In occasione dell’uscita del volume Apollo Credici, realizzato insieme a Luca Perri e disegnata da Leo Ortolani, abbiamo incontrato Adrian Fartade per una chiacchierata a 360° dove abbiamo affrontato temi come spazio, esplorazione e divulgazione scientifica.
Adrian Fartade è un divulgatore scientifico, youtuber e scrittore romeno, che vive e lavora in Italia. Si occupa di astronomia e astronautica, realizzando anche spettacoli teatrali e festival con la missione di fare appassionare alla conoscenza anche i più restii, con un occhio di riguardo per le nuove generazioni.
Aspetto più di un’ora per parlare con Adrian Fartade. Vedo che la fila per il firmacopie dell’ultimo lavoro Apollo Credici fatto insieme a Luca Perri, un libro game straordinario illustrato da Leo Ortolani, tende a non diminuire. Avevamo programmato per le 12:00 l’incontro e alle 13:00 ci sono ancora decine di persone che con pazienza si mettono in fila per scambiare due parole con Luca e Adrian: fanno benissimo perché anche per me l’emozione è tanta e la voglia di parlare con loro pure. Sì parlo di emozione perché da quando scrivo per Lega Nerd il mio amore per la scienza è cresciuto a dismisura, vuoi il programma Eureka! o vuoi la curiosità per delle materie non propriamente mie (vengo da studi classici) ma che mi appassionano sempre più. Personaggi come Adrian Fartade sono un punto di riferimento per chi cerca di raccontare scienza, la passione con cui si approcciano alle grandi domande dell’Universo, la curiosità che li spinge a trovare bizzarrie in ogni situazione è un faro imprescindibile.
Chiaramente il canale Youtube Link4Universe è una fucina di emozioni e conoscenze continue, ma la cosa che mi ha sempre più affascinato è proprio il modo semplice e popolare di Adrian nell’approccio con il pubblico.
Ovviamente l’intervista che abbiamo realizzato è stato un modo per raccontare Adrian sotto molti aspetti, ma anche parlare di esplorazione spaziale, di inclusione e lotta per le minoranze, è stato un vero e proprio sfogatoio perché la chiacchierata è continuata anche dopo che il registratore ha smesso di fare il suo lavoro, perché Adrian è così, una persona affascinata di chi come lui ha un amore spasmodico per l’ignoto e l’avventura scientifica.
L’occasione ghiotta di un libro come Apollo Credici è stata importante quindi ricordo a tutti il progetto a quattro mani insieme a Luca Perri, con la collaborazione ai disegni di un certo Leo Ortolani, di un vero e proprio game book giocabile grazie a un motore a improbabilità infinita: un dado. Il lettore si affida al cinico Perri e al più gioviale Fartade per viaggiare tra le galassie, attraversare wormhole, evitare buchi neri, supernove e asteroidi, entrare in loop temporali o esplorare lune e pianeti.
Intervista ad Adrian Fartade
Non è la tua prima volta a Lucca Comics & Games immagino, ma qual è la sensazione di una fiera di questo tipo post-Covid?
Assolutamente no, io vengo in questa fiera dal 2006 quindi quella di quest’anno è la quindicesima volta che faccio parte di questo meraviglioso mondo e quinto anno consecutivo che vengo chiamato per fare eventi e partecipare a dei panel di divulgazione. E’ sempre una grande emozione perché vedo sempre tanto affetto nei miei confronti, da parte del pubblico di Lucca, e soprattutto quest’anno, che è stata un’edizione molto particolare, sono riuscito a notare ancor di più quel bagliore negli occhi di chi ci ascolta.
Che significa per te la parola nerd?
Un momento storico in particolare di transizione quando la passione per qualcosa di particolare, magari non mainstream per gli altri, era vissuta come un orgoglio nonostante fosse una nicchia relegata ai margini. Mi piace molto il concetto di nerd perché era nato in un momento che era quasi come un insulto e mi piace ancor di più l’idea di questa evoluzione del concetto di nerd non più parola dispregiativa, ma ormai una grande presa di posizione. Prima eravamo gli sfigati di turno, e magari lo siamo ancora, ma essendo cambiata la cultura intorno a noi ecco che cambia la percezione dei nostri essere. C’è stata un’apertura importante da entrambi i lati, sia dal mondo nerd che da quello esterno che ha compreso l’importanza e il vero significato delle nostre passioni.
Fumetto americano o fumetto italiano?
Non mi prendere per un politically correct, ma ti direi assolutamente graphic novel italiane e fumetti seriali Marvel quindi entrambi in un certo qual modo.
Che cosa vuol dire divulgare scienza, ma in modo popolare?
Vuol dire usare un linguaggio artistico per raccontare quella che è l’esperienza veicolata dalla scienza, magari facendo percepire le emozioni che ci sono dietro una scoperta o un qualsiasi argomento “ostico”. Tante volte mi viene chiesto se è più difficile divulgare di fronte a tecnici o ad un pubblico generalista, ma mi sento di dire che è difficile in egual misura. Se hai di fronte un pubblico di astronomi non è così più semplice parlare di astronomia, anzi tantissime volte usi un linguaggio volutamente tecnico e magari in sala, nonostante i titoli degli scienziati, ti ritrovi con la metà delle persone un po’ sbigottite, con la differenza però che alla fine cercheranno sempre di aver ragione. Quindi a conti fatti quasi è più facile parlare ad un pubblico generalista.
