A caccia di tornado: il loro aspetto, come si formano e classificazione

Il tornado, insieme ad altri eventi atmosferici di un certo livello, incute paura da un lato, ma anche molta curiosità soprattutto dal punto di vista scientifico. Cerchiamo di comprendere al meglio come si formano, quali tipologie è possibile trovare in natura e come si muovono i cacciatori di tornado.

I tornado sono pericolosi fenomeni atmosferici che in meteorologia vengono chiamati anche trombe d’aria o turbine. In brevissimo, cosa sono? Sono dei violenti vortici d’aria che hanno origine alla base di una nube a forte sviluppo verticale, chiamata cumulonembo, e si sviluppano fino a giungere a terra.

Questi eventi così tremendi da un lato sono stati da sempre temuti, studiati, analizzati in diversi modi, c’è addirittura una sezione di scienziati e fotografi che si definiscono dei veri e propri cacciatori di tornado, ma andiamo a scoprire più in dettaglio cosa sono.

L’aspetto di un tornado

La tromba d’aria si presenta come un “imbuto” che si protende dalla base del cumulonembo fino al terreno o alla superficie marina. La tromba d’aria che si verifica sulla terra ferma (ciò accade nella maggior parte dei casi) solleva una grandissima quantità di polvere, detriti, rifiuti e quello che trova nel suo percorso che accompagnano il suo moto sino alla dissipazione.

Il diametro della base di un tornado è molto variabile con una stima approssimativa che oscilla dai 100 ai 500 metri, ma in casi molto eccezionali sono stati registrati dei tornado con diametro di base superiore a 1 km (come ad esempio l’EF5 di Oklahoma City).

Per quanto riguarda l’altezza di una tromba d’aria anche questa è molto variabile e possiamo riscontrarne da quelle più piccole di “soli” 100 metri fino ad arrivare a quelle da 1000 metri, in relazione alla distanza tra suolo e base del cumulonembo. Le trombe d’aria più violente tendono a presentarsi come imbuti con confini lineari, in generale i più deboli si presentano con una forma sinuosa che si assottiglia progressivamente con l’inizio della dissipazione.

Classificazione e distruttività

La distruttività di un tornado è calcolata in base alla sua durata, velocità e intensità dei venti. Le trombe d’aria più distruttive vengono generate da alcune supercelle, cumulonembi mesociclonici di enorme intensità che si sviluppano tipicamente in determinate zone geografiche (la media più alta di zone in cui si trovano i tornado sono gli Stati Uniti), dove le condizioni atmosferiche sono così intense (elevato windshear, forti correnti a getto in quota, grande differenza di valori igrometrici tra suolo e quota e contrasto termico elevato tra masse d’aria coinvolte) da generare tempeste di estrema potenza.

Una tromba d’aria mediamente ha una vita breve (ma con un impatto devastante) con una durata che oscilla dai 5 ai 15 minuti, ma in alcuni casi, in relazione alla sua intensità, può arrivare a durare anche più di un’ora. La velocità di spostamento della tromba d’aria è ovviamente variabile durante il percorso ed è compresa tipicamente tra i 30 e 100 km/h. Una volta formati, sono in grado di percorrere centinaia di chilometri, generando venti capaci di raggiungere velocità pari a 500 km/h.

Ecco quindi cosa sono i tornado. Vediamo ora come si calcola la pericolosità di tale fenomeno meteo.

La distruttività di una tromba d’aria è calcolata in base a durata, intensità e velocità del fenomeno e dei relativi venti. I tornado sono tutti pericolosi e in base a queste caratteristiche vengono classificati per grado di distruttività del fenomeno, da F0 (debole) a F5 (catastrofico). Fenomeni simili ai tornado sono le trombe marine e i turbini di polvere. L’Italia, fortunatamente, a livello mondiale non è un paese con un’alta incidenza di simili fenomeni. Nella cultura di massa, le trombe d’aria hanno sempre attirato l’attenzione di appassionati e curiosità.

La scala con la quale si classificano i tornado è Fujita e prende il nome da T. Theodore Fujita, un professore dell’Università di Chicago. È stata introdotta nel 1971 e classifica i tornado in base agli effetti che produce all’ambiente, agli edifici e ad altre infrastrutture o manufatti costruiti dall’uomo.

