Una delle domande più importanti da porsi, in narrativa, è sicuramente “E se?” ed è anche quella con cui cominciamo la recensione del primo episodio What If…? nuovissima serie animata made in Marvel Studios che ci pone davanti a un vero e proprio multiverso di possibilità narrative e di spunti di riflessione, al momento di analizzarla.
Dato che non si tratta di un divertissement fine a se stesso ma di una serie in continuity effettiva e canonica con il Marvel Cinematic Universe, i fan si stanno scervellando per indovinare dove si andrà a parare, quali conseguenze ci saranno nello storytelling generale e cosa ha portato Kevin Feige e i suoi sceneggiatori a proporre questa serie ora e in questa modalità.
E se l’avessero realizzata prima, con meno film alle spalle? E se l’avessero realizzata in live action? E se fosse un intelligente espediente per normalizzare possibili soft reboot e le introduzioni degli eroi visti in altri universi filmici? Tutto è possibile, nei What If… e in What If…?, come scopriremo fra poco.
Chi ha studiato sceneggiatura avrà probabilmente assimilato un concetto base utilissimo per creare storie superando eventuali blocchi: si prendono personaggi interessanti calati in contesti ricchi di possibilità e si gioca con queste stesse possibilità, pensando a tutto quello che, coerentemente, potrebbe accadere, per scegliere, infine, le idee più promettenti e svilupparle. Si può fare con personaggi e storie originali, così come si possono creare delle situazioni alternative di avvenimenti storici, o ancora fare questo lavoro con i momenti più iconici e noti della fiction più amata.
Attenzione, però: si tratta di trovare svolte narrative ampie, non di affossare le scene: se Neo scegliesse la pillola azzurra, Matrix non avrebbe più nulla da raccontare.
Ecco, questa è l’idea alla base delle serie a fumetti What If…? della Marvel, tra i primi esempi organici del genere. Cosa sarebbe successo se Spider-Man fosse stato accettato nei Fantastici Quattro come sperava all’inizio? Probabilmente tutta la storia dell’Universo Marvel sarebbe cambiata, e ne abbiamo un assaggio nel primo numero della serie a fumetti omonima.
A volte queste storie sono autoconclusive, a volte le possibili ramificazioni sono così ampie e interessanti da diventare serie a loro volta, più o meno lunghe. Se volete saperne di più, vi rimandiamo al nostro speciale sui migliori fumetti delle serie What If…?:
Un universo di (nuove) possibilità
I tempi erano dunque maturi per portare questo uovo di Colombo della narrativa anche nell’Universo Cinematografico Marvel, con una serie antologica di nove episodi a cui seguirà, in futuro, una seconda stagione composta dello stesso numero di storie.
Storie che si appoggiano nel concetto alle versioni fumettistiche, ma che in massima parte si riferiscono ad avvenimenti che abbiamo visto solo al cinema, modificandoli profondamente e creando storie sempre diverse che ancora non sappiamo se avranno un fil rouge o saranno tutte universi paralleli distanti fra loro.
Tutti gli episodi saranno introdotti e conclusi, come da tradizione fumettistica, dal personaggio di Uatu l’Osservatore, che dalla sua postazione lunare osserva il cosmo e tutto quel che accade, divenendo memoria storica assoluta che tutto vede ma su nulla mette bocca, riportando solamente gli avvenimenti senza interferire mai.
Per partire, la sceneggiatrice A.C. Bradley, il boss dei Marvel Studios Kevin Feige e il loro entourage hanno scelto una storia relativamente semplice da assimilare, per far passare il concetto di realtà parallela:
E se… Peggy Carter avesse sperimentato su di sé il siero del supersoldato al posto di Steve Rogers, come sarebbe cambiata la storia?
Sappiamo, difatti, dagli avvenimenti visti nel corso dell’MCU, a partire da Captain America: Il Primo Vendicatore, che il gracile ma valoroso Steve Rogers diventa l’eroico Cap, mentre il suo amico Bucky cade nell’oscurità, divenendo il Soldato d’Inverno mentre la determinata Peggy Carter pone le basi per la creazione dello S.H.I.E.L.D., grazie anche alla consulenza scientifica di Howard Stark. Basta un attimo, tuttavia, la cosiddetta “sliding door” ed ecco che è Peggy a diventare “super” e combattere in prima linea i nazisti prima e l’Hydra in seguito, col nome di battaglia di Captain Carter.
Non vi spoilereremo elementi che non siano già stati resi noti tramite trailer e clip: si tratta, del resto, di puntate abbastanza brevi (nel caso specifico: 34 minuti) ma densissime di avvenimenti e di cui fa piacere notare che non viene sprecato neanche un secondo.
