Non è un caso che ogni episodio di Star Wars: Visions specifichi sui suoi titoli di coda una semplice ispirazione all’immaginario di riferimento, anche perché appunto l’ultima produzione legata al marchio Lucasfilm va totalmente contro la direzione impostata negli ultimi dieci anni, ovvero quella di una struttura legata a doppia mandata ad un canone comune e arricchita da quei collegamenti.
Visions è infatti una raccolta di corti anime completamente antologica, che si prende grandi(ssime) licenze rispetto alle regole e alle dinamiche del mondo di Star Wars e si presenta quindi come uno dei rarissimi casi di un prodotto del tutto libero all’interno di un franchise consolidato. La separazione tra episodi e l’assenza di costrizioni dovute al canone permette alla serie un respiro più ampio (più che una maggiore ambizione) rispetto a quanto può capitare ad esempio con la cugina What if…? e il risultato tra i tanti limiti quasi sempre offre qualche guizzo in grado far brillare il singolo episodio.
Non so quanto in questa recensione di Star Wars: Visions possa parlarvi della serie come un prodotto mirato agli appassionati di Star Wars in senso stretto, siccome spesso e volentieri rimane molto superficiale rispetto al materiale di partenza, ma è senza dubbio qualcosa che vuole essere un omaggio, aprendosi a fan quanto a spettatori disinteressati tanto è lontano da ciò che è venuto prima. Prima di continuare, vi ricordo che Star Wars: Visions arriva oggi 22 settembre su Disney+, con tutti i nove episodi.
The Duel
The Duel, prodotto dallo studio Kamikaze Douga (che ha lavorato tra le altre cose al recente Batman Ninja) è senza dubbio il più visivamente ispirato della raccolta di corti. Al di là delle spade laser rosse completamente in bianco e nero (con forti contrasti di chiaroscuro), è l’episodio che più esplicitamente si rifa alle atmosfere e all’immaginario del cinema chambara legato al nome di Kurosawa, che – per fare un esempio recente – nel mondo di Star Wars era già stato ampiamente e altrettanto esplicitamente omaggiato dal quinto episodio della seconda stagione di The Mandalorian.
È anche un episodio arricchito da un villain la cui presenza scenica non viene poi replicata nel resto di Visions, con tanto di ombrello lightsaber già diventato meme e già entrato nel cuore di ogni appassionato, consacrando una puntata che eccelle a mani bassissime nel character design. La marzialità alle spalle di tutto il corto risuona poi lungo lo scontro tra il Ronin e la Bandita/Sith, dando uno spessore e un carisma ad entrambi i personaggi con pochissimo minutaggio, che diventano così difficili da dimenticare.
Il finale aperto dopo lo splendido duello e un twist interessante lascia spazio all’immaginazione (o ad altre produzioni) per riempire il vuoto di un racconto potenzialmente piuttosto fertile, e non mi dispiacerebbe vedere in qualche modo riprendere quanto tracciato da questo episodio, anche e soprattutto sul piano stilistico. Nel mentre, un romanzo in arrivo approfondisce proprio questa storyline, e qui trovate il link alla relativa pagina Wookiepedia.
Tatooine Rhapsody
Dalle stelle alle stalle, da The Duel a Bohemian Rhapsody. Bohemian Rhapsody, prodotto da Studio Colorido e il secondo episodio in ordine di presentazione, si piazza con poche titubanze come il peggior corto in assoluto in questa recensione di Star Wars: Visions. L’idea di rendere a caso un padawan cantante di una band (de botto, senza senso, semicit.) non è abbastanza da rendere il tutto così assurdo da fare il giro e diventare interessante, finendo per fare stagnare l’episodio in soluzioni nonsense, senza mordente e incredibilmente sterili.
A tutto questo si aggiunge un’animazione piuttosto piatta e mai capace di spiccare, per un soggetto, quello di questa puntata, che proprio non funziona in partenza e che si sposa piuttosto male con il resto della stagione.
Carina l’idea dell’associare la spada laser ad un microfono, simpatico il ritorno all’arena di Mos Espa su Tatooine (da Episodio I) e nota abbastanza positiva la comparsa di Boba Fett con tanto di Slave I + Jabba, ma il tentativo di spiazzare alla base del corto, attraverso questa sterzata musicale, ne rende solo imbarazzante la visione.
The Twins
The Twins, prodotto da Studio Trigger, è tra i corti anime più folli presenti nella collezione di Star Wars: Visions. E quando dico folle dico davvero folle, altro che Leia che sopravvive fuori nello spazio in The Last Jedi, qui siamo al livello successivo. Le prime immagini dell’apertura dell’episodio – molto azzeccata – già scandiscono con un simbolismo piuttosto difficile da non cogliere quello che è il concept del corto, poggiato su due gemelli nati dal lato oscuro che cercano di mettere ordine nella Galassia attraverso una sorte di Morte Nera formato Mini. Il finale della puntata che rimanda a Luke su Tatooine mette pure in evidenza una certa minima affinità con la dinamica tra i due gemelli Skywalker, chiaramente ribaltata verso il lato oscuro.
Fin qui nulla di assurdo, ma dopo il breve incipit la puntata prende una volata con situazioni degne di Dragon Ball e facendo nel mentre anche un bel dito medio a qualsiasi reminiscenza di plausibilità rispetto all’immaginario canonico di partenza. Tentacoli laser, braccia robotiche che sono l’evoluzione di quelle di Grievous, spade laser che diventano raggi di qualche centinaio di metri di altezza, colpi con spada che sfruttano la velocità dell’iperspazio, chi più ne ha più ne metta.
A patto di accettare la natura della puntata (e doveva esserci un corto di questo tipo in una collezione di corti anime di Star Wars), The Twins è senza dubbio un episodio divertente e accattivante, con uno stile d’animazione molto stilizzato che gioca più di qualche sorpresa (in particolare qualche effetto prospettico va evidenziato) e che glorifica la scala senza limiti dello scontro tra i gemelli. Ho poi l’impressione che qualcuno abbia particolarmente apprezzato la scena del sacrificio del Vice Ammiraglio Holdo in The Last Jedi…
The Village Bride
Qui andiamo a parlare di un episodio che personalmente ho adorato, ovvero The Village Bride, il quarto in questa recensione di Star Wars: Visions e sempre il quarto nell’ordine di presentazione che troverete su Disney+. Un corto, quello prodotto da Kinema Citrus, meraviglioso, delicatissimo attraverso i tempi del racconto e la direzione artistica, e concentrato sull’affascinante aspetto più spirituale della Forza, o Magina, come viene chiamata dagli abitanti del pianeta dove si svolgono gli eventi.
Incentrato su una Jedi in fuga dall’Impero (con degli stivali high-tech fighissimi) e due sposi disposti a sacrificare la propria vita per il loro villaggio, l’episodio riesce in pochissimo tempo a farci empatizzare con la situazione drammatica dei due innamorati e con la loro storia, a caratterizzarli nei piccoli comportamenti e nell’affetto reciproco e a illustrare con una grande sensibilità gli usi e i costumi di questo popolo, in pace con la natura che li circonda. È tutto incredibilmente delizioso, e anche l’intervento della Jedi è ridotto al minimo e vive di una grande eleganza. Datemene ancora.
The Ninth Jedi
The Ninth Jedi è il corto che ha il twist più sorprendente tra quelli presenti, quindi cercherò di non anticipare nulla in questa recensione di Star Wars: Visions. L’incipit è che sostanzialmente ci troviamo in una galassia dove le lightsaber non esistono più e i Jedi sono un ordine estinto. Sfruttando un deposito di cristalli kyber sopra il proprio pianeta, il misterioso Juro cerca di rifondare l’ordine Jedi ridando ai legittimi proprietari la loro arma per definizione.
In parte come per The Elder e Akakiri (che seguono), The Ninth Jedi, prodotto da Production IG, poggia tutto sulla risoluzione finale e sul climax che si forma sul mistero dell’identità di Juro, alimentato da un curioso e inquietante droide, per poi capovolgere il punto di vista in conclusione e regalare un momento che almeno per me è stato di sincero stupore. Protagonista è soprattutto la piccola e determinata Kara, figlia del fabbro artefice delle nuove lightsaber, ma il suo personaggio non offre particolari elementi interessanti, al di là della solita ambizione verso il diventare un’eroina e il solito mitizzare la figura dei Jedi.
Dunque una puntata che pioggia completamente sul proprio colpo di scena, e che rimane meritevole e piacevole principalmente in funzione di quello, oltre a qualche accattivante idea visiva e di world building. Peccato per un inciampo sulla risoluzione di un personaggio sul finale, che risulta straniante nella sua velocità (obbligata, posso capire), riducendo tutto ad un superfluo tarallucci e vino.
T0-B1
Corto molto peculiare tra quelli di cui parliamo in questa recensione di Star Wars: Visions, T0-B1, prodotto da Science Saru, non ha potuto non ricordarmi alla lontana qualche idea del Pinocchio di Collodi, con qualche suggestione da Lilo & Stitch e un’impostazione artistica che lavora molto più in sottrazione rispetto al resto della serie, con un approccio se vogliamo più infantile, rispecchiando il punto di vista del protagonista.
In questo episodio abbiamo infatti un giovane androide, T0-B1 o Tobi, che sogna di diventare un Jedi (e di conseguenza sogna anche di essere un bambino vero) e un misterioso scienziato in esilio che gli fa da padre; i due sono impegnati in una lunga ricerca scientifica per cercare di ridonare la vita ad un pianeta desolato, missione verso cui T0-B1 è dapprima piuttosto insofferente, tanto aspira ad una vita più movimentata.
La ricerca di un cristallo kyber per avviare il percorso del ragazzo finisce per avviare gli eventi della puntata, fino al duello conclusivo con un Inquisitore (tipo quelli di Rebels, ma più figo), che è senza dubbio il momento più alto e più coinvolgente della puntata, con dinamiche che effettivamente è lecito aspettarsi da un anime. L’adorabile rapporto tra T0-B1 e Mitaka (questo il nome dello scienziato) è chiaramente il guizzo che caratterizza questa puntata, grazie soprattutto ad una scena piuttosto significativa che ricalibra il personaggio di Mitaka e cita molto bene la celeberrima frase di Chirrut Îmwe (interpretato da Donnie Yen) in Rogue One. I am one with the Force, and the Force is with me.
The Elder
The Elder, prodotto da Studio Trigger, mette su qualche elemento interessante, ruotando attorno all’esplorazione dell’Orlo Esterno da parte di un Jedi e il suo Padawan in una galassia dove i Sith sono da tempo scomparsi. Una misteriosa perturbazione nella Forza su un pianeta attrae l’attenzione dei due, che si mettono poi alla ricerca di uno strano e misterioso anziano (da qui il nome all’episodio) da poco arrivato sulla superficie.
Di The Elder spicca soprattutto l’anziano, soprattutto per la scelta di renderlo delirante, molto vecchio e molto minuto (con anche lightsaber molto corte), cosa che tratteggia il personaggio come una sorta di personificazione del male al limite del grottesco, ma spicca pure la capacità di costruire quel minimo di tensione e mistero che contribuisce a rendere coinvolgente il corto e a costruire il climax verso il confronto conclusivo. Avrei però apprezzato maggiore coraggio sul finale, e la sopravvivenza di un determinato personaggio appare davvero forzata ed eccessivamente smorzante rispetto al resto della puntata.
È poi uno di quegli episodi che più soffre la natura di cortometraggio, visto che tutto si poggia per l’appunto sul mistero di un possibile ritorno dell’ordine Sith, e nonostante questo sia funzionale al dare ritmo alla puntata, alla fine finisce per rendere più difficile da digerire la troncatura della narrazione.
Lop & Ocho
Eccoci di nuovo ad un altro tra gli episodi migliori di cui parliamo in questa recensione di Star Wars: Visions, che questa volta mette al centro il dramma familiare per raccontare una sorta di confronto generazionale e ideologico, quello della tentazione verso la stabilità e la prosperità economica e industriale dettata dall’impero, già affrontato più volte in maniera esplicita e implicita nell’immaginario (vedasi con le dovute differenze ad esempio Cham Syndulla in The Bad Batch).
Come nel caso di The Village Bride, il corto, prodotto da Geno Studio, riesce con davvero notevole efficacia a tratteggiare i personaggi e le loro dinamiche, soprattutto dal punto di vista della deliziosa Lop, adottata da Yasaburo, padre di Ochō, e accolta a braccia aperte nella casata in particolar modo dalla sorella adottiva, che in primo luogo aveva convinto il padre. La simpatia e la militanza di Ochō per l’impero la rendono però avversaria del padre, che invece cerca con la propria casata l’integrità del proprio pianeta, e questa dualità mette Lop al centro di due forze tra le quali cerca in tutti i modi di mediare.
Attraverso il fulcro dell’adozione si va a parlare anche della relatività dell’importanza del legame di sangue, e a questo sono anche dedicati alcuni tra i momenti emotivamente più potenti di un episodio senza dubbio molto solido. Un po’ troppo improvvisa invece la troncatura finale del racconto, con una chiusura decisamente veloce che rende ancora meno digeribile del normale i limiti di minutaggio.
Akakiri
Forse l’episodio più derivativo dal materiale di riferimento di questa raccolta di cortometraggi, ma ci giro intorno per evitare spoiler, Akakiri, prodotto da Science Saru, è un’altra puntata che poggia molto sullo stupire con un finale coraggioso e un twist ben costruito lungo tutto la durata, con qualche indizio.
Un Jedi assillato da misteriose e dolorose visioni decide di assistere il proprio amore proibito per salvare il trono un tempo appartenente a suo padre, e ora spodestato dalla sorella, la Sith di nome Masako.
La lotta contro l’accettazione di un destino predeterminato e l’incapacità di giudizio dettata dall’intensità delle emozioni sono i temi principali del corto, per un percorso con elementi che non possono non essere molto familiari per qualsiasi appassionato di Star Wars, visto il prendere a piene mani dalle vicende di due personaggi in particolare della saga principale.
Sul piano dell’animazione, ottima anche l’idea di dare una sorta di scia ai movimenti della lightsaber, davvero piacevole e molto azzeccata.
Star Wars: Visions è su Disney+ da oggi mercoledì 22 settembre.
Star Wars: Visions è una serie antologica che nella sua totale libertà dal canone porta avanti tante idee altrimenti impossibili, viaggiando tra temi, racconti, stili, approcci e sensibilità spesso completamente diversi tra loro. Il distacco dal canone e talvolta anche dai principi fondamentali dell'immaginario di riferimento potrebbe essere un limite per molti appassionati, come pure la scelta di toccare solo superficialmente tanti degli elementi dell'immaginario di partenza, ma il bilancio complessivo al di fuori del target di pubblico è più che positivo. Rimane una raccolta di cortometraggi anime e c'è il limite invalicabile di narrazioni più o meno incompiute, ma questo è un qualcosa che entro certi limiti deve necessariamente essere metabolizzato dal pubblico vista la natura della produzione.
- 8 episodi su 9 sono piuttosto solidi, con vette di eccellenza
- Molti approcci diversi e tantissima libertà che spesso non è possibile trovare in altre produzioni di Star Wars
- Star Wars in salsa anime e totalmente svincolato dai vari limiti del caso apre le porte ad un universo di possibilità
- C'è un ombrello lightsaber nel primo episodio!
- A volte molta superficialità nel toccare il materiale di partenza
- Non sempre è facile (o viene reso facile) digerire l'incompiutezza della narrativa
- La totale distanza da canone e immaginario è croce e delizia
- L'episodio Tatooine Rhapsody è terribile