La lettera F che si trova nella classificazione dei tornado è quindi riferita alla scala Fujita

La scala in origine prevedeva dodici categorie di tornado che coprono l’intervallo fra il 12° grado della scala Beaufort e la velocità del suono (Mach 1). Poiché si presuppone che nessun tornado avrà mai una velocità del vento superiore a 512 km/h (277 nodi) vengono in pratica utilizzati soltanto i primi sei gradi (F0-F5) della scala.

La scala Fujita

A caccia di tornado

Le caratteristiche climatiche e topografiche uniche degli Stati Uniti d’America generano ogni anno oltre un migliaio di tornado, un numero praticamente superiore a più del doppio di ogni singolo altro paese.
All’incirca metà dei quei mille si scatenano in primavera nelle aree delle Grandi Pianure, ed è proprio in quelle terre che i fanatici dei fenomeni meteorologici arrivano in massa nella Tornado Alley a bordo di veicoli accessoriati con radio, computer, macchine fotografiche di ogni tipo per poter documentare un evento straordinario.

I tornado sono particolarmente legati alla stagione primaverile, ma possono avvenire in ogni periodo dell’anno. Il contrasto tra l’aria calda con quella fredda aiuta a fornire l’energia necessaria e sicuramente un ulteriore aiuto è dato dai venti che soffiano in quota da diverse direzioni rispetto ai venti che spirano in superficie, fattore che contribuisce a darne il moto rotatorio necessario.

Tornando invece ai nostri cacciatori insieme a tutto il materiale tecnologico portano con sé anche una gran dose di speranza che li aiuti a beccare quell’unica probabilità su venti che la supercella inseguita si trasformi effettivamente in un tornado. La Tornado Alley comprende i territori dal Texas al nord delle Grandi Pianure, qui l’aria calda e umida del Golfo del Messico si scontra con quella fredda e secca delle Montagne Rocciose, dando luogo a un forte wind shear e a instabilità atmosferica, degli elementi chiave per la formazione dei temporali che danno luogo ai tornado. Purtroppo la caccia al tornado è imprevedibile e anche i più esperti studiosi possono morire nell’inseguire un evento atmosferico così straordinario. Fece scalpore proprio per questo motivo la tragica morte dello storico collaboratore di National Geographic Tim Samaras, insieme a suo figlio e ad un compagno di viaggio durante il tornado EF5 di El Reno. Il 31 maggio del 2013 nell’Oklohama un temporale generò un tornado tra i più violenti di sempre con dei venti che raggiunsero i 480 km/h ed una larghezza mai misurata prima nella storia: 4,2 km di diametro. Nelle vittime di quell’evento ci furono diversi membri della troupe di ricerca Twistex: il fondatore Tim Samaras, il figlio Paul Samaras e un collaboratore Carl Young.

Tim Samaras il cacciatore di tornado

Tim Samaras oltre ad essere un ingegnere molto affermato, fu un ricercatore molto attivo sul campo della meteorologia: grazie ai suoi studi e alla sua passione riuscì a creare il primo strumento in grado di fotografare un’immagine a 360° dall’interno di un tornado e una macchina fotografica dalla capacità di 1 milione di fotogrammi al secondo per poter catturare ogni singolo dettaglio di un fulmine.

L’auto nella quale viaggiavano fu trovata a 800 metri dalla traiettoria delle tempesta e nella ricostruzione degli eventi probabilmente è stata risucchiata da un vortice secondario scaraventando Paul e Carl fuori della vettura mentre Tim è rimasto bloccato dalle cinture di sicurezza morendo nell’impatto.

Ma quali sono le fasi di formazione?

  1. Wind Shear: venti veloci in quota scorrono su venti al suolo più deboli in direzione opposta, creando un vortice orizzontale.
  2. Corrente ascensionale: Riscaldata dal sole, l’aria vicina al suolo comincia a sollevare una sezione del vortice orizzontale
  3. Temporale: il vortice più intenso dei due creati dalla corrente ascensionale diventa il cuore del temporale. L’altro si esaurisce.
  4. Supercella: i venti in quota “piegano” la corrente ascensionale rotante, il mesociclone. Ciò favorisce lo sviluppo del temporale, che risucchia aria calda dal suolo lontano dalla corrente discendente fredda.

Supercelle: cosa sono?

