Recensione di Peninsula, action horror diretto da Yeon Sang-ho e terzo capitolo della sua trilogia zombie che include Train To Busan e Seoul Station. Dopo essere stato presentato alla Festa del cinema di Roma, il film arriva anche al Trieste Science+Fiction Festival.
Era il 2016 quando il regista coreano Yeon Sang-ho ci portava nella folle corsa verso la vita e la libertà nell’horror Train to Busan. Un film adrenalinico e pieno di suspense, una cruenta lotta per la sopravvivenza contro un’orda di famelici zombie. Nello stesso anno con il film animato Seoul Station, ci mostra quanto accaduto nella capitale sud coreana e l’iniziale diffusione del virus. Ora a quattro anni di distanza torna dietro la macchina da presa per mostrarci cosa è successo in Corea del Sud dopo la diffusione del virus.
Nella recensione di Peninsula, seguiremo i protagonisti tornare nella loro nazione ormai divenuta zona rossa inaccessibile, per una disperata missione che potrebbe cambiargli per sempre la vita. Dopo essere stato presentato alla quindicesima edizione della Festa del cinema di Roma, il film arriva anche al Trieste Science+Fiction Festival.
Peninsula è l’atteso horror movie sequel di Train to Busan
Protagonisti del terzo capitolo della trilogia zombie diretta da Yeon Sang-ho sono Gang Dong-won, Lee Jung-hyun, Lee Re, Kwon Hae-hyo, Kim Min-jae e Koo Kyo-hwan.
Ritorno a Zombieland
Sono ormai passati quattro anni da quando il virus che trasforma le persone in zombie si è diffuso in tutta la Corea del Nord. La nazione è ormai una zona rossa inaccessibile e i sopravvissuti che sono riusciti a fuggire vivono come rifugiati nella vicina Hong Kong. Vittima di razzismo dagli abitanti locali per la paura di essere contagiati, cercano di sbancare il lunario come possono.
In questa realtà si muovo il soldato Jung-seok (Kang Dong-won) e il cognato Cheol-min (Kim Do.yoon). Il primo logorato dal rimorso e dai sensi di colpa, il secondo distrutto dalla perdita di moglie e figlia su una nave a causa di un focolaio esploso sulla nave su cui stavano fuggendo. I due vengono assoldati da un criminale americano che vive nell’isola della Cina per recuperare un furgone pieno di soldi e ormai abbandonato. Se riusciranno a portare a termine la missione metà dei soldi sarà loro, una cifra che gli permetterebbe di diventare ricchi e quindi cambiare vita.
I protagonisti torneranno in Corea del Sud per recuperare un furgone pieno di soldi
Insieme a loro anche due criminali con lo stesso obiettivo, svoltare una vita fatta di stenti. I quattro vengono così portati nella penisola della Corea del Sud, nazione ormai ridotta in macerie e popolata di famelici zombie, che però sono ciechi di notte. La missione però sarà più difficile del previsto perché oltre ai mostri sull’isola ci sono dei sopravvissuti organizzati in una grande comunità nota come Unità 631.
Salvato dall’intervento di due spericolate ragazzine, Jung Seok si unirà a loro due, alla combattiva madre ed al pazzo nonno per recuperare il camion e raggiungere il porto per così fuggire finalmente da una realtà infernale divenuta ormai insostenibile. Per i cinque inizia una lunga e movimentata notte che li porterà a scontrarsi con l’Unità 631 e ovviamente molti zombie.
Spara, lotta, fuggi
Sparatorie, lotte corpo a corpo, inseguimenti e zombi. Tanti zombie. Peninsula dal visto di action e dell’intrattenimento di certo non delude. Nelle quasi due ore di visione assistiamo ad una vicenda adrenalinica e piena di azione, capace di catturare l’attenzione dello spettatore sin da subito grazie ad atmosfere cupe e ad un’ambientazione post apocalittica claustrofobica e ansiogena.
