Microsoft si è lanciata in supporto agli editori per chiedere che anche l’Europa obblighi le Big Tech a retribuire articoli e notizie.
Due gruppi lobbystici, l’NME e l’EPC, e due consorzi editoriali europei, l’EMMA e l’ENPA, hanno unito le forze con la nota azienda digitale per chiedere che l’Unione Europea si allinei velocemente alla posizione dell’Australia, la quale sta cercando di obbligare social e omologhi a retribuire alle testate gli articoli che pubblicano sulle loro piattaforme.
Una simile fretta è giustificata dal fatto che nel mese di giugno partirà concretamente la Digital Single Market Copyright Directive, una legge europea che è entrata in vigore il 7 giugno 2019, ma che le singole nazioni dovranno effettivamente implementare entro l’estate.
La direttiva mira a creare un panorama condiviso da tutta l’Unione Europea per quanto riguarda i diritti d’autore, articoli giornalistici compresi. Diverse nazioni, tuttavia, sono preoccupate che la legge possa non proteggere – o addirittura danneggiare – le testate minori, danneggiando la pluralità del discorso giornalistico.
Microsoft e i consorzi suggeriscono quindi che, anche l’UE adotti il prima possibile la soluzione australiana che sta facendo imbestialire Facebook, ovvero che un collegio arbitrale supervisioni le trattative, così che i cosiddetti “gatekeeper” non abusino della loro posizione dominante.
[Gli editori] potrebbero non avere la forza economica necessaria a portare avanti con questi gatekeeper un negoziato equo atto a ottenere accordi bilanciati, considerando che le aziende tecnologiche potrebbero minacciare di abbandonare le negoziazioni o abbandonare direttamente il mercato,
sottolinea il comunicato.
Microsoft si è immediatamente schierato dalla parte degli editori europei, una manovra strategica che sembra voler offrire una posizione d’avanguardia a Bing, il tanto trascurato motore di ricerca del brand.
Nel frattempo, Facebook ha deciso di tornare al tavolo delle trattative con l’Australia. Il social aveva infatti bloccato i contenuti giornalistici generati e condivisi nel Paese con quello che il commissario per il mercato interno UE, Thierry Breton, non ha mancato d’identificare come un atto di protesta.
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