È arrivato il momento tanto atteso: dopo oltre tre anni finalmente possiamo scrivere la recensione di Zack Snyder’s Justice League, l’ormai celebre Snyder Cut, il film tanto chiesto dai fan di tutto il mondo, da Snyder stesso e al centro di quella che potremo definire una social action senza precedenti.
La storia è lunga e per molti di voi che state leggendo queste righe è iniziata con un paio di baffi che proprio non potevano andarsene. Quella primissima – orribile – scena di Justice League (2017) che ha fatto partire tutti col piede sbagliato. Non che poi il percorso successivo a quella scena fosse tutto rose e fiori. Ogni valanga comincia con una piccola palla di neve che rotola giù dalla cima. E in questo caso, la valanga che si è poi formata ha assunto proporzioni molto grosse.
In realtà tutto è iniziato con un disegno, ampio, complesso e ambizioso di Zack Snyder, cominciato nel 2013 con Man Of Steel e continuato su Batman V Superman – Dawn Of Justice, che successivamente si sarebbe dovuto completare con Justice League. Un disegno che è stato purtroppo stroncato da una tragedia famigliare immensa, la morte di Autumn, la figlia di Zack Snyder, proprio quando il film di cui mi appresto a parlare era stato girato e bisognava passare alla fase successiva.
Dopo la disgrazia e l’allontanamento forzato di Snyder, molto rapidamente Warner incaricò Joss Whedon di assumere il comando del timone, dopo un ruolo più marginale di co-sceneggiatore e il risultato, come era in effetti lecito aspettarsi, fu un disastro. I due registi, distanti per linguaggio ed estetica, difficilmente potevano essere coniugati ad un punto così avanzato di realizzazione del film e il Frankenstein che ne è uscito ha fatto arrabbiare un po’ tutti, per diversi e validi motivi.
Ve lo ricordate quel cartello vicino al senzatetto all’inizio del film del 2017? Quella frase – I tried – che suonava quasi come una scusa anticipata per un film scadente e pieno di punti deboli.
La storia poi la sapete: internet e i social hanno il potere di ingigantire le reazioni e di rendere incredibilmente rapide le azioni conseguenti.
Il movimento #releasetheSnyderCut è diventato un hashtag virale e centinaia di migliaia di persone hanno invocato la restituzione del progetto a Zack Snyder, arrivando in alcuni (troppi, secondo l’umile parere del sottoscritto) casi a diventare una personale crociata.
E alla fine la Snyder Cut è diventata realtà; nel corso dell’ultimo anno abbiamo assistito ad un continuo fermento di news, rumors, aumenti di budget da parte di Warner (oltre ai 300 milioni già spesi parliamo di più di 70 milioni aggiuntivi, budget sufficiente per realizzare almeno due buoni film), fotografie ecc.
Sono onorato di poter scrivere la recensione di Zack Snyder’s Justice League perché da qualunque punto di vista lo si guardi è un grande evento, un’occasione mai realmente accaduta prima, quantomeno con queste proporzioni.
Ma ne sono anche preoccupato, perché i toni, sempre esasperati tipici dell’internet di oggi, si sono esacerbati sempre di più, con insensati litigi sui social, minacce da parte dei sostenitori più estremisti e insulti da parte dei detrattori (e viceversa). Uno scenario ridicolo, considerato che stiamo parlando di supereroi in tuta di spandex che combattono improbabili alieni che vogliono conquistare la Terra. Per fiction, non per davvero, eh, magari a qualcuno era sfuggito questo dettaglio.
Non mi ci voglio nemmeno soffermare su questo aspetto, mi basta un bel respiro e un “su, su e via” (up, up and away) come il mio amico azzurrone di casa DC Comics mi ha sempre insegnato.
La recensione di Zack Snyder’s Justice League deve partire da qui: questo film con quello del 2017 c’entra davvero gran poco.
