Black Widow, la recensione: un lucido manifesto di emancipazione, rivolta e sentimento

 

Finalmente, e si stenta quasi a crederci, è giunto il momento di scrivere la recensione di Black Widow, l’origin story dedicata ad uno dei personaggi più carismatici e importanti – visto quanto Natasha si rivelerà essere un personaggio chiave, tanto per gli Avengers quanto per la salvezza dell’umanità – dell’MCU.

Il film, con protagonista Scarlett Johansson che torna a vestire i panni della letale vedova nera Natasha Romanoff, arriva in sala dal 7 Luglio mentre in accesso VIP (quindi con una quota extra rispetto all’abbonamento) dal 9 Luglio su Disney+.

C’è da dire che Black Widow, assieme a tutte quelle pellicole destinate alla sala nella primavera 2020, è stata una delle più sfortunate. I continui rimandi, trailer su trailer, clip e materiali vari usciti da una parte e dell’altra, la Fase 4 anticipata dalla serialità con WandaVision – che doveva essere uno degli “ultimi” prodotti ad arrivare – non hanno giocato a suo favore. Il rischio della pellicola scaduta e stantia era davvero bello grosso. Un film fuori tempo massimo, privo di appeal e interesse per la storia in generale. Ed, invece, nulla di più lontano da ciò!

recensione di Black Widow

O meglio, lo slittamento di un anno e il cambio distribuzione delle serie TV e film ha sicuramente influito sul film, per quanto sia evidente che l’intenzione di dare il via alla Fase 4 sul viale dei sentimenti ci sia da sempre stata. Infatti, se dal punto di vista dell’originalità e della grande sorpresa, la pellicola non è certo un capolavoro e viene messa in “ombra” da serie come WandaVision e Loki (di cui, proprio oggi Mercoledì 7 Luglio, è arrivato su Disney+ il quinto episodio) per quanto riguarda sentimenti, approfondimento psicologico ed anche una chiave di lettura rivolta alla nostra società, si mostra essere un prodotto davvero interessante e molto molto convincente.

Cate Shortland porta avanti un lavoro alla regia davvero particolare e che si sposa bene anche con la musica, l’iconico American Pie di Don McLean fungerà infatti un po’ da “madeleine” proustiana. Se dal punto di vista scenico, più strettamente legato alla CGI, il naso lo si storce più di una volta, se andiamo a guardare le scene più action e adrenaliniche, che perfettamente si armonizzano con il l’aspetto sentimentale ed intimo, ci renderemo conto della grande sensibilità e lucidità da parte di questa regista che, oserei dire finalmente, restituisce la PROPRIA storia a Black Widow.

Trovo allarmante il sottovalutare e lo svalutare – come spesso fa il pubblico – un personaggio come Natasha Romanoff che, invece, nel corso di questi anni con il MCU si è dimostrato un personaggio capace di evolversi, cambiare e aprirsi. Un personaggio complesso e complicato che abbiamo imparato a conoscere passo dopo passo, ed anche ad amare. Sicuramente partito in sordina o comunque non proprio in vista – del resto da brava spia è anche giusto non dare nell’occhio – ma che nel corso delle pellicole ha saputo trovare una sua dimensione dimostrandosi uno dei personaggi più interessanti e variegati dell’MCU. Sicuramente merito è anche della sua grande interprete, Scarlett Johansson, ma non dimentichiamoci che Natasha, un po’ come Clint, fungono da collante del gruppo dopo gli eventi di Civil War. Natasha diventa la mamma di tutti gli Avengers, la mediatrice, colei che mantiene salda le fondamenta del gruppo e che assorbe quasi il dolore di tutti gli altri. E lei di dolore, legami spezzati e disperazione ne ha dovuti vedere, subire e sopportare davvero tanti, e questo film ce lo dimostrerà.

recensione di Black Widow

Natasha è il cuscino che ammortizza, assorbe e protegge. Dopo gli eventi di Avengers: Endgame, ci rendiamo conto ancora di più di quanto sia essenziale la sua presenza nella vita di tutti gli altri. Di quanto abbia lavorato e di quanto il personaggio sia emerso, mostrandosi una donna che ha saputo fare delle sue cicatrici la sua forza, senza però vergognarsi di mostrarsi fragile. Del resto, eroi o meno, la fragilità fa parte del nostro essere e a partire proprio da lei, passando per Wanda, Sam e Bucky, fino ad arrivare perfino al dio dell’inganno Loki, le fragilità sono diventate il carburante, nonché fulcro e cuore pulsante di tutta la Fase 4 del MCU.