Che cosa rappresenta per te la parola spazio?
Da un lato la prima parola che mi viene in mente è quella di avventura, adoro sin da piccolo il fatto che tutto quello che c’è la fuori non è stato scoperto ed è un ignoto da studiare. E’ piena la storia dell’esplorazione spaziale di posti nel Sistema Solare che per ora sono solo puntini, e andando avanti nello studio scopriamo che da puntini diventano luoghi con una geografia, una geologia o mappe dettagliate. Pensate a Plutone, fino al 2015 era poco più di un puntino luminoso quando ci passammo vicini per la prima volta e ad oggi abbiamo una cartografia dettagliata dei vulcani di ghiaccio, di laghi ghiacciati o montagne coperte di neve, sappiamo che al suo interno c’è un oceano di acqua, diventando quindi un pianeta vero e proprio pieno di colori e geografia da quello che era solo un puntino. Come Plutone ce ne sono decine di milioni di posti da scoprire solo nel Sistema Solare, per cui il senso di avventura e scoperta è un qualcosa che mi viene subito in mente quando parliamo di spazio. Dall’altro lato ho sempre adorato quello che spazio significa per noi sulla Terra, che purtroppo moltissime volte ci dimentichiamo che viviamo in un Pianeta, lo diamo per scontato con troppa sufficienza e proprio per questo dovremmo veramente portargli più rispetto e cura.
Nello spazio “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”
E’ uno dei principi più importanti e affascinanti quello di Lavoisier. E’ sempre incredibile pensare a questo principio, come il fatto che gli atomi del mio naso potessero essere la coda di un T-Rex, alla fine tutto quello che abbiamo è in “prestito” e ci viene donato da milioni e milioni di storia geologica, noi siamo l’albero genealogico del nostro Pianeta, l’album dei ricordi che di anno in anno riesce ad essere sempre più vivo e interessante evolvendosi pur non sapendolo. E’ una gran responsabilità e anche questa dovremmo rispettarla come non mai.
Elon Musk è riuscito ad evolvere la corsa alla Spazio in maniera vertiginosa, quanto possiamo andare avanti grazie a SpaceX o c’è anche il rischio di trovarsi appiedi da un giorno all’altro?
Anche in Italia abbiamo diversi miliardari ed uno dei più grandi è a capo della Ferrero, sarebbe meraviglioso avere un razzo Nutella o capsule a forma di Ovetto Kinder, ma nonostante le disponibilità economiche (molto importanti) questa cosa non viene fatta, tutto ciò per dire che effettivamente contare solo sulla disponibilità dei singoli privati può essere un rischio, ma alla fine anche le amministrazioni cambiano e potrebbero dirottare le missioni spaziali delle agenzie pubbliche in altri lidi, quindi non è una cosa che riguarda solo i privati. Il problema non è tanto se l’esplorazione viene fatta da un miliardario o da un Governo, è più l’insieme di regole che inseriamo in questi progetti, del perché si fa esplorazione spaziale e come viene regolamentato tutto quanto.
Per cui quando siamo andati sulla Luna la NASA progettava le missioni e dava a privati l’incarichi di costruire pezzi di razzi, navicelle e tutto il resto quindi anche in quel caso c’erano privati coinvolti in quella missione, anche se il pacchetto finale era a scapito della NASA. La differenza sostanziale è che SpaceX vuole andare su Marte, vuole abbassare il costo dei lanci spaziali, ma non ha di suo oltre a questo un obiettivo scientifico o particolare, non gli interessa fare missioni scientifiche o raccogliere dati su come è fatto Marte o altro, quindi se ci interessa anche quella parte va fatto in condivisione con NASA (o agenzie incline alla ricerca scientifica) perché non esisteranno mai privati, o comunque sarebbero rarissimi, che saranno interessati ad andare su Venere per scoprire come è fatto quel pianeta. Quindi è molto più facile che il settore pubblico possa vedere il vantaggio di quello che è la ricerca di base sul lungo termine, per cui la soluzione migliore è un insieme delle due situazioni, un bilanciamento equilibrato tra pubblico e privato altrimenti si rischierebbe di avere solo i vantaggi (o svantaggi) di una realtà.
Qual è la scoperta a cui vorresti assistere?
Una semplice che non pensa mai nessuno è la prima Esoluna, la prima Luna intorno ad un altro pianeta. Ci stiamo avvicinando, abbiamo diversi indizi su questa fantastica scoperta (almeno per me) ma ancora non abbiamo trovato nulla. Magari fra un anno, dieci anni o un mese arriverà questa notizia ed io esulterò come quando arriveremo su Marte ne sono certo.
Alcuni mesi fa sei stato vittima nei social di attacchi gratuiti semplicemente dopo aver postato una fotografia che ti ritraeva nella tua intimità, che cosa ti senti di dire in merito a ciò?
