Il Comitato olimpico statunitense sta sconsigliando agli atleti di portare i loro smartphone personali con loro durante i Giochi invernali di Pechino. «I dispositivi potrebbero essere monitorati dalle autorità», si legge nelle raccomandazioni inviate dal comitato agli atleti. Ma non solo, si cita anche il rischio che gli smartphone possano essere compromessi da software dannosi.
L’App My2022 voluta dalla Cina fa paura ai comitati olimpici occidentali
A fare eco alle preoccupazioni del Comitato olimpico americano ci pensano anche i comitati nazionali di Germania, Gran Bretagna e Olanda. Più diplomatico il comitato canadese, che mette in guardia gli atleti da qualsiasi rischio di natura informatico (e non solo dalla Cina): «I Giochi rappresentano un’opportunità unica per la criminalità informatica».
Così la raccomandazione generale è di utilizzare esclusivamente telefoni usa e getta. Il Comitato olimpico del Regno Unito li fornirà gratuitamente a tutti gli atleti.
Timori non infondati, se si pensa alla pessima fama della Cina in materia di rispetto della privacy e dei diritti umani. Nel mirino del comitato c’è l’app My2022, companion app ufficiale che dovrà essere utilizzata da tutti gli atleti non cinesi iscritti alle olimpiadi della neve. I giochi invernali si terranno dal 4 al 20 febbraio.
L’app deve venire utilizzata per riportare eventuali sintomi del Covid-19, ma la paura è che venga utilizzata come cavallo di Troia per spiare gli atleti. Perplessità che non fanno ovviamente piacere alla Cina, che ha respinto ogni accusa di voler violare la privacy degli sportivi.
Vietato criticare la Cina
Alla paura della Cina ‘spiona’, si aggiungono le certezze di una Cina autoritaria e per nulla incline al voler tollerare eventuali manifestazioni e segni di protesta da parte degli atleti. «Qualsiasi comportamento o discorso contrario allo spirito olimpico, soprattutto alle leggi e alle norme cinesi, sarà soggetto a determinate punizioni». ha dichiarato Yang Shu, vice direttore generale per le relazioni internazionali del comitato organizzatore. Secondo il Washington Post, si tratterebbe di un divieto molto più severo di quello già previsto dal regolamento del Comitato olimpico internazionale, laddove all’Art 50 pone il divieto per gli atleti di fare propaganda politica, religiosa o razziale.