Il ritmo serrato conquista e rende meglio sia di certi lungometraggi che di certe serie Marvel (Marvel Studios o Marvel Television che sia): non si ha mai l’impressione di avere personaggi e situazioni inserite a forza per ritrovarci agganci a sviluppi futuri o, al contrario, tranciate malamente, come abbiamo purtroppo notato in serie comunque gradevoli come WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier. Avendo visionato unicamente il primo episodio, c’è da verificare che questo accada in tutti gli episodi, ma se fosse il caso, avremmo trovato la nostra formula preferita: minifilm con tanto da dire e zero tempi morti o sprecati.
Sempre parlando di approccio, altro elemento su cui temevamo la serie potesse scadere era il tono, che avrebbe potuto essere eccessivamente farsesco. Invece l’umorismo, fortunatamente, non è mai triviale o fuori luogo, per quanto non si possa dire che colpisca nel segno con arguzia. Il fatto che serva semplicemente a smorzare i toni di tanto in tanto senza scadere in anticlimax, comunque, è già una gran cosa.
Gli stivali di Steve ai piedi di Peggy… calzano benissimo.
E la storia, com’è? Per quanto l’idea di Peggy che diventi Cap sembri perfetta e quasi scontata in ottica “What If”, in realtà l’episodio non si basa su un corrispondente a fumetti, come dovrebbe accadere ad esempio con quello degli Avengers zombie che vedremo prossimamente.
Esistono un paio di versioni dell’agente Carter che diventa Captain America, in un universo parallelo, nella serie a fumetti, ma sono un’altra cosa, decisamente più libera e fantasiosa.
Qui ci si è limitati a giocare intelligentemente con le possibilità del concept creando una realtà alternativa narrativamente perfetta, senza intoppi, assolutamente ben congegnata per catturare il pubblico di ogni età e ogni gusto (dai ragazzini alle fan delle eroine “girl power”) ma senza mai voler osare.
Col senno di poi, ripercorrendo quel che succede, è un corridoio a specchio piuttosto scontato nel suo svolgimento: la storia è esattamente quella che vi aspettate, probabilmente. Eppure, risulta difficile lamentarsi: la sfida non era creare qualcosa di alternativo in maniera geniale e irriverente, ma qualcosa di alternativo in modo accattivante. Del resto si tratta solo della prima puntata, e si è voluto scaldare i motori con semplicità, per catturare il pubblico nella formula dello show. Per essere sovversivi in stile Masters of the Universe: Revelation ci sarà tempo in futuro… ma non fateci troppo la bocca, non è per niente scontato.
L’animazione come scelta stilistica e tecnica: rende o no?
Veniamo dunque all’aspetto tecnico/artistico dell’opera, che ci ha convinti ma non del tutto. Innanzitutto, è singolare il tratto e il character design scelto dal regista, animatore e storyboard artist Bryan Andrews, con un tocco che ricorda quasi più i moderni Classici Disney che non i fumetti Marvel. Una scelta molto piacevole, in verità, ma un po’ spiazzante, dato anche che va spesso ad addolcire un po’ troppo il design dei personaggi e il look degli stessi, chiaramente ricalcato su quello degli attori originali del Marvel Cinematic Universe.
Appoggiamo totalmente l’idea di utilizzare il cell shading nella serie: solitamente migliore rispetto a una plasticosa CGI e più malleabile dell’animazione tradizionale, se realizzata bene è l’ibrido moderno più funzionale e che può riservare grandi soddisfazioni. Senza contare che è un’ottima soluzione quando si deve andare a ricalcare scene già note in live action, dando loro un twist animato.
Quel che non ci ha convinti, tuttavia, sono state le animazioni, realizzate, sembrerebbe, in una sorta di rotoscoping meno fluido del dovuto. Stessa sorte arriva coi labiali dei personaggi, la cui sincronia col parlato effettivo lascia a desiderare più di una volta. Ed è un peccato, chiaramente, dato che si è andati a scomodare praticamente tutti gli attori più noti di Hollywood, ma la loro caratterizzazione non viene valorizzata da personaggi che sembrano aprire la bocca senza la giusta convinzione.
What If…? è disponibile su Disney+ dall’11 agosto, con una nuova puntata a settimana.
Chiudiamo la recensione di What If...? dando un buon voto di partenza alla serie Marvel Studios, che ha deciso di partire sul sicuro in modo piacevole e con poche sbavature, e speriamo possa davvero stupirci con i successivi episodi: vogliamo restare a bocca aperta e sapere che è stata scelta, per questa serie, l'animazione non solo per una questione di comodo e risparmio ma anche perché permette di realizzare qualunque meraviglia venga in mente agli sceneggiatori, senza problemi “reali” da risolvere sul set e in post-produzione. Alla prossima puntata!
- La storia è ben congegnata e senza problemi di sorta
- Il ritmo è serrato e mai spezzato da lungaggini o situazioni puerili
- Bel design
- Le voci originali degli attori hollywoodiani donano pregio e continuità
- La vicenda è forse un po' scontata
- Animazioni poco convincenti