Nel tentativo di portare avanti una manovra politica competitiva, gli Stati Uniti hanno imposto un ban ai telefoni e alle tecnologie di Rete di Huawei, tuttavia i risultati ottenuti potrebbero avere le gambe corte e un simile sgambetto potrebbe danneggiare gli interessi USA, sul lungo periodo.

Non solo gli Stati Uniti si sono mossi in prima persona, ma hanno anche convinto diversi leader europei ad aderire a loro volta all'”embargo”, spesso mettendoli davanti a un atlantismo dai toni radicali. Il risultato è che Huawei si mostra nei report finanziari come un’azienda che, seppur ancora in crescita, risulta effettivamente fiaccata da una manovra draconiana cha è stata invocata con il pretesto alla lotta al cyberspionaggio.

Huawei e la Cina non hanno tuttavia intenzione di restare ferme a guardare e stanno già pianificando una strategia con cui reagire al ban. Nello specifico, il Governo cinese ha deciso di investire con decisione sul settore manifatturiero dei chip, così da poter produrre i suoi device elettronici senza doversi appoggiare a Taiwan o agli USA, ovvero i principali produttori di semiconduttori.

L’Amministrazione Xi Jinping ha quindi grandemente ampliato i fondi annuali a disposizione per il progetto Made in China 2025, confidando di raggiungere nell’arco dei prossimi tre anni un’indipendenza tecnologica del 70 per cento.

Non solo, questa settimana la Cina ha annunciato di voler abbassare le tasse sulle importazioni di materiali grezzi e chip necessari all’industria tech, così da fomentare il settore e velocizzarne gli sviluppi tecnici ed economici.

Di fatto, suggeriscono diversi report, la “vittoria” ottenuta dagli Stati Uniti non sarebbe altro che una vittoria di Pirro, con le pressioni imposte al gigante orientale che potrebbero trasformarsi in uno stimolo che spingerà la Cina verso un’accelerazione tecnologica.