Abbiamo ormai capito che i più grandi, intensi e lunghi temporali hanno dei compagni quasi indivisibili: le “Supercelle”. Queste hanno la capacità di produrre grossi tornado, delle fortissime grandinate, aggressive raffiche di vento o piene improvvise, che sono un pericolo in ogni temporale. Questi temporali sono caratterizzati da venti in rotazione che salgono lungo la nube e vengono chiamati mesocicloni. Alcune caratteristiche generali aiutano a identificare le Supercelle da lontano.

L’aria che sale nella nube a una velocità di 300 km/h, contribuisce a dargli l’aspetto di un cavolfiore assumendo una rotazione mentre sale

Tutto questo dona alla nube un aspetto spiraliforme. In cima alla nuvola si crea come una specie di cupola. I tornado, specialmente quelli grandi, usualmente scendono dalle Supercelle nei pressi del bordo, nell’area dove non ci sono precipitazioni. Questa zona è posta sotto la nube. Milioni di piccole goccioline e cristalli di ghiaccio, il cui insieme è ciò che viene chiamato nube, nascondono molte delle manifestazioni che avvengono all’interno di una supercella. La forma della nube però ci aiuta a capire cosa succede all’interno. La colonna d’aria che sale ruotando, il mesociclone appunto, è il cuore della supercella. Il mesociclone fa la differenza tra i temporali capaci di formare un tornado e di quelli invece comuni, di “debole” intensità che rimangono dei semplici fenomeni temporaleschi.

Come ogni temporale, anche la supercella necessita di aria calda e umida nella bassa atmosfera, unita ad aria fredda in alto e una spinta proveniente dal suolo verso l’alto. Spesso questa spinta verso è semplicemente aria surriscaldata che sale, chiaramente perché più leggera dell’aria circostante. L’aria calda sale rapidamente quando l’aria circostante è fredda.

Più grande è il contrasto di temperatura più spinta e quindi energia ha l’aria che sale.

Il vapore acqueo ascendente condensa in goccioline che possono trasformarsi in cristalli di ghiaccio, rilasciando del calore che si somma all’energia del temporale. Tutti i temporali di questo tipo sono alimentati dal contrasto di temperatura e dal calore latente rilasciato dall’umidità che si condensa. Per diventare una supercella, un temporale ha bisogno di venti forti provenienti da diverse direzioni a partire dal suolo fino alle quote superiori.

La giusta combinazione tra velocità e cambiamento della direzione dei venti dall’aria che sale, provoca il moto rotatorio di un mesociclone. All’interno della nube si crea un complesso modello di aria che sale e scende in cui le gocce di pioggia e grandine sono mantenute sospese all’interno dell’aria che ascende. I normali temporali si spengono spesso in meno di mezz’ora quando la pioggia cade sopra l’aria calda che sale. Questo infatti esaurisce il rifornimento di energia dato, appunto, dall’aria calda in salita.

Le Supercelle possono durare per ore, muovendosi addirittura per centinaia di km e il moto rotatorio dell’aria che sale in un mesociclone aiuta a dare al tornado più energia. Lo studio dei tornado è in continua evoluzione e ancora si stanno cercando di comprendere al meglio i complessi meccanismi che ne governano la nascita e il suo sviluppo. Tornando ai numeri sappiamo che l’aria che sale in un mesociclone a velocità più elevate di 300 km/h è responsabile della forma a cavolfiore della supercella.

Infatti ogni nube che ha questa forma ha veloci correnti ascendenti, sebbene probabilmente non così veloci come in una supercella. Come l’aria sale, essa raffredda provocando la condensazione dell’aria umida in piccolissime goccioline. Queste goccie riflettono molta luce, dando alla nube un aspetto compatto e solido.

In generale le Supercelle sono meglio osservate nelle grandi pianure degli Stati Uniti dove l’aria è più umida e c’è più foschia. Ma qual è il miglior punto per osservare le Supercelle: senza dubbio sicuramente dagli aeroplani. I piloti ovviamente se ne tengono alla larga, considerando che molti jet volano ad altitudini tra i 9 e i 12 km di altezza e le cime di una supercella possono essere tra i 15 e i 18 km.

Dall’interno di un aereo si può spesso osservare la supercella che supera in altezza le nubi circostanti. Da questa visuale sembrano innocue a meno che non si riconosca cosa rappresenti quel tipo di nubi per l’evoluzione del tempo in superficie: tornado e forti grandinate.

 

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