Recensione la figlia oscura

Con la nostra recensione de La figlia oscura, presentato in Concorso alla 78esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, vogliamo raccontarvi cosa ci ha colpito e deluso del film d’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, la quale dimostra essere una regista che sa il fatto suo. Prima di entrare nei particolari, ricordiamo che la storia è incentrata su Leda, madre di due figlie piena di sensi di colpa per un passato in costante lotta tra i doveri legati al suo ruolo in famiglia e il lavoro di insegnante.

La figlia oscura film

Per ritrovare la sua identità, il suo essere donna, perduta quando è diventata mamma di Bianca, la primogenita, e Marta, Leda abbandona le sue figlie, per poi tornare indietro nella scelta qualche tempo dopo. Ora le figlie sono lontane, in Canada dal padre, e Leda ha deciso di concedersi una vacanza in Grecia, che la porterà nel suo passato quando incontrerà Nina e la piccola figlia Elena.

Nina ed Elena sembrano avere un rapporto bellissimo e ciò scatena l’invidia di Leda.

La protagonista de La figlia oscura è interpretata da una bravissima Olivia Colman, che con la semplice espressività del viso riesce a dare profondità e consistenza al personaggio da lei impersonato, già complesso di suo. L’attrice veste i panni di una donna tormentata dal suo passato e i cui sensi di colpa dovuti all’abbandono delle figlie riemergono dopo aver visto il rapporto amorevole che Nina ed Elena sembrano avere. “Sembrano”, perché la verità si scoprirà essere un’altra.

Nella pellicola, infatti, a farla da padrone è il rapporto tra madri e figlie, che poi è il tema principale della vicenda narrata dalla Ferrante. C’è l’imperfezione alla base di questo rapporto: è vera la dicitura “nessuno è perfetto” e di conseguenza anche le madri talvolta compiono scelte inspiegabili. Leda però appare più umana, soprattutto verso la fine del film, di quel che potrebbe sembrare.

Per spiegare bene questo concetto è importante dire che Olivia Colman è sempre in parte – lo abbiamo già detto -, ma è anche vero che provare empatia per il suo personaggio è difficile: quest’ultima appare sempre fredda, come se il senso di colpa l’avesse distrutta emotivamente e della felicità non fosse rimasto più nulla. Allo stesso tempo, però, l’attrice dà il giusto peso al suo personaggio, quello di una donna combattuta tra passato e presente, che ancora oggi compie scelte dettate dal dolore e forse, sul finale, riesce a liberasi da quei tormenti legati all’essere stata una madre imperfetta. 

Essere minimalisti  serve?

La costruzione di un’opera dal carattere minimalista ha i suoi svantaggi, soprattutto quando l’interesse della regista è quello di sottolineare il messaggio di fondo, di cui vi parleremo più avanti nel corso della nostra recensione de La figlia oscura.

A tal proposito colpisce sin da subito la sceneggiatura ridotta ai minimi termini: dialoghi concisi sì, senza però che ci sia spazio per un “di più” che in questo contesto sarebbe stato anche utile per comprendere al meglio tutti i passaggi della vicenda.

Pur avendo alla base una scrittura minimalista, la pellicola contiene in sé brevi dialoghi rilevanti, soprattutto per chi conosce la storia originale del libro e quindi può coglierne la vera essenza.

Il problema si pone quando non c’è una conoscenza del romanzo di Elena Ferrante perché alcuni passaggi non vengono approfonditi, come la simbologia al suo interno. Altri invece sono confusi, e questo stato di confusione deriva dal modo in cui passato e presente si alternano sul grande schermo e dalla scelta di lasciare allo spettatore l’interpretazione dei simboli presenti, senza spiegarne la rilevanza in quel dato contesto.

The Lost Daughter film

Differenze

Chi non conosce la storia di Leda, raccontata egregiamente e con la giusta attenzione dalla scrittrice, non può comprendere con facilità l’importanza di alcuni animali simbolici, presenti nel film come nel romanzo, tra cui il serpente e il verme, che rappresenta il malessere di Leda nei confronti della maternità e allo stesso tempo, nel contesto, simboleggia l’aspetto oscuro e animalesco che lo status di madre nasconde. D’altronde anche Nina, la donna che ha catturato l’attenzione di Leda in spiaggia, vorrebbe ritrovare i suoi spazi allontanandosi dalla figlia, come fece anni prima la protagonista.   

Come vi avevamo già accennato nella recensione de La figlia oscura, l’interpretazione degli attori è convincente, ma non è abbastanza per tenere in piedi l’intera opera.

