Recependo la direttiva dell’UE ‘Audiovisual Media Services Directive‘, un nuovo decreto legge imporrà alle piattaforme per lo streaming on-demand di riservare un importante quota del loro catalogo alle produzioni europee e italiane. L’obbligo aumenterà a scaglioni nel corso degli anni: oggi Netflix deve reinvestire il 12,5% dei propri introiti netti in Italia, ma nel 2025 si sale al 25%. Una fetta decisamente importante.
Netflix non ci sta e, attraverso Eleonora Andreatta e Stefano Ciullo, definisce il provvedimento “iniquo”.
In questi ultimi anni, e in particolare in quest’ultimo anno il Governo sta facendo una delle più ambiziose scommesse sul comparto audiovisivo, attraverso tax credit, la rivoluzione di Cinecittà e la creazione di un sistema in generale volto a un’espansione tale da far diventare l’audiovisivo un’industria cardine della ripresa economica
dichiara Andreatta, VP delle produzioni originali Netflix in Italia, al Sole 24 Ore.
La dirigente di Netflix Italia punta il dito contro la totale assenza di dialogo da parte del Governo sul nuovo sistema a quote. Se il sistema del tax credit ha visto un ampio coinvolgimento dei player del settore «in un clima – spiega Andreatta -, anche accalorato, ma di discussione, apertura, trasparenza. Sulle quote tutto questo non c’è stato».
Netflix dal canto suo rivendica gli sforzi fatti – in autonomia e in assenza di obblighi – per potenziare la sua offerta di contenuti originali italiani.
dal 2017 al 2020 abbiamo investito più di 300 milioni in Italia. Una cifra che supera l’investimento pubblico di 200 milioni che avevamo dato come obiettivo. Prevediamo più di 45 show in due anni. Abbiamo contribuito all’ecosistema, lavorato e investito molto sulla formazione. Non si può negare la sorpresa per una mancanza di interlocuzione e per un approccio iniquo. Perché essere sottoposti al doppio degli obblighi rispetto agli altri
Le emittenti tradizionali sono vincolate ad una quota di produzioni italiane del 12,5%, si sale al 17% per la Rai.
E c’è il rischio che Netflix abbandoni l’Italia
Eleonora Andreatta sottolinea un altro importante inconveniente che rischia di far saltare il sistema creato dal colosso americano in Italia. L’obbligo di riservare una quota così importante del catalogo alle produzioni europee e italiane rischia di inflazionare i prezzi, ponendo Netflix in una posizione di debolezza in sede di contrattazione con le produzione italiane: “Non ci sarà libera contrattazione perché noi dovremo necessariamente investire fino al doppio. Senza contare che tenere alta la qualità vuol dire anche trovare i progetti giusti“.
Ma allora – si chiede Il Sole 24 Ore – non c’è il rischio che Netflix decida di disinvestire dall’Italia?
Noi crediamo nell’Italia e vogliamo investire con la piena consapevolezza che si tratta di un Paese sul quale puntiamo. Per tutto quello che non è la produzione italiana si faranno dei benchmark su come il Paese tratta i nuovi player
Andreatta cita gli sforzi di Netflix per portare alcuni investimenti in Europa, spostando alcune produzioni in paesi come la Spagna. “In un Paese in cui la sensazione è di aver ricevuto un’iniquità è più difficile arrivare a una decisione di questo tipo“.