Il progetto Ai-Da diretto da Aidan Meller giunge al Museo del Design di Londra, sottoponendo al pubblico degli interessanti quesiti etici e filosofici sul come un‘intelligenza artificiale possa generare – o simulare – un principio di creatività. Il robot solleva con la sua esistenza una serie di quesiti sull’uso e l’abuso della tecnologia futura, creando uno spazio di dialogo e confronto attraverso cui determinare i valori della società stessa.
In senso stretto Ai-Da è una macchina dotata di due camere da presa innestate all’altezza degli occhi, finestre verso il mondo che trasmettono le immagini raccolte direttamente a un sistema di visione computerizzata interpretata da un algoritmo sviluppato dall’Università di Oxford.
La robot è quindi capace di percepire le persone che le si ergono in fonte, ma anche di percepire la propria immagine riflessa, quindi di destreggiarsi in abilità ritrattistiche che non replicano mai due volte lo stesso tracciato. Ogni opera è unica, partorita da un rapporto corale di tecniche che si incrociano: la programmazione, il disegno, la fotografia.
I dipinti dell’intelligenza artificiale sono ora stati selezionati ed esposti in una galleria del museo londinese, tuttavia non si può non sottolineare come le opere finali abbiano ricevuto un qualche aiuto da parte della mano umana, la quale ha dato degli ultimi ritocchi strategici.
Lo strumento non risulta di per sé particolarmente rivoluzionario, ma artisticamente anticipa il corso dei dubbi che certamente non mancheranno di tormentare curatori e collezionisti del futuro, nonché richiama quesiti a cui ancora oggi non abbiamo dato fornito definitive, quali il chi sia il vero autore quando molti tecnici collaborano per creare un progetto condiviso e semiautomizzato.
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