Il regista sudcoreano Im Sang-soo è stato il primo ospite ad inaugurare la 20esima edizione del Florence Korea Film Festival con il film Heaven: To The Land Of Happiness che è stato presentato in anteprima in Italia come Opening Film.
Il regista, per chi non lo conoscesse, ha partecipato più volte al Festival di Cannes con opere come The Housemaid, The Taste Of Money e The President’s Last Bang, l’ultimo suo film prodotto era stato selezionato per la categoria “The Faithful” dell’edizione 2020 di Cannes, che è rimasta senza proiezioni a causa della pandemia. Im Sang-soo pluripremiato regista e sceneggiatore sud-coreano, è arrivato a Firenze per inaugurare la 20esima edizione del Florence Korea Film Fest, l’unico festival in Italia dedicato alla cinematografia sudcoreana.
Heaven: To The Land of Happiness è un road movie interpretato da Choi Min-sik (Old Boy) un detenuto malato terminale che scappa con Park Hae-il (The Host) un uomo anch’esso gravemente malato che non può permettersi le sue medicine… Ecco cosa ci ha raccontato il regista nella cornice del Florence Korea Film Fest 2022.
Cosa ti ha spinto a fare questo film così “diverso” a questo punto della tua carriera?
Dal momento in cui abbiamo iniziato a sviluppare questo film, ho parlato con il produttore Kim Won-kuk e ho concordato che avremmo provato a fare un film di buon cuore e di indole gentile che non fosse aggressivo come lo erano i miei film precedenti, che è ciò che il grande pubblico sembra trovare interessante (ride). Dal mio punto di vista, ho sentito che poteva essere interessante fare questo tipo di film arrivato a questo punto del mio percorso professionale ma non solo. Quando invecchi, assisti alla morte delle persone intorno a te. Ad esempio, i tuoi genitori o altre persone a te care. E sono arrivato all’età in cui pensi alla morte e, allo stesso tempo, guardi indietro a come hai vissuto la tua vita. La morte non arriva secondo un programma preciso, quindi è normale chiedersi se la vita che si vive è come la vogliamo. E se a chiunque capitasse di pensare “questa non è la vita che volevo vivere”, allora dovrebbe provare a vivere meglio d’ora in avanti. Non ho girato nessun film in cui posso guardare indietro a tutti i film che ho fatto prima, ma potrei farlo in futuro. Questo sicuramente è un primo passo in questo senso.
Ci può raccontare del casting e del lavoro con Choi Min-sik, Park Hae-il e Yuh-Jung Youn?
Penso che Choi Min-sik e io abbiamo la stessa età. Come ho detto prima, è un’epoca in cui si pensa alla morte e si guarda indietro alla vita vissuta, quindi abbiamo condiviso i nostri pensieri su questo prima e durante le riprese. Quando si tratta di recitare, lui e Park Hae-il sono i migliori. Park Hae-il dà anche la sensazione di essere un attore molto più giovane. I due personaggi dovevano avere una differenza di età perché il sapore prendesse vita, quindi questo è stato di grande aiuto. Per quanto riguarda Yuh-Jung Youn, è diventata così cara dopo aver vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista per Minari che avrei difficoltà a darle la sceneggiatura ora, ma ha interpretato questo ruolo prima che accadesse e ci stimiamo molto. Il suo personaggio appare brevemente, ma volevo ritrarla in modo impressionante. È come un boss cattivo, ma una donna anziana che è praticamente una nonna e l’ha interpretata in un modo interessante diverso dagli altri personaggi che ha interpretato prima. Ha lavorato con me in The Taste Of Money e The Housemaid, e di tanto in tanto ci incontriamo personalmente. Mi aiuta molto sia che si tratti di consigli di vita o di apparire nei miei film a buon mercato quando necessario anche quando non è conveniente per lei, e la amo per questo.
Com’è stato girare il film? Perché non scopriamo il nome del protagonista del film fino alla fine?
Bella domanda, si vede che ha seguito attentamente il film. La risposta è molto semplice, l’ho dedicato a un mio parente che è passato a miglior vita e il suo nome è quello del personaggio che vediamo. Volevo omaggiarlo in questo modo, anche perché il giorno che è morto dovevamo incontrarci e lui non si è presentato all’appuntamento.. Ero anche arrabbiato che non mi avesse avvertito poi ho scoperto perché… Per quanto riguarda le riprese, il film continua a “muoversi” senza rimanere in un posto, quindi volevo almeno mostrare il tipo di natura che è raro vedere nei film coreani di questi tempi. Abbiamo cercato luoghi in tutto il paese per trovare luoghi sconosciuti anche per gli abitanti delle città. È stato bello poter girare un sacco nei boschi e il posto in cui distruggono e mangiano i cocomeri era così verde e carino. Abbiamo alcune scene d’azione, ma preferirei chiamarle avventurose. Non avevamo molto budget e non puoi competere con i numerosi film d’azione e avventura americani con molti soldi. Con questo in mente, il direttore della fotografia, il coreografo d’azione e io abbiamo cercato di essere spiritosi e di utilizzare le caratteristiche dei luoghi in ogni situazione in modo che anche se non avessimo una scena d’azione che ti farebbe rimanere a bocca aperta, avremmo scene interessanti da seguire. Come la scena dell’inseguimento in moto nella piccola città, abbiamo cercato di girarla nel modo più carino e interessante possibile.
La prima mondiale del film è stata ritardata di oltre un anno a causa della pandemia, poi ha debuttato a Busan e adesso in Italia come ha vissuto l’uscita posticipata?
Ho esordito con il lungometraggio nel 1998 con Girls’ Night Out e la sua prima mondiale è stata al Busan Film Festival nella sezione New Currents. È così che sono diventato noto a persone provenienti dall’Europa, incluso Cannes. Da allora ho viaggiato per festival cinematografici in tutto il mondo, ed è grazie al mio inizio a Busan con il mio film d’esordio nel 1998. Il fatto che Heaven: To The Land Of Happiness potesse essere a Busan come film di apertura dopo vent’anni, mi ha emozionato molto. Adesso mi emoziona che sia arrivato anche al pubblico italiano per i vent’anni del Florence Korea Film Fest.
Durante i festival italiani è rimasto colpito da qualche regista italiano in particolare?
Quando andai a Venezia, andai a vedere il film di Bellocchio e rimasi impressionato, mi piacque tantissimo. In quel periodo stavo preparando un mio film e mi feci ispirare dal film politico del regista italiano. Tra tutte le scene ce n’è una che mi ha fatto battere forte il cuore: quella scena in cui c’erano i sequestratori rappresentati in uno spazio finto, invece era la realtà davvero accaduta. Sembrava un documentario per quanto era reale.
Cos’altro si sente di dire sul suo Heaven: To The Land of Happiness?
Solo questo: è un film che parla della morte, un viaggio verso la morte ma non la tratta in maniera pesante o tragica. Ho voluto, infatti, creare un’atmosfera calma e a tratti leggera perché i temi sono così pesanti che il pubblico, con questo tipo di semplicità, può anche ridere su argomenti complessi, quali la morte. Sulla morte ho visto tanti film ma uno vorrei citarlo, Morte a Venezia di Visconti. Chiaramente il mio film è ispirato a un fatto realmente accaduto, la morte di mio padre, 10 anni fa, all’età di 88 anni. Non avevo dei buoni rapporti con lui. L’ultimo giorno che poteva camminare ha preso il taxi ed è venuto da me. Pensai fosse venuto per scusarsi del nostro rapporto: così nel film il protagonista racconta questo rapporto con il padre.