Quindi con questa recensione di Black Widow andiamo ad esplorare, senza spoiler, gli eventi salienti della vita di Natasha, un tuffo tra passato, presente e futuro, andando oltre le pareti della famigerata Stanza Rossa, indagando sul senso della parola “famiglia” e su quanto, ancora oggi, il corpo di una donna venga strumentalizzato dalla società, soggiogato, reso oggetto da modellare, plasmare e distruggere a proprio piacimento.

Parenti serpenti

recensione di Black Widow

Cosa si nasconde dietro il passato di Natasha? La sua ossessione per staccare i fili che l’hanno da sempre manomessa, quelli che per tanto tempo ha tirato Dreykov, l’hanno portata davvero a realizzare la sua vendetta o la Stanza Rossa è un mito indistruttibile che miete ancora vite?

Chi era Natasha prima di diventare la Black Widow che abbiamo conosciuta da Iron Man in poi?

Il film, per tutti quelli che se lo stessero chiedendo, parte dalla fine degli eventi di Civil War quando Natasha, ormai membro fondamentale degli Avengers, dopo aver infranto i patti di Sokovia è ricercata. Gli Avengers sono divisi. Team Cap o Team Iron Man? La risposta non è importante, perché tutti ne sono usciti perdenti e Natasha, ancora una volta, ha visto sgretolarsi una famiglia davanti ai suoi occhi.

recensione di Black Widow

Ma è proprio dalla famiglia che tutto parte. Quella famiglia fittizia opera del KGB che per anni ha illuso lei e sua sorella Yelena (Florence Pugh) di poter vivere il sogno americano; ma, appunto, quella formata da Natasha, Yelena e Melina Vostokoff (Rachel Weisz) e Alexei Shostakov (David Harbour) non è stata altro che una crudele illusione, che non solo ha condotto Natasha e Yelena verso un’infanzia, un’adolescenza ed anche una vita completamente rubate, violate e trasformate, ma che ha lasciato dietro di sé l’amarezza dei ricordi, dei rimorsi e di quello che, in fondo, sarebbe potuto essere.

Come si può, adesso, tornare indietro? Non si può! Ma le vie del passato sono infinite (o quasi) e spesso è è proprio lui a bussare alla nostra porta. O meglio, a farci esplodere l’auto, costringerci ad una battaglia spietata con un’intelligenza artificiale capace di emulare le nostre stesse tecniche di combattimento, metterci di fronte ad una realtà a cui non avremmo mai voluto credere e costringerci, di conseguenza, a fare finalmente i conti con il passato cominciando proprio con la parola: famiglia.

Di anni ne sono passati venti e la diffidenza tra Natasha e Yelena in primis, ma anche gli stessi Alexei e Melina è tanta. E per quanto l’odio, la rabbia e il dolore non facciano altro che esplodere in quello che a volte sembra il “classico” dramma claustrofobico famigliare dove tutti si urlano di tutto addosso, ciò che Dreykov non aveva mai considerato – o sempre sottovalutato – è la potenza dei sentimenti.

I sentimenti che sono diventati così centrali, ma mai melensi o smielati, in questa Fase 4, diventano l’arma più potente.

recensione di Black Widow

Il libero arbitrio tanto agognato dalle Vedove Nere e così messo sotto scacco dalla follia della Stanza Rossa che da anni lavora a qualcosa che potrebbe drasticamente cambiare le sorti dell’umanità, aprendoci anche nei confronti di riflessioni sociali e politiche.

Impossibile non leggere tra le righe di questo film le lotte all’indipendenza femminile. La follia delle guerre. La corsa alle armi, all’intelligenza più articolata per decretare la supremazia di una Nazione su un’altra. L’importanza della libertà, di poter scegliere di essere qualsiasi cosa vogliamo senza che qualcun altro ci dica cosa fare e come farlo. E tanto Natasha quanto, soprattutto, Yelena e, a sua volta, Melina, sanno bene quanto questo sia fondamentale.

Si ritorna alle origini dove tutto è cominciato e dove tutto deve finire.

L’action al servizio del sentimento

recensione di Black Widow

Come dicevo all’inizio di questa recensione di Black Widow, è indubbio che se c’è una parte su cui risente sicuramente il film è l’effetto sorpresa che avrebbe dovuto accompagnare questa scoperta della Fase 4 partendo proprio da Black Widow.