La sceneggiatura non è l’unico elemento che viene usato con parsimonia nella produzione del film, perché  Maggie Gyllenhaal dirige gli attori puntando prima di tutto sulla gestualità e inquadrando il più possibile i loro volti. È evidente infatti l’intenzione di quest’ultima di focalizzarsi sullo stato emotivo di Leda e la lotta interiore che caratterizza il suo personaggio. D’altro canto non è un caso che i primissimi piani siano quasi tutti per quest’ultima, e nemmeno che Dakota Johnson rivesta il ruolo di una donna dal fisico invidiabile – parla poco, ma la macchina da presa punta l’occhio sull’estetica della donna), ricordando a Leda la sua gioventù bruciata da una gravidanza prematura. 

È un malessere, quello vissuto dalla protagonista, che emerge in ogni sequenza del film, caratterizzato tra l’altro da un ritmo narrativo rallentato dai continui rimandi al passato e dai movimenti lenti e curati della macchina da presa. Non è tanto la mancanza di dinamicità a creare problemi di attenzione, anzi questo aspetto è molto utile a dare spessore all’intera storia. L’errore però di dare per scontato che chiunque abbia letto il romanzo non è da poco: un film è una storia a sé e per questo chi ne legge la sinossi può essere intrigato dal racconto pur non sapendo nulla del romanzo, anche solo per il tema di fondo, per esempio.

Leda e la maternità

La maternità viene sempre vista come un’esperienza positiva, ma non è detto che tutti la vivano allo stesso modo. Anzi, spesso questa condizione limita la libertà personale e Leda lo sa bene, tanto che in passato aveva abbandonato le sue figlie per ritrovare se stessa, in quanto divisa al tempo tra il suo lavoro di insegnante e l’accudimento delle figlie.

Le differenze tra il romanzo e il film sono evidenti e rendono difficoltosa l’interpretazione del messaggio di fondo.

Tra il libro e il film ci sono delle differenze sostanziali. Per entrambe le opere la primogenita Bianca è una giovane con la testa sulle spalle e capace di grandi gesti d’affetto, mentre Marta è l’opposto. Nel romanzo però il simbolo del verme si manifesta dal ventre della bambola ed è una metafora del fatto che Leda non sia riuscita a umanizzare la figlia Marta, come invece aveva fatto con Bianca. In effetti Marta non si sente capita e amata dalla madre e questo crea difficoltà nel rapporto tra le due, che a sua volta causa l’invidia di Leda nei confronti di Nina e sua figlia. Nel film invece il verme fuoriesce da un’altra zona del corpo della bambola, pur avendo lo stesso significato: il senso di colpa per il suo essere stata una madre imperfetta.

La recensione de La figlia oscura

Diciamo pure che gli animali presenti ne La figlia oscura – parliamo del romanzo adesso – hanno tutti una valenza emblematica in quanto rappresentano il lato oscuro della gravidanza che porta il corpo a deformarsi e a sentire dolore. Ché poi diventa per Leda un sentimento che permane anche dopo la dolce attesa, quando sente la necessità di evadere dalle costrizioni dell’essere madre. Ecco perché non è facile comprendere il messaggio dietro il film di Maggie Gyllenhaal, se non si è letto il romanzo: è necessario interpretare i segni per coglierne appieno il senso, ma nella pellicola vengono solo mostrati.

Sono tutti aspetti fondamentali per capire i comportamenti della protagonista, soprattutto sul finale della pellicola.

La storia è narrata dal punto di vista di Leda e si avvale di una fotografia fredda, come il personaggio della Colman, che sottolinea lo stato d’animo dei suoi interpreti. Infine è bene dire che la mancanza di una sceneggiatura solida e onnipresente, seppure aiuti a rimarcare il dolore della protagonista, denota un appiattimento de La figlia oscura, che potrebbe anche rendere la visione pesante per il pubblico.

 

La Figlia Oscura sarà disponibile dal 31 Dicembre su Netflix

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Segui la 78esima Mostra d’Arte Internazionale del Cinema di Venezia, dal 1 all’11 Settembre, con noi sull’hub: leganerd.com/venezia78

60
La figlia oscura
Recensione di Chani Kynes

Nel complesso possiamo dire che La figlia oscura ha in sé pregi e difetti, ma i primi non compensano i secondi. La mancanza di approfondimento della storia e dei personaggi, nonostante l'interpretazione impeccabile di Olivia Colman e Dakota Johnson in primis e una regia a mano controllata e ricca di primissimi piani che sottolineano la complessità della storia e dei personaggi, rende difficile comprendere il film in tutto il suo valore.

ME GUSTA
  • L'interpretazione di Olivia Colman
  • La regia attenta e impeccabile di Maggie Gyllenhaal
FAIL
  • La sceneggiatura inconsistente
  • La mancanza di approfondimento di personaggi e simboli