Sempre più organizzazioni criminali hanno scelto di puntare su Monero, una criptovaluta che offre un maggiore livello di privacy e anonimato.

Il Bitcoin è stato a lungo accusato di facilitare il riciclaggio di denaro e i traffici illeciti. Eppure, contrariamente alla convinzione generale, la criptovaluta non offre un pieno anonimato ed è facilmente rintracciabile. Conoscendo l’intestatario di uno specifico wallet, chiunque può ricostruire l’intero storico delle transazioni di una persona.

Abbiamo notato come le organizzazioni dietro agli attacchi ransomware si stiano spostando specificatamente su Monero. I criminali lo hanno capito: basta un errore banale per far sì che la blockchain possa venire usata per rivelare la loro identità

spiega Bryce Webster-Jacobsen, direttarore del thinktank GroupSense.

REvil, un team di criminali russo noto per diversi attacchi ransomware particolarmente brutali, dall’inizio del 2021 ha precluso alle sue vittime la possibilità di pagare in bitcoin. L’estorsione si paga esclusivamente in Monero. Se prendiamo DarkSide, il team dietro all’ormai celebre attacco contro Colonial Pipeline, notiamo invece un altro interessante fenomeno: la vittima può scegliere di pagare in bitcoin o in monero, ma se sceglie la prima valuta deve pagare un extra compreso tra il 10 e il 20%. Una vera e propria tassa, probabilmente per coprire i costi maggiori per riciclare il bottino.

Oggi i pagamenti dei riscatti in Monero sono compresi tra una forbice del 10-20%, ma secondo Justin Ehrenholfer, membro del team di developer della criptovaluta, il dato potrebbe raggiungere il 50% già entro la fine del 2021.

Monero nasce nel 2014 per iniziativa di un utente chiamato ‘thankfull_for_today”. La sua idea era quella di creare una criptovaluta concettualmente il più vicina possibile ai contanti e quindi dotata della caratteristica di infungibilità. A differenza della blockchain dei Bitcoin, quella di Monero non rivela in chiaro destinatario e mittente di una specifica transazione.