Io mi occupo di scienza e una delle cose che mi capita vedere nella comunicazione scientifica è che molte volte viene trattata come se fosse al di là degli umani, come se non avessimo sentimenti noi divulgatori. Come se fosse una realtà neutra che non è legata a niente, né di politica, né di sociale è solo scienza, ma non è mai solo scienza perché è fatta dagli esseri umani e solitamente gli esseri umani fanno ricerche in base a quelle che sono le loro domande. Se tu vuoi fare scienza parti proprio dalle domande che ti poni e quelle ti arrivano per un motivo ben preciso, dalla tua cultura e da dove sei cresciuto, anche perché non sei un computer che genera random dei quesiti. Quindi la cultura porta alle domande e anche l’esperienza che facciamo nella nostra vita influenza la nostra cultura e la stessa esperienza dipende da quella che è l’istruzione che noi creiamo attorno a noi, come la nostra identità di genere, la nostra vita ed espressione, la nostra provenienza, religione o colore della pelle: migliaia di fattori che possono influenzare questo aspetto.
Vivendo in una società che di base è molto razzista, maschilista, omotransfobica, abilista questo problema è reale e si vede moltissimo.
Questo problema si nota da come certe domande non vengono poste, soprattutto all’interno della scienza, se non c’è diversità nella scienza perdiamo punti di vista diversi. Avere nella comunità scientifica soltanto maschi bianchi etero (per esempio) non è un problema perché lo sono, ma è un problema perché il loro punto di vista ed esperienza è molto simile e unilaterale. Questa standardizzazione fermerebbe in qualche modo le domande, vero fulcro della ricerca e del progresso. E’ importantissimo quindi ricordare che la scienza è fatta da esseri umani, che ci portiamo dietro purtroppo molti pregiudizi, e se vogliamo che la scienza sia veramente produttiva abbiamo bisogno che sia intersezionale, che i problemi che vengono sollevati siano all’intersezione tra tutto quello che sono le vite dei suoi ricercatori o ricercatrici. Se vogliamo veramente fare la differenza, come scienziati e divulgatori, dobbiamo considerare temi di femminismo, diritti di LGBTQ e le minoranze devono attivamente far parte di questa realtà, perché quando un tempo il razzismo era spinto, c’era una motivazione scientifica dietro a tutto il movimento politico. L’omosessualità era stata definita una malattia con una motivazione scientifica, questi problemi non sono scollegati dalla scienza e finché la fuori ci sono persone omofobe e razziste che sbandierano motivazioni scientifiche e il fatto che la scienza se ne lavi le mani dicendo “noi facciamo solo scienza”, è ipocrita come situazione.
Io come divulgatore sento il dovere, al di la che ci tengo personalmente e faccio parte di una minoranza come quella poli-pansessuale, di parlarne liberamente. Come possiamo divulgare alle scuole e alle ragazze l’amore per la ricerca spaziale, quando non prendiamo in considerazione che nei campi Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) il 76% delle donne subiscono molestie sessuali, non vengono promosse e la maggior parte sopportano nonnismo e mobbing. Con che faccia riusciamo a dire alle giovani studentesse “andate a fare l’astronauta”, io come divulgatore non riuscirei a guardarmi allo specchio e per questo credo che per fare una buona comunicazione scientifica ci deve essere alla base anche del femminismo, anti-fascismo e anti-razzismo. Non basta dire “l’importante è comunicare scienza perché queste cose si cureranno con l’informazione”, purtroppo una volta era pieno di fascisti plurilaureati quindi non serve solo l’informazione, questa dev’essere anche esplicitamente femminista, antirazzista, antifascista e vicina ai diritti LGBTQ perché altrimenti questi valori non passano spontaneamente dal nulla.
Serve un impegno attivo, perché queste situazioni ancora non fanno parte dell’ambiente, per filtrare questi valori alle generazioni che ci ascoltano, se vogliamo che in qualche modo cambi qualcosa. Le scene delle esultanze in Senato al rifiuto del DDL Zan sono la riprova che non è una questione di età, che in quei banchi ci sono moltissimi giovani neo fascisti e quindi non possiamo più permetterci il lusso di dire “aspettiamo e vediamo” perché nel frattempo cresceranno generazioni di essere umani con queste idee o generazioni di persone che credono a ideali che abbiamo cercato di debellare negli anni settanta e che adesso sono tornati in auge. Noi siamo letteralmente il sistema immunitario della nostra società, e ora che si sono persi tanti valori, abbiamo l’obbligo morale di tornare in piazza o comunque di combattere per questi diritti d’uguaglianza altrimenti questa “malattia” sarà sempre più difficile da debellare.
Grazie Adrian, per la disponibilità e per tutto il tuo impegno scientifico.
Grazie a te per il tuo lavoro da divulgatore scientifico e alla redazione di Lega Nerd sempre molto vicina alla scienza e ad argomenti importanti come quelli trattati in questa chiacchierata. Continuate così perchè noi nerd siamo la salvezza di questo mondo.
Forse potrebbe interessarti: