Il panorama dipinto da Pat Gelsinger, CEO di Intel, è terribilmente fosco: tutte le industrie tech continueranno a subire rallentamenti negli approvvigionamenti dei chip almeno per “un paio di anni”. L’informazione giunge in coda a un importante summit tenutosi alla Casa Bianca, occasione in cui le più grandi aziende coinvolte nella crisi dei semiconduttori si sono confrontate con il Governo USA.
Che la situazione fosse complessa si era evinto ormai da tempo, che le cose non si sarebbero riassorbite immediatamente, pure. Detto questo, bisogna forse prendere le parole di Gelsinger con un certo distacco, contestualizzarle in relazione al momento che sta vivendo l’azienda tech da lui guidata.
Intel è tra i più importanti produttori di chip degli Stati Uniti e recentemente ha annunciato un massiccio piano di investimenti da 20 miliardi di dollari, piano che ha l’obbiettivo di espandere le potenzialità delle fonderie della ditta e di iniziare a produrre semiconduttori anche per aziende terze, probabilmente automobilistiche.
Non solo, Intel e le altre ditte omologhe stanno facendo grosse pressioni perché il governo statunitense aumenti in maniera sensibile gli aiuti economici a quelle ditte che puntano sul potenziamento della fabbricazione di microcomponenti, aiuti attualmente stimati per 50 miliardi di dollari. In pratica, Gelsinger ha solo da guadagnarci nel gettare un po’ di benzina sul fuoco.
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