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I Draghi esistono? – Intervista alla dragologa Francesca D’Amato

Francesca D’Amato ama narrare leggende locali. Le raccoglie, ci gioca e poi le restituisce alla gente in forma di pergamena imbottigliata, di racconto in costume, di gioco o di romanzo. I suoi studi in Scienze Naturale gli hanno permesso di approcciarsi alla tradizione e alla mitologia dei Draghi in modo più approfondito e anche molto più pragmatico.

Credo in ogni cosa fino a quando non si dimostra il contrario. Quindi credo nelle fate, nei miti, nei draghi. Tutto esiste, anche se è nella nostra mente. Chi ci dice che i sogni e gli incubi non sono reali come il qui e ora?

John Lennon

Probabilmente non c’è creatura più affascinante del drago, creatura che a tutti noi (nerd e non solo) dona un brivido e un’emozione molto particolare. Se ci pensiamo bene il drago (insieme ai dinosauri) è una delle poche creature accessibili ad ogni grado di età, perché sia bambini che adulti possono approcciarsi al mondo dei draghi con diverse sfaccettature, ma sempre di draghi si parla.

Sì, i draghi sono maestosi e li abbiamo presenti tutti molto bene nel nostro immaginario collettivo.

Le loro figure si trovano nella testa dell’uomo da almeno un migliaio d’anni, se non di più e in tutte le leggende di tutte le culture delle civiltà che si sono susseguite, a prescindere dalla collocazione geografica, essi appaiono tutti incredibilmente simili nella descrizione che uomini diversi ne fanno. Molte culture includono nella propria mitologia l’esistenza di animali fantastici che, in alcuni casi, rappresentano speranza e bellezza, mentre in altri provocano rispetto e paura a causa delle caratteristiche che possiedono. Un esempio legato a quest’ultimo aspetto è il drago, parola che deriva dal latino draco, -ōnis, ed a sua volta dal greco δράκων (drákōn), che significa “serpente”.

I draghi sono da sempre rappresentati come animali di grandi dimensioni con corpi simili a rettili, con artigli enormi e ali e l’incredibile ed inquietante capacità di di sputare fuoco dalla bocca. In alcune culture il drago è un simbolo associato al rispetto e alla benevolenza, mentre in altre è legato alla morte e alla distruzione. Ma ogni storia, per quanto fantastica possa sembrare, può avere un’origine legata all’esistenza di una creatura simile che ha dato il via alle diverse leggende in circolazione.

La vera storia dell’origine del mito dei draghi è sicuramente associata, da un lato, alla scoperta di alcuni fossili di animali estinti che possedevano caratteristiche particolari, soprattutto in termini di dimensioni; e, dall’altro, alla reale somiglianza con alcuni rettili del passato. E’ indubbio che gli antichi dinosauri potessero rappresentare l’origine del mito dei draghi. Molto probabilmente al principio, a causa della mancanza di tecnologie adatte, quando si trovarono resti di ossa di dinosauro non era irragionevole pensare che potessero appartenere ad un animale come il drago. Considerando che questi venivano rappresentati principalmente come grandi rettili, il ritrovamento di ossa di questo tipo poteva anche starci come assonanza verso i draghi. Tra l’altro si adattano particolarmente bene alla descrizione dei draghi gli Pterosauri, che furono i primi vertebrati a conquistare il cielo e di cui furono trovati i primi fossili verso la fine del 1800. D’altra parte, ricordiamo che, quando iniziarono le prime esplorazioni in zone sconosciute, si scoprirono delle specie mai viste prima, anch’esse molto vicine all’immaginario collettivo di un drago (soprattutto in paesi come India, Sri Lanka, Cina, Malesia, Australia).

Nel continente australiano furono trovati resti di coccodrilli preistorici di dimensioni eccezionali, che pesavano fino a 1500 chili e raggiungevano lunghezze superiori ai 7 metri.

Questi ritrovamenti fossili insieme alla scoperta di strani animali e rettili (di dimensioni anche piuttosto importanti) hanno portato a credere che i draghi esistessero realmente nel nostro Pianeta, alimentando ancor di più le leggende e le storie su di essi. Ma ovviamente nessuno ha mai trovato un vero drago vivo, e non ci sono fossili di loro, quindi è ragionevole dire che non esistono.
Ma avrebbero potuto esistere?
Questa domanda e anche tanto altro ancora l’abbiamo voluto chiedere alla massima esperta italiana per quanto riguarda la storia dei draghi e di queste meravigliose creature: la dragologa Francesca D’Amato.

Intervista alla dragologa Francesca D’Amato

Ciao Francesca, qual è la prima volta che un drago ha colpito il tuo cuore?

.. proprio il cuore? Lavoro in un draghile e le scodinzolate abbastanza forti da farmi volare sono all’ordine del giorno. Se mi chiedi proprio proprio un colpo al cuore allora è diverso, era il 2018, fine settembre, ed ero nella torre del castello di Dozza. Ero lì con il mio stand di cose fantasy e, per tutto il giorno, ho visto passare centinaia di persone e che andavano a rendere omaggio a Fyrstan. Arrivata la sera, sono riuscita a sbirciare nella cuccia del drago più bello che io abbia mai visto così da vicino. Fyrstan dormicchiava, tenendo tra le zampe il suo uovo.

