi di prova, bisogna poi pagare un abbonamento mensile per continuare ad utilizzarlo.

PimEyes utilizza il riconoscimento facciale per rintracciare una persona. Basta caricare una foto e il sito scandaglierà ogni angolo della rete per trovare ogni altra immagine o informazione su quella persona presente online. Come potete immaginare, un sito del genere apre le porte a numerosi possibili abusi: pensate ad una persona che decide di scattare una foto ad una sconosciuta (o ad uno sconosciuto) per poi recuperare i suoi profili social e poterla contattare.

Come spiegavamo poco sopra, per usare la versione completa del sito bisogna pagare e nemmeno poco: 35,99 euro al mese per un totale di 25 ricerche ogni giorni. Curiosamente, PimEyes offre anche un servizio di ‘protezione’, che si chiama PROtect. Fa esattamente l’opposto dell’altro abbonamento: mette a disposizione un team d’esperti che aiuta l’utente a rimuovere ogni sua foto presente su internet. Insomma, PimEyes prima fornisce a qualsiasi persona gli strumenti necessari per violare la tua privacy, e poi ti aiuta a risolvere il pasticcio che ha creato. Un bel paradosso.

Il sito fornisce alcune foto e diverse informazioni, che però sono oscurate. Per sbloccare tutte le informazioni bisogna pagare.

Il sito è finito nei guai nel 2021, quando l’autorità tedesca che si occupa di protezione dei dati ha aperto un’indagine nei suoi confronti, sospettando (probabilmente con ogni ragione) che violasse il GDPR. Il portale, che era stato creato da due studenti, è stato acquistato da un imprenditore georgiano, che nel frattempo ne ha spostato la sede a Dubai, sfuggendo così alla legislazione europea.

Davanti alle accuse, PimEy ha specificato che le foto ottenute attraverso le ricerche sul sito non vengono salvate dall’azienda – e che comunque queste sono tutte disponibili su siti aperti al pubblico. “Siamo solo uno strumento e le persone sono tenute ad utilizzarlo con responsabilità”, si legge in una nota pubblicata sul blog dell’azienda. “Vale la stessa cosa per un martello: lo si può usare per fare l’artigiano oppure per uccidere”. Un’analogia che di certo non contribuisce a rendere PimEye meno inquietante di quanto non sia già. Immagine in apertura via New York Times. 

 

 

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