Se la storyline è rimasta fondamentalmente la stessa e possiamo più o meno considerare che nella Snyder Cut troviamo un buon 25% di scene già viste nella precedente versione, la durata, il tono, la messa in scena, molti dialoghi e – soprattutto, tenetelo a mente – le connessioni sono davvero lontanissime da quell’erroraccio di quattro anni fa.
Il film inizia con la tragica morte di Superman vista in Dawn Of Justice che, oltre a colpire tutti per il profondo significato simbolico che reca con sé (la caduta degli dei), risveglia qualcosa nell’universo. Questa eco di morte giustifica l’arrivo di un potente nemico sulla Terra, in cerca di un tesoro nascosto e finora trattenuto dalla forza del kryptoniano, per dare vita ad una catastrofe preannunciata da Lex Luthor che porterà Batman a riunire i più potenti super esseri del pianeta, Diana Prince alias Wonder Woman, Arthur Curry alias Aquaman, Barry Allen e Victor Stone.
Anzi, più che di un tesoro parliamo di una minaccia a lungo sepolta, persa nel mito dell’antichità. Esistono tre scatole madri, degli apparati sviluppatissimi che possono accelerare la creazione, la vita stessa fino a diventare degli strumenti di annientamento apocalittico, custodite dal popolo degli uomini, degli atlantidei e delle amazzoni.
What’s good?
La recensione di Zack Snyder’s Justice League è un confronto che va misurato ai punti, alla fine di queste quattro ore, come un incontro di boxe. Colpo su colpo per vedere quanto e come le qualità della Snyder Cut superino i difetti del precedente tentativo.
Non ne voglio fare una mera questione aritmetica, ovviamente, ma sono certo che dividere le mele (molto) buone da quelle che nella cesta hanno delle imperfezioni o non sono buone per niente ci aiuterà davvero a comprendere il significato di questa operazione.
Steppenwolf, finalmente un vero cattivo
L’arrivo di Steppenwolf, con il suo nuovo design più brutale, dotato dell’armatura spinata già vista nei trailer e nelle immagini promozionali, assume un significato più logico, motivato.
Finalmente il personaggio ha una personalità e una ragion d’essere; è ancora più violento ed implacabile e soprattutto ha una motivazione ben spiegata che lo collega al sovrano di Apokolips, quel Drakseid che era stato solo appena accennato in passato e che invece sarebbe dovuto essere la chiave dello Snyderverse.
Steppenwolf smette di essere una marionetta senza una forma specifica e guadagna un ruolo importante, grave, del tutto coerente con lo spirito del film e della minaccia che rappresenta nel lungometraggio.
Se il gigante cornuto in cerca di redenzione spaventa assieme ai suoi parademoni, gli scorci che abbiamo su Darkseid sono ancora più inquietanti perché – non serve conoscere i fumetti DC e i Nuovi Dei di Jack Kirby per rendersene conto – è chiaro come il sole che ci troviamo di fronte ad un nemico del tutto assimilabile al tremendo Thanos della concorrenza.
L’armatura spinata di Steppenwolf da un tocco di violenza in più, così come il parziale re-design dei connotati. L’esule di Apokolips mena come un fabbro, senza troppa tecnica, con cattiveria e voglia di far male (gli scontri con le amazzoni e gli atlantidei rendono bene l’idea). Fa il suo dovere, insomma.
Steppenwolf è un cattivo vero, motivato e con un peso importante sulle spalle, che fa esattamente tutto quello che ci aspetta da un villain di calibro. È prevedibile negli atteggiamenti e nei dialoghi, è nel clichè di ruolo, ma sostiene gli sforzi degli eroi contrapponendosi a loro. Bene quindi.
Un Cyborg per amico
Victor Stone assume un ruolo assolutamente più ricco e argomentato, diventando forse l’eroe principale dell’intero Zack Snyder’s Justice League. Il personaggio è raccontato nei dettagli, assistiamo alla sua “nascita” e vi è un buon approfondimento della sua psicologia e dei traumi che lo portano ad isolarsi dal mondo. E con lui anche la figura del padre Silas ne guadagna, assumendo un ruolo più centrale e definito.
