Oggi con la recensione di Le acque del Nord, rispolveriamo una della classiche rubriche di Lega Nerd, il NerdBookClub, e torniamo a parlare di libri.

The North Water è il titolo originale di questa opera dello scrittore Ian McGuire, uscita nelle librerie italiane nel 2018 e prossima ad una trasposizione sul grande schermo. Un libro di 288 pagine che stupirà ogni tipologia di lettore, dal classico e intramontabile fan di Melville fino al neofita che vuole approcciare una bella storia d’avventura e terrore.

 

Ho fatto errori in abbondanza.
Mostratemi un uomo che non ne ha fatti e io vi dimosterò che o è un santo o è un gran bugiardo. E nella mia lunga vita non ho mai incontrato molti santi.

Un uomo in fuga dai suoi fantasmi s’imbarca su una baleniera diretta verso il grande Nord non immaginando minimante che l’inferno può essere bianco come il ghiaccio artico. Patrick Sumner è un giovane medico che ha servito nell’esercito inglese durante l’assedio di Delhi, ma nel suo passato c’è un evento oscuro che l’ha costretto alle dimissioni e il cui ricordo lo perseguita. Rimasto senza un soldo e in fuga dai propri ricordi, decide di imbarcarsi come chirurgo di bordo su una nave baleniera, la Volunteer.

Subito si evince anche dalla copertina la tematica che si affronterà, un’illustrazione semplice, ma molto d’effetto che ci porta immediatamente al ricordo di Moby Dick e difatti in questo romanzo c’è tutto quello che qualunque lettore vorrebbe trovare: avventura, emozione, suspense.

Le acque del Nord è un thriller, un romanzo storico e di viaggio, un grande racconto che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina, la scrittura è cruda ed essenziale, a tratti quasi volgare, ma necessaria per trasportarci nel periodo storico della vicenda.

Si tratta di un libro in cui la violenza e la carnalità sono sempre in primo piano. In questo libro l’odore del mare, il puzzo di umanità e il sentore della paura ti accompagnano dall’inizio alla fine. Nonostante le tematiche sono vicine a quelle dei grandi autori del passato, come Melville, Dickens o Conrad, lo scrittore Ian McGuire non ne sente minimante la pressione e/o il confronto realizzando una grande opera.

Patrick Sumner chiede di essere imbarcato come chirurgo sulla Volunteer, una baleniera diretta verso il tratto di mare tra Canada e Groenlandia dove, si dice, ci sia ancora una grossa concentrazione di balene. Fin da subito la richiesta appare sospetta, non è chiaro il motivo per cui un giovane che dichiara di essere in attesa di ricevere una grossa eredità decida di passare le giornate con l’equipaggio di una baleniera che notoriamente non è tra i più rinomati. In realtà Sumner sta scappando dai ricordi della sua vita precedente, quando si trovava in India con l’esercito inglese. Ma il dottore non è l’unico ad avere segreti, c’è chi ne ha di peggiori e presto su una nave stipata di uomini rifiutati dalla società, si accorgeranno che il male può prendere forma umana.

Le acque del Nord è un romanzo che opera una riflessione profonda sulla cattiveria; una cattiveria a volte assoluta senza pietà, da cui non vi è scampo e che pervade tutti i protagonisti della vicenda. Trovare dei personaggi positivi è difficilissimo, potremmo azzardare semplicemente che è possibile scovare qualcuno che è un po’ meno spregevole degli altri, e in nessuno di essi è possibile alcun tipo di identificazione. L’avvicinarsi all’idea di Melville era un rischio molto alto, quasi calcolato come gli scrittori fantasy che devono mettersi alla prova di fronte a Tolkien, McGuire ne esce a testa alta donando al lettore uno spaccato di vita quotidiana (della vita di mare) quanto più cruda si possa ricordare. Una perfetta compenetrazione fra umani cattivi e natura crudele, senza tuttavia giustificare la malvagità dei primi con la necessità di combattere per forza la durezza della natura stessa. McGuire lascia poco all’immaginazione, come dicevamo il linguaggio è più che diretto quasi brutale, ma che rende perfettamente l’idea di un disagio e tensione all’interno di una baleniera di fine ottocento.