La pandemia ha rovinato i piani di tante Major, primis fra tutti la Disney. Indubbiamente Black Widow ne risente meno di quanto ci saremmo aspettati, proprio perché concentra gran parte della pellicola sulle relazioni ed interazioni dei personaggi. Sui loro distruggere i demoni del passato e liberarsi una volta per tutte dai fili che li tenevano ancora saldamente legati.

Al tempo stesso, però, non si rimane di certo a bocca asciutta a livello action. La pellicole funge da collante tra Civil War ed Infinity War e questo influisce tanto sui combattimenti quanto poi sull’andamento della storia.

recensione di Black Widow

Per quanto non tutto il compartimento di effettistica abbia lavorato in maniera impeccabile, spesso mostrando qualche sbavatura di troppo in CGI, le scene d’azione sono ad altissima tensione. In particolar modo lo scontro a Budapest, di cui avevamo visto una minima parte nei trailer, e la sequenza finale che regalerà brividi davvero molto intensi.

Dall’inizio alla fine non si ha tempo di respirare neanche per un minuto. I tempi morti sono ridotti allo zero. La pellicola vola quasi come se durasse metà del suo tempo previsto, coinvolge, diverte e soprattutto carica lo spettatore. Al tempo stesso lo trascina sul piano più intimo e profondo dei personaggi coinvolti, in modo particolare quello di Natasha.

Non nascondo un po’ di sofferenza nel rivedere Natasha sul grande schermo – così come vedere un film Marvel al cinema dopo un anno e mezzo di pandemia – e pensare che, in fondo, non tornerà più, provando un po’ di sensazioni contrastanti e pensando che, forse, questo film avrebbe trovato davvero più largo respiro tra Civil War ed Infinity War. Al tempo stesso, c’è da dire che il viaggio, il percorso che compiamo insieme a lei, il suo volere chiudere una volta per tutte gli irrisolti del passato, portandola ad uno stato di “pace”, come se adesso tutti i pezzi del puzzle fossero davvero al loro posto, conduce verso una consapevolezza maggiore di sé e del suo destino e ci fa vedere con degli occhi ancora più comprensivi, ancora più emozionati, il grande sacrifico compiuto in Endgame.

recensione di Black Widow

Tutto si posiziona esattamente dove dovrebbe essere e il futuro, con tutte le sue variabili, sembra essere più chiaro.

Peccato che questa chiarezza non venga completamente espressa nel personaggio di Taskmaster che, per quanto ci regali delle scene d’azione cariche di adrenalina, tensione da poter affettare con il coltello e scontri letteralmente ad alta quota, non riesce ad emergere completamente.

Si perde nei meandri di quella che ha più i contorni di un’origin story stand alone e le sfumature di un revenge movie, finendo con l’essere più un personaggio di funzione – e redenzione – che un villain vero e proprio.

Tre Vedove sono (ancora) meglio di una

recensione di Black Widow

La forza di questo film non risiede unicamente nei sentimenti che si, sono indubbiamente una parte centrale, e che aiuta anche a dare un certo tipo di ritmo grazie ad alcune dinamiche che si vengono a creare nel corso del film.

Dal momento più drammatico a quello più leggero, passando per quella tipica ironia che c’è tra sorelle o quando un membro della famiglia cerca di allentare e calmare gli animi quando la tensione arriva alle stelle. In questo caso è preziosissimo il contributo di David Harbour che, nonostante gli sbagli fatti in passato, non vuole più rinunciare ad un concetto di famiglia che, in fondo, gli era mancato più di quanto avrebbe mai immaginato.

Ma il suo è un personaggio quasi tenero, ironico senza essere grottesco e che funge anche di tanto in tanto da collante. Il classico padre o fratellone in una famiglia di sole donne dove, a volte, riuscire a trovare un punto di incontro non è affatto facile. Ed alcune battute di questo personaggio sono geniali, perché nell’ironia del momento ci dice che c’è un momento per tutto e per tutti, e che a volte quando non sappiamo di cosa stiamo parlando o non siamo partecipi di un determinato tipo di situazione perché ci è estranea per natura o per qualsiasi altro motivo, sarebbe opportuno restare in silenzio.

recensione di Black Widow

La vera forza di questo film è il trio.