Victor tiene testa a Bats e Wonder Woman quanto a presenza, i suoi interventi freddi e all’apparenza distaccati lo rendono più epico e decisivo e in combattimento lascia la sua impronta.
Nella parte finale diventa protagonista quasi assoluto e quello che si trova nella sua mente, mentre è connesso con le scatole madri, funge da ponte di collegamento con quanto visto in precedenza e con quanto si sarebbe potuto verificare in futuro (ipotesi ormai del tutto sfumata).
È un Victor Stone nuovo, più cupo, meno incline alle buddy-gag con Flash e più coerente. Bene anche qui, insomma.
Corri Flash, corri!
Se pensavate che le battutine di Barry Allen fossero tutte frutto dell’intervento di Joss Whedon, vi sbagliate di grosso, anzi posso dire che ce ne sono pure di inedite. Lo sviluppo del personaggio di Flash tuttavia è una parte importante della recensione di Zack Snyder’s Justice League e sicuramente è una delle modifiche più riuscite, al netto anche di alcune forzature.
Non voglio difendere Whedon né prendere parte in alcun modo alla discussione su chi e come abbia creato il danno del precedente film, ma di certo è innegabile, a questo punto, che l’attitudine scanzonata e “leggera” di Barry Allen fosse nei pensieri di Snyder già dall’inizio. Con buona pace per quelli che puntavano il dito.
Ma Flash gode di alcuni momenti di grande impatto nel film ed è a dir poco fondamentale nella riuscita di entrambi i (folli) piani della neonata League per sventare l’invasione di Steppenwolf (la resurrezione di Supes e il piano finale).
L’umorismo di Barry assume quindi una prospettiva nuova, si rimarca il suo bisogno di essere circondato da amici e il suo atteggiamento umoristico diventa una maschera che copre delle forti insicurezze.
Ma il velocista scarlatto, in questa Snyder Cut, è certamente molto più ardimentoso e “capace”, finendo per avere solo un paio di momenti un po’ bassini e riprendendosi alla grande.
Up, Up and Away: Supes, Bats e Aquaman
Anche i nostri “pezzi grossi” del film guadagnano punti, anche se in modo diverso.
Per quanto riguarda il beniamino di casa DC, Superman, nonostante trascorra parecchio tempo prima di vederlo entrare in scena (passano quasi tre ore), bisogna ammettere che il suo impatto è notevole.
Le scene chiave restano nel nuovo montaggio ma si aggiungono molti particolari che ce lo fanno apparire assolutamente più coerente e consapevole del suo ruolo, non più mascotte dei più giovani e rassicurante eroe che trasmette una sensazione di sicurezza assoluta. Supes è forte, minaccioso, inarrestabile e non ci sono baffi ricoperti alla meno peggio. Scusate, è più forte di me.
Il costume nero che tanto ci ha fatto sognare non è particolarmente fondamentale, anzi, credo sia piuttosto didascalico nell’esprimere lo status dell’eroe che torna dalla tomba e che deve salvare la situazione e l’effetto scenico è meno impattante di quello che avrei immaginato.
Il costume nero che tanto ci ha fatto sognare non è particolarmente fondamentale, anzi, credo sia piuttosto didascalico nell’esprimere lo status dell’eroe che torna dalla tomba e che deve salvare la situazione e l’effetto scenico è meno impattante di quello che avrei immaginato. Ma va bene così, è un Superman interessante che esprime tutto il suo potenziale di “alieno più umano degli umani”, di vero difensore della Terra.