Le acque del Nord, è stato candidato al Man Booker Prize ed è stato insignito dell’etichetta di uno dei migliori romanzi dell’anno.
Ma perché è così sconvolgente? Innanzitutto il grande merito è di una buona narrativa di intrattenimento che è fondamentale su un libro d’avventura (tra l’altro super indicato per l’estate). La costruzione dei personaggi è molto ben articolata con delle descrizioni tipiche di questi romanzi che sfiorano il dettaglio, soprattutto se ci riferiamo alla baleniera. Esatto riprendere un tema così “importante” non era da tutti, ma McGuire è riuscito a non far sentire più di tanto il fiato sul collo di una certa balena bianca, è vero anche che qua si combatte contro questi grandi cetatacei, ma si tratto di uno sfondo alla vicenda, sfondo storico  tra i più infausti e sanguinari della storia dell’economia e del commercio internazionale.

Più volte abbiamo detto che è un linguaggio sporco e duro, il punto di forza senza dubbio di questo romanzo, uno scritto impietoso che non fa lo sforzo di cercare chissà quale morale (e per questo lo reputiamo un buonissimo testo di narrativa) non cercando nemmeno più di tanto lo sforzo di accaparrarsi il lettore con stratagemmi particolari.

La vicenda è lineare, anche semplice, ma sono le azioni e il modo in cui vengono raccontate che la rendono vincente.

Una storia che genera nel lettore un’infinita gamma di emozioni e soprattutto un’inesorabile ostinazione a non cessare mai la lettura fino all’ultima pagina. McGuire ha una capacità unica nel descrivere le ambientazioni, e la sua abilità sta nel farci vedere, in ogni protagonista, i lati oscuri del suo essere. Perché su quella nave, la “Volunteer”, nessuno è perfetto e tantomeno privo di colpe o istinti bestiali. Tornando allo sfondo che sono le balene, il rapporto con gli animali è molto importante in questa vicenda. Seppure appaiano indifesi e innocenti di fronte alla crudeltà umana (l’opposto della grande balena bianca di Melville) sarà la natura alla fine dei giochi a rivendicare con violenza la supremazia su un mondo umano privo di empatia.

L’ambientazione, soprattutto nella prima parte del libro, è chiusa e claustrofobica ed è determinante per rendere i personaggi così “violenti” e “impulsivi” si ritrovano in una prigione da cui è impossibile fuggire. Nessuno uscirà indenne da questa vicenda, che segnerà in modo indelebile anche chi, tra i protagonisti, riuscirà a raggiungere le ultime pagine del libro. Sulla “Volunteer” – e in generale in tutto il romanzo – esiste più che mai la legge dell’homo homini lupus. La vita dell’equipaggio è lo specchio nel quale si riflette l’essere umano quando è ridotto a non saper nemmeno più sperare e a non portare più rispetto nemmeno a se stesso. Non si tratta di un cammino nel ventre ripugnante delle bassezze dell’animo umano, ma molto peggio, il considerarle senza scandalo una questione di ordinaria esistenza e quotidianità. Proprio per questo più che Moby Dick, cui è stato accostato in maniera azzardata e impropria, possiamo definire in conclusione della recensione di Le acque del Nord un coltello che squarcia la membrana dell’animo umano portando a galla la banalità del male, un romanzo d’avventura che probabilmente è quanto di più attuale si possa leggere se contrapposto a ciò che l’uomo è in grado di fare.

91
Le acque del Nord
Recensione di Alessio Vissani

Il romanzo di Ian McGuire "Le acque del Nord" è un piccolo capolavoro basato sul classico filone alla Moby Dick: un thriller magnetico e dinamico, una storia angosciante, sporca che trascina il lettore in un crescendo di violenza e paura. Linguaggio duro e brutale con un finale più che inaspettato

ME GUSTA
  • Avventura avvincente dalle tinte horror
  • Balene, marinai e ghiacciai sono sempre una certezza in letteratura
FAIL
  • Un linguaggio talmente duro e brutale che forse non è per tutti