Dicono che il suo ciclo di sonno-veglia sia piuttosto sbilanciato dalla parte del sonno (lo invidio tantissimo per questo) e mi sto organizzando per essere presente al suo prossimo risveglio.

Che significa essere “dragologa”?

Passo molte ore al giorno a risolvere problemi di draghi. Faccio consulenze a chi si occupa di dragologia per lavoro, dagli autori di romanzi o giochi, fino alle multinazionali che producono giocattoli.
Mi tengo aggiornata sui draghi nei film, per esempio in questo periodo sto raccogliendo tutte le anticipazioni sui nuovi diciassette draghi che compariranno in House of the Dragon.
Per scrivere i miei libri mi intrattengo con domande del tipo “i draghi sbucciano i cavalieri in armatura prima di mangiarli?” e per potermi rispondere mi infilo in studi sul fabbisogno di metalli nella dieta e sulle difficoltà di maneggiare oggetti con o senza un pollice opponibile.

Ho studiato Scienze Naturali e lavorato molti anni nella comunicazione. Uso queste esperienze quando invento giochi o attività per trasmettere al pubblico quello che scopro sui draghi. A volte sono conferenze, altre volte sono cacce al tesoro, spettacoli teatrali, parole crociate o mostre.
Nel fine settimana vado in giro a raccontare storie di draghi in fiere, castelli, parchi e musei. In queste occasioni incontro persone che mi raccontano nuove leggende o mi fanno nuove domande sui draghi e lì la mia curiosità fa ripartire tutto il ciclo dall’inizio.

 

Quante specie di draghi ci sono in natura?

Uhhh, bella domanda! Non so ancora darti una risposta, ma ci sto lavorando. Scientificamente, una specie biologica è composta da tutti gli individui in grado di accoppiarsi tra loro e di generare prole illimitatamente feconda. Devo quindi, nell’ordine, verificare che i draghi di cui parlano le leggende che conosco esistano. Devo poi trovarne un gruppo in età fertile per documentarne la riproduzione. Mi tocca poi sopravvivere abbastanza a lungo da assistere allo stesso comportamento nelle generazioni successive. Per precauzione, sto cercando dei giovani assistenti che vogliano impegnarsi a studiare i draghi anche dopo che il mio tempo sarà concluso.

Spero di essere in grado, nel corso della mia vita, di raccogliere abbastanza osservazioni da poter definire qualche specie morfologica. Il criterio morfologico si basa solo sull’aspetto degli animali e si applica alle specie fossili (gli animali pietrificati non si accoppiano più!).
Per definire una specie in questo modo, bisognerebbe avere a disposizione almeno cinquanta esemplari.
A oggi non ho ancora osservato dal vivo un singolo drago, ho solo raccolto descrizioni di seconda mano. Mi spiace, credo ci vorrà ancora molto tempo prima di poter rispondere bene a questa domanda!

 

Quali sono i draghi più importanti della cultura italiana?

Nei racconti popolari di sicuro il basilisco. È un drago di piccole dimensioni, un gallinaccio con lunga coda da serpente, dotato di uno sguardo paralizzante. La gente lo intravede tra i cespugli, ne sente il fischio in campagna e generalmente non ne subisce grandi danni. Si sa che c’è e si sa anche che se in campagna ci sono abbastanza donnole, loro nemici naturali, allora la popolazione di basilischi sarà tenuta a bada.
Se invece guardiamo le statue o le vetrate delle chiese, lì domina il drago di san Giorgio.

La sua rappresentazione classica è abbastanza diversa dai draghi a cui siamo abituati dai film. Per gran parte dell’antichità il drago contro cui combatte san Giorgio ha avuto le dimensioni di un cinghiale, o al massimo di un coccodrillo, due corte zampette feline e un paio di piccole ali.

Qual è l’origine del mito del drago e come è cambiato nei secoli?

L’origine la sto cercando da anni, credo sia da qualche parte lungo l’antica via della seta, forse in Persia dove volava la dea Simurg, benevola portatrice di piogge con testa di cane.
Il drago ha avuto per millenni muso di cane e così compariva sulle bandiere di guerra degli eserciti, dai Romani a Carlo Magno. Era un onore portarlo in battaglia e lo ritroviamo nel nome e negli stemmi di sovrani come Uther Pendragon, il padre di Artù. Col passare dei secoli la reputazione del drago cambia: in Europa diventa il nemico mostruoso da abbattere con l’aiuto divino. Le storie di cavalieri che uccidono i draghi ci sono sempre state, ma cambiano i protagonisti adattandosi ai tempi. Per esempio, si inizia a dire che san Giorgio ne aveva ucciso uno solo duecento anni dopo la sua morte, quando, per sbaglio, lo ritraggono col drago di san Teodoro.
Il drago europeo perde il muso di cane nel 1850, in occasione dell’Esposizione Universale al Crystal Palace di Londra. Lì il pubblico si innamora delle prime ricostruzioni di dinosauri a grandezza naturale e da allora i “nostri” draghi hanno corpo da rettile e muso delle iguane mentre quelli orientali hanno mantenuto le fattezze originarie.

