In Islanda è stato inaugurato un impianto per catturare la CO2, si chiama Orca (da Orka, energia in islandese). È una tecnologia divisiva, ma secondo molti esperti potrebbe diventare fondamentale per ridurre l’impatto dell’attività umana sul clima nel corso dei prossimi anni. L’impianto è stato costruito dall’azienda svizzera Climeworks ed è alimentato da risorse rinnovabili, inclusa una centrale geotermica.
L’impianto per la cattura della CO2 ha avuto un costo colossale, ma è ancora piuttosto acerbo rispetto agli obiettivi che ci siamo posti per combattere il cambiamento climatico. In un anno dovrebbe catturare dall’aria circa 4.000 tonnellate di CO2, che equivalgono alle emissioni di un po’ meno di 800 automobili. Tanto o poco? È qualcosa, ma visto il costo dell’impianto non siamo ancora in una situazione ottimale. «Credo che sarà un test molto interessante, ma è importante capire che si tratta di un piccolissimo passo nello schema generale delle cose», ha detto a The Verge David Morrow dell’Institute for Carbon Removal Law.
Nonostante 4.000 tonnellate di CO2 possano non sembrare un risultato straordinario, di fatto lo sono. Orca è il più grande e importante impianto per la cattura di CO2 al mondo e i suoi risultati saranno fondamentali per lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia ancora più efficaci. Molte delle opposizioni al progetto sono perlopiù di natura ideologica: alcuni ambientalisti temono che impianti come questo possano fornire un alibi alle aziende per continuare ad inquinare senza limiti. Di fatto, investire in queste infrastrutture e allo stesso regolare le emissioni prodotte dall’attività dell’uomo non sono due strategie in contrasto tra di loro. L’una non esclude l’altra.
L’impianto utilizza dei filtri per catturare la CO2. Il filtro ha una base leggermente acida in grado di attrarre la CO2, su questo Climeworks non è entrata particolarmente nei dettagli. Una volta che il filtro è saturo, viene riscaldato a 100 gradi celsius. A questa temperatura elevata il filtro rilascia la CO2 raccolta, che viene quindi risucchiata in un condotto per poi venire mischiata con dell’acqua. Il rapporto è di 27 tonnellate di acqua per una tonnellata di CO2, spiega The Verge. L’acqua viaggia quindi per pochissimi chilometri e viene scaricata nelle profondità della terra, dove, a contatto con il basalto, reagisce entrando in una fase di mineralizzazione che dovrebbe durare circa due anni. «Al termine del processo, il composto di acqua e CO2 diventa una roccia solida», sintetizza The Verge.
Orca ha il vantaggio di trovarsi in un’area estremamente adatta al progetto, dato che la CO2 mischiata all’acqua deve viaggiare per pochissimi chilometri prima di raggiungere l’area di scarico.
Non tutti gli impianti, un domani, avranno questa possibilità, motivo per cui si teme che sarà necessario investire in una nuova rete di oleodotti, con tutti i disagi che questo comporta.
Nel corso dei prossimi anni, verranno aperti dei primi impianti di cattura della CO2 dall’aria anche in Scozia e in Texas. Saranno di tipo diverso e consumeranno molta più energia elettrica. Proprio questa è una delle sfide più importanti: «se il tuo scopo è rimuovere la CO2 dall’aria devi produrne il meno possibile. Altrimenti nella peggiore delle ipotesi il processo è in negativo, nella migliore vai in parità (emetti tanta CO2 quanta ne rimuovi, o poco meno ndr) e l’operazione non ha il minimo senso», ha sintetizzato Christoph Beuttler, dirigente della Climeworks.