Questa recensione di Fear Street Parte 3: 1666 chiude la trilogia ispirata ai racconti di R.L. Stine e conclude il cerchio narrativo iniziato nel 1994, e che riporterà tutto a finire il percorso dove è iniziato. Il 1666 sarà il periodo remoto da cui partirà quest’ultimo capitolo che andrà comunque a ripercorrere le altre tappe della storia, ovvero quella del 1978 e del 1994.

Parliamo di tre epoche storiche diverse che andranno a creare un vero e proprio cerchio narrativo che incuriosisce ed intriga.

Fear Street Parte 3: 1666 – L’amore omosessuale ai tempi delle Streghe di Salem

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La terza parte della trilogia ci porta ai tempi della caccia alle streghe, quando la giovane Sarah Fier si ritroverà ad essere accusata di stregoneria ed a non poter vivere il sentimento che nutre nei confronti di Hannah, la giovane di Shadyside che, anch’essa, ad un certo punto, verrà accusata di stregoneria.

Siamo ai tempi delle streghe di Salem, l’atmosfera è quella che ha portato alla condanna a morte di decine di donne innocenti, frutto semplicemente della suggestione e di un capro espiatorio a cui attribuire i mali di un periodo storico per un’intera comunità.

Questa recensione di Fear Street Parte 3: 1666 vuole far leva soprattutto su questo: il fatto che una storia dell’orrore sia riuscita comunque a raccontare un qualcosa che ha una profonda attualità, e che va al di là delle scene splatter e dei jump-scare (che comunque la regista  Leigh Janiak non va appositamente a ricercare).

Fear Street ha dimostrato come una storia dell’orrore sia comunque capace di raccontare delle tematiche con una profonda attualità, capaci di andare al di là delle scene splatter e dei jump-scare.

Così come per il primo film di Fear Street, anche nella terza parte vengono messi al centro due personaggi femminili che condividono un sentimento d’amore (mentre nel secondo le due figure centrali erano due sorelle): stiamo parlando di Sarah ed Hannah. Anche in questo lungometraggio ad interpretare le due protagoniste sono sempre Kiana Madeira (che nel primo film vestiva i panni di Deena) e Olivia Scott Welch (che invece era Samantha).

La storia d’amore delle due ragazze va al di là dei confini temporali, attraversando il Seicento per arrivare agli anni Novanta. Uno dei messaggi di Fear Street può essere proprio questo: l’amore e l’appartenenza sessuale non sono una condanna, anzi, le disgrazie nascono dal rifiuto e dalla soppressione di sentimenti sani.

Fear Street Parte 3: 1666 mette al centro della scena un villaggio, la versione più remota di Shadyside, con un’ambientazione ed una messa in scena che per lo più risultano credibili, anche se in alcuni momenti tentennano un po’. In ciò vengono influenzati anche da una fotografia a tratti troppo televisiva, e che fa perdere talvolta l’atmosfera adeguata.

Uno dei messaggi di Fear Street può essere proprio questo: l’amore e l’appartenenza sessuale non sono una condanna, anzi, le disgrazie nascono dal rifiuto e dalla soppressione di sentimenti sani.

Ma di base l’ambientazione seicentesca e rurale funziona. Convincono anche i personaggi secondari più inquietanti, a partire dalla vedova Mary, fino ad arrivare allo zotico Thomas. C’è tutto un corollario di figure note in questi contesti e prevedibili, che però riescono a risultare convincenti e funzionali per lo sviluppo della narrazione.

Mancano dei particolari guizzi narrativi, con la storia che procede in maniera scorrevole ma senza grandi sorprese, anche nel momento in cui le potenziali scene sorprendenti arrivano davvero.

Il percorso dal Seicento al ritorno agli anni Novanta comunque riporterà lì dove tutto è iniziato, per un finale molto movimentato, e che fa perdere qualcosa ad un film che, se pur con qualche difetto, nelle scene di ambientazione Seicentesca riusciva ad incuriosire.