 

John Lennon diceva “Credo in ogni cosa fino a quando non si dimostra il contrario. Quindi credo nelle fate, nei miti, nei draghi. Tutto esiste, anche se è nella nostra mente. Chi ci dice che i sogni e gli incubi non sono reali come il qui e ora?

Invece di disquisire sull’esistenza, possiamo misurare l’effetto che questi fenomeni hanno nel mondo tangibile?
Una persona che crede in qualcosa agisce concretamente in funzione di questa credenza. Gli effetti delle credenze sono reali e misurabili anche quando lo stimolo che innesca la reazione è totalmente immaginario. Vediamo quindi che effetto ha avuto l’idea del drago nella nostra vita: Sigfrido sarebbe mai diventato un eroe senza Fafnir? Senza quella storia, Richard Wagner non avrebbe potuto musicare L’anello del Nibelungo. Arthur Rackham non lo avrebbe illustrato. Tolkien non ci avrebbe fatto brillare sotto gli occhi il tesoro di Smaug. Credo che i draghi abbiano davvero reso più gradevole, interessante e ricca la nostra vita.

 

Il Drago è il simbolo del genere fantasy, quali sono le sue altre simbologie odierne?

Oggi nel fantasy per ragazzi il drago è quasi sempre un alleato, una guida e non più un ostacolo da superare ammazzandolo per rubargli il tesoro. Nelle opere per adulti meno innovative il drago resta ancora un mostro da affrontare per fare esperienza.
Fuori dall’ambito fantasy, in Occidente sono in grande ascesa i draghi nel Feng shui, che portano prosperità nelle case, e quelli totemici che accompagnano con saggezza i viaggiatori spirituali nelle loro visioni.

La dragologa Francesca d’Amato insieme ad uno dei suoi libri

 

Drago orientale o drago occidentale?

Non conosco bene gli orientali, ho iniziato a studiarli da pochissimo e non sarebbe corretto esprimere un parere sguazzando nell’ignoranza. Posso rimandare la risposta al prossimo anno?

 

Il più brutto drago del cinema e il migliore drago del cinema?

Il peggiore per me è Elliott, Il drago invisibile, col pelo verde. Inguardabile. Lo hanno fatto così per vendere meglio i peluches, preferendo il pelo alle squame per una questione tattile. Capisco la logica del merchandising, ma non ce la faccio proprio.
Tutto iniziò con Falcor, il fortunadrago de La storia infinita, che aveva muso da cane e pelo lungo. Lo stesso vale per i draghi che si vedono in Wish dragon e Raya e l’ultimo drago. Elliott, che ha le proporzioni del drago quadrupede, panzone, che aveva nel cartone animato, è nato con le squame e non mi sta bene che ora sia peloso!
Dai, parliamo d’altro.
Il migliore resta Draco di Dragonheart, con la voce di Sean Connery (parlo dell’originale del ’96, non dei sequel e prequel usciti dopo). Un signor drago: intelligente, generoso e amichevole, protagonista di un film dove il punto di vista del drago è preso in considerazione seriamente.

Altra citazione che mi ha fatto sempre riflettere è quella di Kalhil Gibram “Ogni drago genera un San Giorgio che lo uccide”

Questa è una vecchia gabbia di pensiero binario che semplifica e banalizza il problema riducendolo nella dialettica servo-padrone. Certo, certo, la frase si riferiva alla soluzione di ogni problema contenuta già dall’inizio all’interno del problema. Potrei dirvi che Giorgio, per diventare santo ha bisogno del drago, ma resteremmo confinati in un ciclo senza uscita, un drago che si morde la coda.

Proviamo, invece, a cercare una soluzione al conflitto che non si limiti a uccidere la controparte. Prima di agitare la clava, la spada o il lanciarazzi contro ciò che fa paura, ci fermiamo e ragioniamo. Studiamo le motivazioni e i bisogni delle parti in causa, cerchiamo una soluzione creativa. Meno violenza, più intelligenza e cooperazione. Oggi i draghi generano amici con cui volare. Oggi un drago e un Giorgio, insieme, vanno ben più lontani di quanto avrebbero potuto fare da soli.

 

Che futuro prevedi come dragologa e quali sono i tuoi sogni nel cassetto?

Sogno di aprire il mio museo interattivo per divulgare la dragologia, possibilmente in un castello con boschi annessi. Negli ultimi trent’anni ho visto crescere l’interesse per la dragologia tra gli adulti. Oggi ci sono Youtuber famosi che disquisiscono di draghi, saggi di dragologia negli scaffali di fantasy per adulti delle librerie e ho addirittura parlato di draghi in un paio di convegni accademici con professori universitari.

Io, quindi, continuerò a imparare nuove cose sui draghi per raccontarle a un pubblico sempre più ampio, attento e preparato.

In cover illustrazione a cura di Ivan Cavini “Dragon Fire!” – digital illustraton

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