Il signore dei mari Aquaman fortunatamente perde diverse battute ignoranti che gli avevano cucito addosso nel precedente Justice League, risultando più quadrato. Ha il ruolo pieno di bad-ass e di sex symbol, inoltre il taglio netto di alcune tipiche Whedon-gag (ricordate la scena del lazo della verità?) e l’aggiunta di pezzi importanti per chiarire il suo retaggio e la sua origine (importante il dialogo con Vulko – Willem Dafoe) gli restituiscono un po’ della dignità che merita. E finalmente può essere senza problemi il buon schiaccia-sassi-stermina-parademoni utile nell’economia della narrazione. Senza altro.
Batman è un discorso un pochino a parte. Con la crescita di Cyborg e di Flash sulla carta avrebbe dovuto perdere qualche punto e invece riesce a sviluppare una centralità che prima aveva finito per confondersi del tutto. Non riesce solo a mettere assieme la Justice League ma la guida, la ispira addirittura. Nell’idea di Snyder, Batman è un uomo che trascende i limiti dell’umanità e si fa carico di una responsabilità gigantesca, anche a costo di apparire cinico e ossessionato. Mantiene tutta la lucidità che è propria della sua controparte fumettistica e finisce per essere un natural born leader. Che poi è quello che abbiamo sempre chiesto tutti per un Batman parte di una squadra di essere semi divini.
In definitiva tutti i personaggi ne hanno guadagnato in approfondimento, psicologia, utilità e centralità di ruolo nella squadra e si sono ricavati uno spazio (da eroi) degno del loro titolo.
Tanti puntini da collegare
Dove Zack Snyder’s Justice League fa oggettivamente piuttosto bene è nel collegare tutti i riferimenti dei precedenti film con easter egg, dettagli e spiegazioni importanti.
Si, signori, mi riferisco proprio alla famosa scena del sogno di Bruce Wayne con l’arrivo di Flash di Dawn of Justice e non solo. Zack Snyder mette in pratica quello che aveva sempre affermato e cioè il gran disegno di un universo cinematografico coeso ed espanso. D’altronde, solo lui poteva riuscirci.
Il nuovo film riprende scene e frame da Man of Steel, fa pace con alcuni punti più o meno oscuri di Dawn Of Justice e riesce ad aprire nuove interessanti porte verso il futuro espansionistico del super team.
Un futuro che non si realizzerà mai però.
Zack Snyder ha affermato che il suo Justice League sarà l’ultimo film che realizzerà per Warner DC.
Il sogno si ferma qui, rimane un dolce pensiero di quello che poteva essere e non sarà. A meno di chissà quale miracolo.
So…what’s wrong?
Non ci sono solo luci in questo progetto unico nel suo genere e la recensione di Zack Snyder’s Justice League deve essere molto chiara ed obbiettiva a riguardo.
La Snyder Cut non è solo il desiderio forte dei fan di vedere realizzato un progetto come si deve nel bistrattato universo cinematografico DC, ma anche un fortissimo istinto di possesso da parte di Snyder stesso che ha voluto riprendersi ciò che gli apparteneva, per riscattarsi dalle tante critiche ha sempre subito (davvero non ricordo un progetto di Zack Snyder che non sia stato afflitto da pesanti critiche alla sua visione e cifra stilistica).
Quando dico rallenta, non intendo ogni 5 minuti.
Ed è proprio da questa cifra stilistica che partiamo: se è vero che le scene molto epiche e ricche di pathos in slow motion sono un marchio di fabbrica del regista americano, non si può non riconoscere il fatto che in Zack Snyder’s Justice League se ne sia abusato.
Nella prima ora c’è uno slow motion per tutto: Superman che muore gridando di dolore, Wonder Woman che ferma proiettili, Wonder Woman che sorride a delle bambine, Aquaman che cammina o nuota, Bruce Wayne che osserva l’orizzonte in cerca di Arthur Curry, Lois Lane che guarda il frigorifero con aria triste.
Non li ho contati in tutto il film, ma sono certo che ridimensionandoli il lungometraggio avrebbe avuto un andamento decisamente più scorrevole.
