Bannare Donald Trump da Twitter e Facebook non è servito a granché

Davvero avere espulso Donald Trump dai social è servito a qualcosa? Se lo chiede, con un certo scetticismo, il magazine The Verge. Per anni i social network sono stati descritti come fondamentali nello spiegare i motivi dell’ascesa di Donald Trump alla guida del partito repubblicano, prima, e degli Stati Uniti d’America, poi. A quasi un anno dal ban di Donald Trump da pressoché ogni social e piattaforma tecnologia mainstream, forse questa tesi andrebbe rivista.

Così Casey Newton su The Verge:

se ritieni che i social network siano stati la principale origine del potere di Trump, ne consegue che espellerlo dai social network dovrebbe aver ridotto la sua influenza. Eppure non è così: quasi un anno dopo il deplatforming, il suo potere è solamente che cresciuto.

Dopo il tentativo fallito di creare un suo blog la scorsa estate, Trump è riuscito a trovare nuovi modi per raggiungere i media e i suoi sostenitori con comunicati telegrafici, modellati come un post su Twitter. Molti dei suoi messaggi riescono comunque a raggiungere i social network, venendo discussi dagli utenti, e ottengono ampio seguito sui media. Trump continua a comparire frequentemente sulla TV via cavo e recentemente ha tenuto un comizio in Iowa. Grazie all’accordo con uno SPAC potrebbe creare un suo social network.

In altre parole, Donald Trump non è politicamente morto. Continua ad essere un protagonista del dibattito pubblico statunitense e una sua candidatura nel 2024 rimane altamente probabile. La realtà dei fatti sembra dare torto ai sostenitori di quello che Newton chiama ‘determinismo tecnologico’.

Rimuovere Trump da Twitter e dalle altre piattaforme ci ha sicuramente risparmiato un altro anno di bugie e istigazioni alla violenza. Era la cosa giusta da fare all’epoca e lo rimane anche oggi. Ma in un senso molto più ampio, è ormai chiaro che il deplatforming di Trump non ha migliorato, se non marginalmente, la salute politica di questo paese. Anzi, sembra che la situazione stia continuando a peggiorare.

Credere che tutti i mali politici dipendano dai social e che quindi possano essere risolti regolando le aziende tech, insiste il giornalista di The Verge, rischia anche di essere autoassolutorio, riducendo il senso di urgenza che dovrebbe invece essere assegnato ad altre importanti riforme per mettere a sicuro la democrazia americana.

Quella di The Verge è una presa di coscienza importante, e in parte un mea culpa per le posizioni condivise dal sito in passato. Solamente nel 2017 a molte persone, incluso Newton, era sembrato possibile ripristinare l’equilibrio delle cose semplicemente intervenendo sulle storture dei social network. «Quattro anni dopo», scrive oggi Casey Newton, «è ormai evidente che sebbene quelle misure fossero necessarie, non sono state sufficienti e questo paese sta continuando a sprofondare in un inesorabile crisi costituzionale».

 

 

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