Quando si spendono 200 milioni di dollari per un film non lo si fa mai per un motivo casuale. Non fa di certo eccezione quando a stanziare tale cifra è un colosso come Netflix, ormai ben cosciente delle necessità e i vizi del mercato attuale e di cosa gli spettatori cercano da un prodotto di intrattenimento puro. Le cose possono cambiare quando si tratta di lavori autoriali, ma questo è opinabile, personalmente benedico quasi più quel tipo di scelta. Per avere chiaro il confronto vedere voci Squid Game e un Kaufman a caso. Poco da dire, è comunque il primo caso quello in cui i signori della piattaforma hanno ragione… of course, of course, but maybe… quando si costruisce un film puramente sulla carta, magari anche con pandemie di mezzo, tale cifra può essere malriposta o addirittura nociva, non credete anche voi? SPOILER: dal punto di vista commerciale pare di no perché anche nel caso in questione parliamo di un prodotto già primo in tutte le classifiche mondiali di visualizzazioni.
Nella recensione di Red Notice, la pellicola più costosa nella storia della piattaforma streaming di rosso vestita, vi parliamo di un caso in cui la resa del prodotto è stata fortemente alterata (in senso negativo) dal cospicuo budget, il che può essere un controsenso. Voglio dire, più soldi uguale più qualità, più potenzialità, più possibilità. In teoria, in teoria si. Di teorie ne son piene le fosse (era così il detto?), vediamo ai fatti.
Per la sua punta di diamante economica Netflix si affida a Rawson Marshall Thurber, straordinario regista di commedie, che conquistò (più che giustamente) la fama mondiale grazie a quel capolavoro che fu Palle al balzo – Dodgeball e ad un trio di superstar composto dal suo ormai consumato collaboratore Dwayne “The Rock” Johnson (terzo film insieme), Ryan Reynolds e Gal Gadot. Formula più che vincente dunque: tre tenori di primissima fascia per quanto riguarda il cinema d’intrattenimento nordamericano e completa libertà ad un cineasta abituato a gestire star di alto calibro, dalla penna molto felice, dall’alta qualità in quanto a conoscenza cinefila e specializzato nei film commerciali per famiglie. In teoria.
Della teoria si è detto cosa si pensa poco fa, mi sbaglio?
La regina dalle uova d’oro
John Hartley (Johnson) è un profiler FBI specializzato in furti d’arte, anche se non ne ha per niente l’aspetto, mentre Nolan Booth (Reynolds) è, guarda il caso, uno dei più importanti ladri del mondo specializzato in furti di opere d’arte. Oltre all’incredibile scherzo del destino, c’è qualcos’altro che li accomuna, cioè un rapporto molto complicato con i rispettivi padri (e chi non ce l’ha, d’accordo) e l’Alfiere, tale Sarah Black (Gadot), la numero uno al mondo quando si tratta di trafugare, indovinate cosa? Opere d’arte.
Il che è scomodo se pensate che la vita di John è praticamente rovinata da quando è stato da lei incastrato e fatto passare per coloro a cui da la caccia da sempre, mentre a Nolan è praticamente vietato il primato nel suo campo nonché la possibilità di fare due soldi che siano due, visto che la signorina gli si materializza sempre davanti sul più bello per soffiargli la tanto sudata merenda.
Merenda che in questo caso consiste nelle leggendarie tre uova di Cleopatra (la Cleopatra che la stessa Gadot impersonerà nel prossimo film di Patty Jenkins, con tanto di polemica connessa, se volete approfondire). Tre uova per tre personaggi, dunque, anche se solo uno di loro è a conoscenza di dove si trovino tutte quante, il Booth chiacchierone che però si guarda bene dal rivelarlo, anche al suo nuovo best friend, con il quale si ritroverà costretto a collaborare dopo che la tremenda Sarah ha deciso di diventare il nemico in comune.
Primo posto da conquistare e unica via di fuga per ritrovare la credibilità che con così tanta sofferenza ci si è costruiti nel corso degli anni. Ah, le femme fatale…
Il nuovo dinamico duo si ritroverà dunque ad intraprendere una corsa contro il tempo nel tentativo di battere il loro incubo numero uno e prendere tutte e tre le uova, evadendo da prigioni perse tra vette innevate dimenticate da Dio, gite in ricche ville spagnole, scazzottate a Castel Sant’Angelo e inseguimenti in macchina nelle grotte dell’Argentina. Tra i tre litiganti (due più uno) chi godrà alla fine?