Fear Street Parte 3: 1666 – Il cerchio si chiude, ed il manuale dello slasher è completo

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Fear Street nel suo complesso è una trilogia che porta gli appassionati di R.L. Stine in un altro lato della biblioteca personale dello scrittore americano: quella che non è caratterizzata dai racconti horror leggeri di Piccoli Brividi, ma da storie con sempre protagonisti giovani messi al centro dell’attenzione, accompagnati però da una dose di violenza e di contenuti decisamente più adulti.

In questo ultimo capitolo ritornano diversi attori del primo film, a partire proprio da Kiana Madeira ed Olivia Scott Welch, che risultano essere più che convincenti anche in questo caso, vestite in costume, e capaci di trasmettere affiatamento e sentimento in un contesto completamente differente rispetto agli anni Novanta in cui avevano recitato nel primo film.

Fear Street è una trilogia circolare che conclude tutto così come è iniziato, che rispetta le basi dello slasher senza cercare di strafare, anche se a volte si muove ai limiti dello schematico. Quest’ultimo capitolo non può esaltarsi con la musica, anche perché l’ambientazione seicentesca ne limita l’utilizzo, però la parte finale sembra riscattare il tutto, soprattutto con la scelta di Gigantic dei Pixies a chiudere il film, che funziona benissimo.

Fear Street è una trilogia circolare che conclude tutto così come è iniziato, che rispetta le basi dello slasher senza cercare di strafare, anche se a volte si muove ai limiti dello schematico.

Leigh Janiak aveva parlato della classificazione vietata ai minori come di una priorità per dare la sua impronta alla trilogia, e bisogna dire che le scene di forte violenza potevano anche in gran parte essere evitate senza condizionare più di tanto l’efficacia dei film. Però è chiaro che, inserendo tematiche adulte, e scene spinte a livello di contenuti sessuali, era giusto che Fear Street si potesse muovere liberamente, proponendo personaggi  situazione mature.

Concludiamo questa recensione di Fear Street Parte 3: 1666 sottolineando come gli appassionati di R.L. Stine troveranno in questa trilogia qualcosa di decisamente diverso rispetto alle classiche storie di Piccoli Brividi, e che gli amanti degli slasher movie potranno sfruttare questi tre film per vivere un po’ tutte le classiche atmosfere ed elementi di questo tipo di lungometraggi.

Fear Street coi suoi film, infatti, ci porta dagli anni Novanta ispirati da Scream agli anni Settanta che si rifanno a Venerdì 13, per poi concludersi con il Seicento, ed un lungometraggio che, in qualche modo, sembra rifarsi al più recente The Witch.

I film di Fear Street non rappresentano dei capolavori, ma neanche dei lungometraggi da buttare, e sono un’interessante operazione della piattaforma streaming Netflix, che ha voluto sfruttare il nome di R.L. Stine per portare avanti uno dei suoi obiettivi principali: arrivare con storie di fantasia e soprannaturale ad un pubblico giovane e postmoderno.

Anche Fear Street Parte 3: 1666 è consigliato per tutti gli appassionati di horror, che potranno godere comunque di un discreto intrattenimento anche dai due capitoli precedenti.

 

Tutta la saga di Fear Street vi aspetta su Netflix

 

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Fear Street Parte 3: 1666
Recensione di Davide Mirabello

Anche il terzo capitolo della trilogia di Fear Street mostra tematiche mature e scene inusuali per gli amanti dell'R.L. Stine di Piccoli Brividi. Si tratta però di una sorta di piccolo manuale dello slasher che accontenterà gli appassionati (quelli non troppo pretenziosi però) degli horror classici anni Ottanta e Novanta.

ME GUSTA
  • L'ambientazione seicentesca ai tempi delle streghe di Salem funziona
  • Si completa il manuale dello slasher classico proposto nei due film precedenti
  • Si chiude il cerchio narrativo della storia in maniera convincente
FAIL
  • Il percorso narrativo del film, e della trilogia in generale, è un po'troppo lineare