Tre donne. Madre. Figlia. Sorella. Tre momenti diversi dell’esistenza. Tre sguardi differenti ma che nella loro complicità, nel sentirsi per davvero, dopo un lungo percorso fatto di consapevolezza, accettazione e perdono, parte integrante della stessa famiglia, pedine fondamentali per fare scacco e ribaltare le regole di un mondo che continua ad essere fin troppo crudele e violento con le donne, prendono in mano la situazione facendone da padrone.

La complicità tanto sul campo di battaglia quanto ad un tavolo a parlare è altissima. Empatia e coinvolgimento per il pubblico diventano un motore che rimbomba per tutto il film, senza mai perdere di un colpo. La sorellanza che unisce, che ci porta sullo stesso piano e che dovrebbe andare oltre qualsiasi confine, in quanto il nemico è comune a tutti noi e farsi la guerra a vicenda non fa altro che ingrassare e compiacere proprio il nemico da distruggere.

recensione di Black Widow

Straordinarie tutte e tre. Grandi attrici di cui sapevamo l’enorme talento, in particolar modo due più navigate come Scarlett Johansson e Rachel Weisz, ma ancora una volta la vera rivelazione si mostra essere Florence Pugh, una delle promesse più brillanti di tutto il panorama cinematografico internazionale.

Tutt’uno con i propri personaggi, discendiamo in un momento ancora più doloroso e violento della loro esistenza, ma al tempo stesso si legge il fuoco, il desiderio di rivincita, di ribellione e di vita che funge da simbolo alla lotta in cui sono impegnate milioni di donne nel mondo stanche di essere rinchiuse in un ruolo standard pre-deciso dalla società.

Abbattere gli stereotipi, la violenza, il patriarcato

recensione di Black Widow

Uno degli elementi che più colpiscono questa pellicola è sicuramente il suo richiamo all’attualità, al nostro mondo e al ruolo del donna, e il suo cambiamento, nel corso dei secoli.

Gli estremismi non sono mai una soluzione e spesso risultano nocivi tanto quanto gli stereotipi, eppure il ruolo della donna nella società, come essa viene inquadrata tanto dagli uomini quanto da altre donne con uno stampo mentale “antico”, continua ad essere campo di battaglia dove disparate, disperate e feroci diatribe si consumano ogni giorno.

Sembra essere più forte di noi: dobbiamo etichettare. Non riusciamo proprio ad entrare nell’ottica di nascere tutti uguali, con gli stessi diritti, con lo stesso valore, in quanto esseri umani. C’è sempre qualcosa che stona, che non funziona: la pelle, l’orientamento, la cultura, il sesso.

E la donna è vittima di sé stessa e degli altri. Nasce e cresce nella consapevolezza di dover combattere per qualcosa che gli spetterebbe di diritto e quando, come uno struzzo, tira fuori la testa dal buco, valanghe di insulti, minacce ed ingiurie piovono su di lei. Se sei troppo vestita sei una suora, troppo scollata una troia. Se lavori in un ambito “da uomini” verrai screditata e dovrai lavorare il doppio (spesso non basta neanche quello). Se hai avuto successo non è per merito ma per compromesso. Se hai voluto essere libera te la sei cercata. Se sei stata tradita è stata colpa tua. E se sei stata usata comunque colpa tua. E se vieni uccisa? È sempre colpa tua.

Black Widow riflette sulla colpa e sulla funzione del corpo e del ruolo della donna.

Funzione di piccole donne strappate dai genitori o vendute o rapite. Bambine che sarebbero state inutili, invisibili e dimenticate, trattate come oggetti, come armi. Piccole donne torturate, addestrate, private della loro fertilità, del loro futuro, del loro essere donne, del loro essere umani. Carne da macello per essere seviziata, smontata e manipolata. E se non sono forti abbastanza? Buone per la morte o per gli sporchi piaceri altrui. Oggetti senza anima, per cui non provare un briciolo di rispetto e empatia.

Nello sguardo di Natasha, Yelena, Milena si riflette questo dolore, questo orrore che non è semplicemente un film, è il grido di milioni di bambine, di ragazze, di donne nel mondo. È lo specchio di una realtà sulla quale si tende a far calare un velo, ma quando questo viene strappato, stracciato, bruciato è impossibile ignorare quanto avviene.

recensione di Black Widow

La Stanza Rossa, da questo punto di vista, rappresenta la pura essenza del patriarcato più becero, di quel maschilismo tossico alimentato dalla cornice della cultura dello stupro che fa talmente tanto parte della nostra società da non renderci conto che ne siamo tutti schiavi e succubi, uomini e donne. E presto o tardi tutti i personaggi, anche chi ne era complice, non possono più fingere di non vedere, di ignorare, devono reagire.

