Il mercato degli NFT è in difficoltà. “Il fenomeno sta già finendo?”, si interroga il Wall Street Journal. La risposta non è scontata e non sarebbe nemmeno il primo momento di stallo del settore dei crypto-collezionabili.
Il dato da cui partire è il seguente: è crollato il numero di vendite medie giornaliere di NFT. Erano 225.000 a settembre, sono 19.000 oggi. Vendite giornaliere medie crollate del 92% in meno di un anno.
Ma non solo, sono anche diminuiti i wallet attivi nel settore. Erano 199.000 i portafogli digitali attivi nella compravendita di NFT, oggi sono appena 14.000.
Secondo il WSJ il fenomeno si spiegherebbe almeno in parte con il crollo del mercato azionario tradizionale, che avrebbe portato ad una fuga dalle attività più speculative. Difficile immaginare un’operazione più rischiosa dello scommettere su un’immagine in formato .jpg (si fa per dire).
L’altra faccia della medaglia è che diminuendo il numero di transazioni, sono anche crollati i prezzi. Sono pochissime le collezioni di NFT che hanno mantenuto il loro valore inalterato rispetto al minting, figuriamoci quelle che sono cresciute di prezzo. Tolto il rumore dei cosiddetti progetti blue chip, quelli che ora si vendono a decine o centinaia di migliaia di dollari, rimane una landa desolata fatta di progetti fuffa, il cui valore – finita la cosiddetta fear of missing out – crolla inesorabilmente e rapidamente a zero.
Emblematico il caso dell’NFT del primo tweet di Jack Dorsey: a marzo era stato battuto all’asta a 2,9 milioni di dollari, esattamente un anno dopo è nuovamente stato messo all’asta, ma questa non si è presentato praticamente nessuno, tant’è che l’offerta più alta è stata di ‘appena’ 14mila dollari.
E di storie come queste è pieno, scrive il WSJ. Un collezionista ad aprile aveva acquistato un NFT venduto dal rapper Snoop Dog pagandolo 32mila dollari. Messo nuovamente all’asta, quello stesso NFT è rimasto invenduto. L’offerente più alto ha messo sul piatto 0,0743 ether. Poco più di 200 dollari.