Quand’è che il proprio marchio di fabbrica diventa un’ossessione? Quand’è che una bella trovata diventa così ridondante da risultare a tratti stucchevole? Si poteva farne a meno? Onestamente, anche si, soprattutto in considerazione dei grandi miglioramenti ottenuti coi personaggi.
Capiamoci, nessuna di queste sequenze mi è sembrata realizzata male, ma credo fortemente che si sia esagerato con la quantità e la frequenza delle stesse. Per fare un esempio, come quando nella musica alcuni virtuosi della chitarra si lasciavano andare a lunghissimi e complessi assoli che nell’ottica del pezzo generale risultavano fuori posto e quindi venivano prontamente ridimensionati da lungimiranti produttori. In questo caso abbiamo uno Snyder a briglia sciolta, senza nessuno che gli dica “Zack, fermati un attimo che si sta rompendo qualcosa”.
A qualcuno si è rotto l’orologio
E l’effetto di questa mancanza di controllo si avverte anche nella durata del film: oltre quattro ore.
Tanto, tantissimo per un film di supereroi con una trama non particolarmente complessa ed elaborata (aspetto questo che non è certo migliorato in questa versione ma che va a braccetto con praticamente tutti i cinecomics supereroistici moderni).
Ho sofferto la prima ora, in cui Snyder ha inserito molte parti che narrativamente non aggiungono praticamente quasi niente alla storia, ma alzano il counter del minutaggio. L’impressione che ne ho ricavato è che veramente Snyder si sia attaccato ad ogni singola scena girata, andando a recuperare anche i file che aveva già trasferito nel cestino del suo computer.
Affetto, orgoglio, voglia di dimostrare qualcosa, chiamatela come volete.
Perché si, un’ora o anche solo quarantacinque minuti in meno, non avrebbero fatto male ad un film che dopo un po’ fa sentire il suo peso.
Tutto viene spiegato, per bene, e non ci sarebbe nulla di male se il minutaggio finale fosse un po’ più leggero. A me piace quando narrativamente si lavora di sottrazione, facendoci intuire le cose senza mostrarcele esplicitamente, ma grazie alla qualità dello storytelling. E qui non accade. Siamo invitati ad un bacchetto in cui c’è tutto e di più, dove troviamo l’aragosta e poco dopo anche la pizza surgelata. E se gusto una buona aragosta alla catalana, magari della triste pizza in scatola faccio anche volentieri a meno.
Se da un lato sono molto felice di aver potuto dare uno sguardo ad Apokolips e a Darkseid (e non solo!), o di aver approfondito alcuni personaggi come Silas Stone e gli stessi Barry e Victor, dall’altro non posso nascondere che un film diviso in sette capitoli più epilogo con numerosi momenti non necessari alla fine si fa pesantino. Sembra che, una volta esaurita l’utilità narrativa di una determinata scena, Zack Snyder faccia fatica a fermarsi, spingendosi sempre un po’ troppo in là.
E io che credevo che less is more fosse ancora un motto in voga.
Vi faccio un esempio: vi ricorderete certamente il primo confronto tra Arthur Curry e Bruce Wayne ad inizio film. Quando i due si congedano nella versione 2017 vediamo Aquaman nuotare via molto velocemente, rifiutando l’aiuto al pipistrello di Gotham. In Zack Snyder’s Justice League la scena, che ha lo stesso esito, è accompagnata da un lungo canto in islandese che gli abitanti della baia intonano per il loro salvatore. E la cosa dura ben un minuto e trenta secondi di primi piani su Bruce, sull’acqua e sulle abitanti. Eccessi del genere si ripetono molto spesso e sommati gli uni agli altri generano un discreto mattoncino da digerire. Come quando esageri e metti troppi ingredienti sulla pizza e la notte, beh, ci siamo capiti.
Un conto è il pathos, la voglia di approfondire e contestualizzare, un conto è voler inserire tutto (ma proprio tutto) quello che si è girato in precedenza.
