Una legge approvata dallo Stato della Florida di fatto impone ai social network una sorta di immunità per i politici candidati alle elezioni. Significa che un social come Facebook, sotto nessuna circostanza, può decidere di bannare un candidato ad una qualsiasi carica pubblica. Ora le due principali lobby del settore – ossia la NetChoice e la CCIA – hanno deciso di impugnare la legge per chiederne l’abrogazione.

Le due organizzazioni, tra gli altri, rappresentano titani del calibro di Amazon, Google, Intel, Samsung e Facebook.

Già da prima della sua approvazione, la legge era stata criticata aspramente e accusata di essere incostituzionale. Questo perché il primo emendamento della Costituzione USA, quello che sancisce la libertà di parola, garantisce anche un diritto alla discriminazione, e quindi a chi possa usare o meno i servizi di un’azienda. Ma non solo, più genericamente, una piattaforma – argomentano gli oppositori della legge – sotto il primo emendamento ha anche la libertà di scegliere quali discorsi ed opinioni accettare o meno.

La norma – nome ufficiale SB 7072 – prevede delle sanzioni molto onerose per ogni giorno di sospensione di un candidato ad una carica pubblica: si parla di oltre 200mila dollari al giorno nel caso in cui il politico bannato sia candidato ad una carica statale. La sanzione scende a 25.000$ al giorno per le cariche pubbliche locali.

Il divieto di ‘deplatforming‘ (così si chiama la pratica di rimuovere una persona o un’azienda da più social) vale anche per le testate giornalistiche. Curiosamente la legge prevede un un’unica importante esenzione: non è valida per le compagnie che gestiscano parchi tematici. Che sì, è un modo per non pestare i piedi a Disney, che con i suoi parchi Disneyland rappresenta un’importantissima fonte dell’indotto dello Stato.

Proprio questa esenzione viene citata anche dalla lobby NetChoiche, che ha definito la legge come un esempio di “capitalismo clientelare mascherato da protezione dei consumatori”.

Le due lobby dell’industria tech sostengono che la norma approvata dalla Florida sia anche in contrasto con la sezione 230 del Communication Decency Act, una legge federale, e quindi di rango superiore.