Nel bel mezzo del polverone sollevato da Epic Games, Google decide di seguire l’esempio di Apple e di calare la propria richiesta di commissioni al 15 per cento, almeno per quanto riguarda il primo milione che le aziende si portano a casa.
Tra le due Big Tech emerge quindi una grossa differenza che a colpo d’occhio non si noterebbe facilmente: Apple si limiterà a “tassare” al 15 per cento le aziende che hanno un fatturato inferiore al milione, mentre Google offrirà il suo “sconto” sempre e comunque, per quanto riguarda la cifra in questione.
Se un’azienda dovesse guadagnare due milioni di dollari, insomma, per il primo milione si potrà comunque pagare “solamente” il 15 per cento di commissioni, mentre per i guadagni successivi sarà applicata invece la cifra piena.
Lo sconto, dice l’azienda, sarà rinnovato automaticamente ogni anno. Da notare la scelta del lessico: nel riportare la riduzione delle proprie commissioni, Google parla esplicitamente di “sconto” e non da mai a intendere che la manovra stia mirando a un cambio di policy.
Apple e Google si trovano d’altronde in una situazione complessa: nessuna delle due Big Tech ha intenzione di cedere apertamente alle pressioni di Epic Games e delle altre software house che vorrebbero evitarsi il salasso delle commissioni, tuttavia non possono neppure mostrarsi adamantine nel negare l’evidenza della loro posizione di vantaggio senza rischiare la furia dell’anti-trust.
Sembra che la strategia applicata da ambo le parti sia quindi quella di autonormarsi a piccoli dosi, ritrattando le loro richieste quanto basta per assicurarsi che il proprio competitor sia sempre in una situazione peggiore della propria.
Ricorda un po’ una vecchia barzelletta riguardante le strategie di fuga dai leoni: l’importante non è correre più velocemente dei predatori, l’importante, nell’immediato, è correre più velocemente delle altre potenziali prede.
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