Un prodotto pop come Justice League ha anche la necessità di essere in qualche modo trasversale e alla portata di tutti, non per forza un contenitore di tutto quello che passa per la testa del regista.
Altrimenti verrebbe da chiedersi per chi sia stato fatto questo film.
Peccati veniali
Nella recensione di Zack Snyder’s Justice League mi sento anche di citare alcuni aspetti meno impattanti ma che non rappresentano propriamente una crescita per il risultato finale.
Il personaggio di Wonder Woman non riesce ad emergere come invece fatto dagli altri, non è la leader della squadra, non trova una connotazione più rimarcata di ultima speranza di libertà del suo popolo. È la splendida amazzone guerriera che conosciamo, combatte valorosamente e manifesta sempre la sua dolcezza e straordinario senso di maternità, ma senza spostarsi in là più di tanto dalla sua precedente versione.
L’epilogo del film vede finalmente l’entrata in scena di Jared Leto nel tanto chiacchierato ruolo di Joker (il cosiddetto Knightmare). Questa scena avrebbe dovuto, assieme al cameo di Martian Manhunter e all’esito dello scontro con Steppenwolf, generare le basi per un ideale Justice League 2 e l’espansione dell’universo DC. Eppure dopo un finale netto e conciliante del film e l’inserimento della famosa (ma decisamente riveduta) scena con Lex Luthor (Jesse Heisenberg) e Deathstroke (Joe Manganiello), questa scena seppur affascinante e ben resa, fatica a conciliarsi con tutto il resto. In qualche modo, forse più per la collocazione che non per la scena in sé, sembra essere stata aggiunta a forza, proprio per poter inserire anche quell’ennesima idea che Snyder aveva avuto per il suo DC Extended Universe con la presenza di Joker e che mai più si concretizzerà.
Un ulteriore tassello per farsi ricordare dai fan, lasciando tutti con un “ve lo avevo detto io che il mio progetto era magnifico”, mostrando anche quest’ultima carta “jolly” che abbraccia ed evolve uno dei punti più discussi e controversi di Dawn Of Justice, ma senza una possibilità di continuazione. Questa trovata arriva troppo tardi, purtroppo. Una carta del genere era da giocarsi molto prima, e qui sarebbe interessante indagare sul QUANDO questa scena sia stata pensata (sul girata non ci sono molti dubbi).
In conclusione della recensione di Zack Snyder’s Justice League il conteggio secondo me parla chiaro: i pregi superano di gran lunga i difetti, ma non sono del tutto sicuro che questo sia sufficiente per mettere d’accordo tutti in un confronto che si è fatto assurdamente troppo acceso.
Questo film non è perfetto, soprattutto per l’eccessiva durata, ma è indubbiamente a galassie di distanza da quel casino cinematografico che è stato l’originale Justice League.
È stata una relativa vittoria dei fan che hanno ottenuto quello che avevano richiesto, senza purtroppo ricevere il vero miracolo di un capolavoro capace di fumarsi i 10 e oltre anni di MCU. Perchè più volte durante la visione si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte all’Avengers Infinity War (non Endgame) di casa DC, pur con le dovute differenze e limiti (il paragone è ovviamente tirato per i diversi percorsi).
In questa recensione di Zack Snyder’s Justice League, più andiamo avanti e più ci troviamo di fronte all’ovvietà dei fatti: è stata la rivincita di Zack Snyder che se ne va verso il tramonto in pieno stile western, col sigaro mezzo spento stretto tra le labbra, forte a suo vedere di aver mostrato tutto quello che poteva mostrare, anche quello che si è inventato nel corso dell’ultimo anno per far tacere qualche lingua lunga e quello che forse era meglio lasciare nell’hard disk. Una dichiarazione di orgoglio e identità che si farà ricordare negli anni non solo per la portata social dell’evento ma anche per la singolarità dell’operazione.