Mercato nero, tratta delle bambine e donne, prostituzione, manipolazione e lavaggio del cervello. Lo sfruttamento della donna, del suo ruolo che è talmente tanto conforme ad un’idea datata di pensiero che quando si “”pretende”” di volere qualcosa di più, o meglio qualcosa di uguale, ecco che le dita giudicanti si alzano, ecco che ci viene intimato di abbassare la testa, tornare al nostro posto. Ed invece no, non è così.

È un velo, un filtro, un virus che ci viene inculcato fin dalla nascita, come quando viene attribuito per forza di cose il rosa se è femminuccia e il blu se è maschietto. Perché non sta bene se non sei una signorina obbediente, con troppe pretese e voglia di parlare; così come non sta bene se sei un ragazzino che mostra i suoi sentimenti, che piange e che soffre.

Ed è impeccabile come tutto questo venga espresso con forza, violenza e sofferenza all’interno di questo film. Incredibile come il lavoro della Marvel nel cinema cominci ad avvicinarsi sempre di più all’ambito fumettistico e usi storie fantastiche come filtro, come specchio, per inquadrare, rappresentare, criticare il mondo completamente sbagliato nel quale viviamo.

recensione di Black Widow

Arrivati alla conclusione della recensione di Black Widow è indubbio non ritrovarsi di fronte ad un film perfetto o al migliore della Marvel; ma ci troviamo di fronte ad un film che aspettavamo, un film necessario per la stesse egemonia del MCU, dei suoi personaggi femminili (e non solo). La Fase 4 è caratterizzata da storie che vanno oltre il concetto di eroe o supereroe, oltre il concetto di poteri o di dei. Sono storie reali, di uomini e donne. Storie di chi ha perso tutto, di chi deve trovare il coraggio per tranciare gli ultimi film, di raccogliere i pezzi, rinascere dalle proprie ceneri.

Storia di cambiamento, di riflessione e rivoluzione. L’azione non soccombe, anzi resta comunque parte integrante di questo genere, ma si amplia, prende un respiro più grande e va a toccare corde diverse, più approfondite, più universali, più variegate e difficili.

Black Widow ne è la prova. È la prova di quanto il cinema sia fondamentale, sia importante per fare la differenza anche attraverso le storie di personaggi come quello di Natasha o come quello di Wanda. Di come la realtà superi sempre la fantasia e che, anche attraverso l’intrattenimento, possiamo cogliere spunti per cambiare, riflettere di più sul mondo in cui ci comportiamo, squarciare il velo e smettere di fingere di non vedere.

 

Black Widow vi aspetta al cinema dal 7 Luglio e su Disney+ in versione VIP dal 9 Luglio

 

 

80
Black Widow
Recensione di Gabriella Giliberti

Black Widow è un film che nonostante la distribuzione travagliata e un villain che non convince particolarmente, sa come sorprendere, emozionare e tenere agganciato lo spettatore allo schermo. L'interazione tra i personaggi, i sentimenti e risentimenti fanno gran parte del film che conferma l'intenzione della Fase 4 di andare più in profondità sulle psicologie dei personaggi. Il cast è perfetto e hanno un'alchimia fenomenale. Interessante come la Stanza Rossa diviene un modo per parlare di alcune problematiche che affliggono il nostro tempo, rendendo questo film stand alone davvero unico nel suo genere.

ME GUSTA
  • La tematica che mette al centro i sentimenti, la psicologia dei personaggi e la loro intimità, confermando ancora una volta la svolta più intima e meno "action" della Fase 4 dell'MCU
  • Johansson, Pugh e Weisz, trio perfetto ed incredibile
  • Interazione generale tra i personaggi che rendono il film molto ritmato
  • Sequenze action davvero adrenaliniche e coinvolgenti
  • Riflessione sociale sul ruolo della donna e sfruttamento di quest'ultima
FAIL
  • Un po' deludente l'uso che si fa di Taskmaster
  • CGI non sempre perfetta in alcuni punti del film (soprattutto all'inizio)
  • Sebbene in minima parte, risente dell'uscita posticipata e dopo prodotti come WandaVision o Loki
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