Sovrastrutture nocive e dove trovarle
Rawson Marshall Thurber confeziona un action comedy ibrido dalle forte tinte adventure, una spruzzatina di heist e con un cuore molto poco pulsante da buddy movie, cercando di lasciare più libere possibile le sue tre star di arrivare al pubblico potendo mettere sul piatto della bilancia il loro incredibile fascino e tutti i cavalli di battaglia che fanno parte del loro repertorio, osando un finale per di mischiare le carte e sorprendere tutti.
Red Notice punta tutto sull’affiatamento tra Dwayne Johnson e Ryan Reynolds, un mix tra la muscolarità prorompente del primo e la proverbiale parlantina del secondo, che da Maial College a Deadpool ha dato più volte prova delle sue capacità comiche ed istrioniche esplicate attraverso una lingua lunga e a tratti irresistibile. Dall’altra parte c’è Gal Gadot, a cui è concessa una comfort zone su misura, in grado di farla divertire nel ruolo della cattiva e a cui la camera regala due o tre momenti che rendono giustizia al suo fascino divino.
E in un film che pecca tantissimo nel riuscire ad integrare tutti i suoi ingredienti non è un caso che sia proprio lei quella che tra i tre quella ne esce meglio, dato che per la maggior parte del minutaggio opera da sola. A Johnson è affidato una variazione del ruolo da spalla comica in cui spesso si è ben comportato (guardare Una spia e mezzo, sempre di Marshall Thurber) che non gli si addice fino in fondo, dovendo vestire i panni del facente funzione del duro dal cuore d’oro, senza macchia e senza paura (cosa che gli riesce bene quando è chiamato ad esserlo e basta), mentre Reynolds esce molto fiacco dalla sua parodia di Wade Wilson, praticamente usato solamente per fare battute metacinematografiche e sfondare la quarta parete.
La chimica tra la presenza di uno e la boccaccia dell’altro non sboccia mai veramente, depotenziando le rispettive caratteristiche e premiando solo le scene in cui il triangolo si ricompone.
Jurassic Park, Il tesoro dei templari, Fight Club, Indiana Jones, Il gladiatore, Il trono di spade e chi più ne ha più ne metta. Oltre alle miriade di film esplicitamente citati, c’è sempre la continua voglia di uscire fuori dai fatti della pellicola e porsi agli spettatori non come i personaggi, ma come i simpatici attori, anticipando quasi interamente i colpi di scena e confessando praticamente tutte le soluzioni di scrittura adottate da Thurber. Tant’è che la trovata risulta più naturale è forse quella in cui c’è una popstar che cita se stessa.
A forza di portare lo spettatore a guardare oltre quello che vede sullo schermo si perde però il film, che non riesce mai a coinvolgere e a far divertire sul serio, schiacciato da un budget che ha permesso mezzi enormi, che per di più sono stati anche a volte male impiegati (il che è incredibile, sinceramente). Come se tale disponibilità abbia allontanato tutti dal cuore di quello che dovevano raccontare, pensando che la pellicola potesse prendere vita solamente per via, scusate, teorica.
Per far battere un cuore ne serve però un altro, elementare.
Red Notice diventa alla fine un ammiccamento continuo, senza nessuno sviluppo originale e senza nessuno momento veramente figo, che lo possa rendere minimamente ricordabile. Forse con un budget che avesse tolto dalla scacchiera la possibilità di avere un elicottero o di fare scazzotate infinite avrebbe aiutato, ritardi dovuti al COVID a parte, che comunque hanno falsato la cifra finale del budget.
Red Notice è disponibile su Netflix dal 12 novembre.
Red Notice di Rawson Marshall Thurber, la pellicola più costosa della storia di Netflix, è un action comedy dalle forte tinte adventure e con protagonisti tre pezzi da novanta dell'intrattenimento oltreoceano come Dwayne "The Rock"" Johnson, Ryan Reynolds e Gal Gadot. Una pellicola creata per essere ad alto tasso d'intrattenimento perfetta sulla carta, ma che si perde in un citazionismo che ne schiaccia ogni velleità, portando gli attori a prevalere sui personaggi ed il pubblico a non prendere mai sul serio il film, che da parte sua non è aiutato dalla componente buddy, dalle soluzioni di scrittura e dalla qualità visiva di alcuni passaggi. Un esempio di un lavoro paradossalmente schiacciato dall'eccessivo budget a sua disposizione.
- Gal Gadot è la più convincente per fascino e spirito.
- Il citazionismo estremizzato sovrasta il senso stesso della pellicola.
- La chimica mancata del duo finisce con il depotenziare entrambi gli attori.
- La gestione delle scene di azione non è all'altezza.
- Ci sono un paio di momenti che risultano visivamente scadenti.
- I colpi di scena e le soluzioni di scrittura non sono mai sorprendenti.