È il film DCEU che più si avvicina al metodo Marvel, pur conservando un’identità (quella di Snyder) che si dimena per apparire diversa e alternativa, ma giocando invece su molti aspetti comuni.
È in parte il sogno bagnato di molti fan dei fumetti che ritrovano tanti piccoli dettagli ed easter egg da parte di uno che qualche bel fumetto se l’è letto per davvero (grazie, Zack) e che ha saputo ben caratterizzare dei personaggi a dir poco leggendari.
Ma questo basta? Ho l’anteprima giornalistica ancora lì a disposizione e mi chiedo come mai non mi sia venuta voglia di rivedere quasi nulla.
Questo film non riesce a mettere d’accordo tutti. Se siete fan di Snyder o tra quelli che hanno chiesto a gran voce la realizzazione di questo progetto i miglioramenti vi sembreranno eccezionali, anzi vedrete quasi solo quelli.
Se invece siete più interessati agli aspetti cinematografici e narrativi non potrete certo soprassedere ai tanti elementi difficilmente accettabili.
Io veramente avrei desiderato un film che potesse unire, un piccolo miracolo da raccontare negli anni. E invece siamo ancora qui divisi tra chi segna un bellissimo otto in pagella e chi non si sbilancia oltre il sei. Come divisi saranno i commenti e le reazioni, anche quelle più sgradevoli di cui ho già parlato fin troppo. E dopo tutta la cagnara che si è imbastita avrei voluto il lieto fine.
Io vi faccio incontrare a metà strada, invitandovi a stringervi la mano, per una volta.
Perchè alla fine questo non è soltanto un film, è la visione un po’ anarchica di Zack Snyder, senza filtri e senza limiti, dedicata alla figlia che non c’è più e a tanti fan che lo hanno sostenuto. Ma pur sempre film rimane, quindi in qualche modo soggetto a comuni criteri di valutazione, sviluppati in tanti anni di recensioni e sale cinematografiche.
Certo, su una cosa possiamo essere tutti d’accordo. Se questo film, depurato di una buona oretta di contenuti non necessari (ma non necessariamente tutti sgradevoli) fosse arrivato nelle sale cinematografiche nel 2017, forse la bilancia dei cinecomics oggi sarebbe un pochino meno spostata verso Kevin Feige e magari avremo una speranza per quell’universo condiviso DC che avremmo tutti meritato.
Zack Snyder’s Justice League è disponibile dal 18 Marzo su Sky Cinema e NOW TV.
Zack Snyder's Justice League riesce a correggere molti dei punti deboli del precedente - scadente - tentativo, dai personaggi alle atmosfere, dai collegamenti con gli altri film all'epicità degli eroi. Ma è anche un film senza un vero controllo, esagerato nella durata e che non riesce a lavorare di sottrazione. Non è il miracolo che avremmo voluto ma è comunque ad una galassia di distanza dal 2017. Con un maggiore controllo e tagli al superfluo avrebbe di certo cambiato la storia del DCEU.
- Lo Snyder Cut migliora quasi tutti i punti critici della precedente versione, a partire dai personaggi
- Il mood e l'atmosfera sono finalmente coerenti
- Finalmente si comprende il grande disegno di Zack Snyder per un universo condiviso ed espanso per gli eroi DC e si, non sarebbe stato male
- Avrebbe potuto cambiare il volto del DCEU
- Pur al netto delle tante migliorie, quattro ore sono troppe, specie se dovute all'aggiunta di elementi non sempre utili o necessari
- Snyder esagera nell'inserire troppo, come se sapesse che è il suo ultimo banchetto con gli eroi DC ed entra in modalità "all u can eat"
- Obiettivamente si fatica a capire i veri destinatari di questo progetto: i fan che sostengono Snyder o lo stesso regista che ne ha fatto il suo testamento supereroistico?
- Il film dividerà ancora. Impossibile essere tutti d'accordo. Ci sarebbe voluto un miracolo