Quando si parla di innovazione, il confine tra utopia e distopia spesso è labile. Così succede che ancora prima che le auto senza pilota diventino un mezzo di massa in grado di trasformare la mobilità, qualcuno le stia utilizzando per scopi che qualcuno potrebbe definire “controversi”. In gran segreto, la polizia di San Francisco ha iniziato ad utilizzare le vetture a guida autonoma in fase di test come delle telecamere mobili di sorveglianza.
Insomma, le auto a guida autonoma spiano i passanti, senza che questi ne abbiano la minima idea. Lo si legge a chiare lettere in un documento interno della polizia, che è stato poi ottenuto e divulgato dalla stampa. Da oltre cinque anni diverse aziende hanno la licenza per testare su strada le loro tecnologie di guida autonoma. Per farlo utilizzano vetture speciali, dotate di un ricco arsenale di sensori e – appunto – telecamere.
Il tema della natura ambigua delle auto di “nuova generazione” non è completamente nuovo. Le vetture Tesla, ad esempio, hanno una modalità chiamata ‘Sentinella‘. La vettura si trasforma in una spia silenziosa, riprendendo tutto ciò che le succede attorno. Vista la popolarità delle Tesla nel paese, le autorità norvegesi avevano lanciato un appello ai proprietari delle auto, nella speranza che le registrazioni di videosorveglianza potessero contribuire a risolvere un caso di tentato omicidio.
Da una parte la possibilità di avere nuove risorse per combattere il crimine e risolvere le indagini, dall’altra lo spinoso tema della privacy. Siamo sicuri di volere altri occhi indiscreti per le strade delle città? E se sì, siamo sicuri che sia opportuno riprendere le persone in clandestinità e non alla luce del sole? Tanto per iniziare, oggi la polizia sta utilizzando le riprese prodotte dalle auto senza pilota in assenza di una legge che lo preveda.
Le aziende – come Waymo – che stanno testando la loro tecnologia su strada non hanno mai ammesso di raccogliere dati sui passanti. Eppure l’affermazione della polizia di San Francisco non lascia spazio ad equivoci. Negli USA la questione ha già generato un importante dibattito. Adam Schwart, N.1 dell’Electronic Frontier Foundation, ha definito il caso “estremamente preoccupante”.