Sparatorie, lotte corpo a corpo, inseguimenti e zombi
La Corea del Sud post Train to Busan è un tripudio di macchine abbandonate, palazzi distrutti ed invasi dall’erba, strade dissestate e bande di sciacalli che razziano tutto il possibile. Yeon Sang-Ho ci porta in una realtà in cui il pericolo maggiore è l’uomo, trasformato in un’animale feroce da un’ambiente ostile e sostanzialmente anarchico.
Una vicenda che getta le basi nell’avidità di denaro, la pura del prossimo e la voglia di riscatto, relegando gli zombie a puro espediente action per dare l’adrenalina e la tensione delle molte scene action. Un ruolo più marginale rispetto a Train to Busan, che li fa passare da escamotage per dare il via all’azione a semplice ostalo da superare per completare la missione.
Peninsula ci regala personaggi altamente psicopatici ed odiosi
Horror che però, come nel capitolo precedente, mette sotto la lente di ingrandimento tematiche sociali. Che sia la paura del prossimo o l’assenza di un sistema di leggi, il regista ci mostra come l’uomo possa reagire in maniera bestiale a situazioni estreme. Specchio di una società odierna non dissimile – difficile non pensare alle esagerate reazioni delle popolazioni alla pandemia di Covid-19 con supermercati presi d’assalto o truffe organizzate ad hoc – Peninsula ci regala personaggi altamente psicopatici ed odiosi, il cui unico scopo e sfogare i propri istinti.
Vero e proprio mix di generi, l’horror non lesina riferimenti ed omaggi ad action movie come 1997: Fuga da New York o agli spericolati Fast and Furious e Mad Max. Nel film infatti non mancano spericolate corse in macchina con derapate degne di Vin Diesel e con piloti pazzi come in Fury Road. Moderne corse delle bighe con ostacoli viventi e pronti a mordere ad ogni curva. Un vero e proprio blockbuster action.
Vero e proprio mix di generi
Franchise quello di George Miller omaggiato anche nella scena della lotta dei prigionieri dell’Unità 631 con gli zombie in un’arena, chiaro richiamo alla lotta tra Max e Master Blaster in Oltre la sfera del tuono. Così come è impossibile non notare rimandi alla serie di The Walking Dead, dove il vero pericolo è ormai l’uomo.
Dal disastro in atto in Train to Busan all’apocalisse ormai divenuta realtà in Peninsula, passiamo dagli angusti spazi del treno a quelli ampi della città, mantenendo però invariata la pericolosità e l’azione. Se nel viaggio verso Busan c’era una speranza di salvezza, qui siamo ormai all’inferno dove tale parola è ormai mera illusione.
Incubo ad occhi aperti evidenziato da una cupa fotografia
Incubo ad occhi aperti evidenziato da una cupa fotografia che restituisce una Corea fatta di macerie. Componente drammaturgica per un racconto dove l’oscurità – sia dell’animo che della realtà – la fa da padrone, illuminata dalla luce lunare che ne mostra tutto l’orrore. Perenne notte senza possibilità di un sole all’orizzonte.
Un passo indietro
Nonostante la tanta azione, fatta di sparatorie, inseguimenti e scelte notevoli (come l’ingresso del gomitolo di zombie, vero e proprio blog umano), Peninsula non convince del tutto. Non bastano questi elementi per fare del film un prodotto pienamente riuscito. La verità è che c’è molto potenziale inespresso.
Peninsula non convince del tutto
Ben vengano i pochi collegamenti con Train to Busan, che sono presenti solo nel prologo che funge principalmente da riassunto e da introduzione dei personaggi principali. Un incipit fatto di speranza, disperazione e rimorso. Una scelta inevitabile e saggia, perché è sempre difficile ripetersi e perché lo stesso stratagemma difficilmente funziona due volte. Così come ben venga la creazione di un universo espanso che ci porta a conoscere cosa è successo dopo la diffusione del virus, ma non è abbastanza.
La verità è che la storia raccontata in Peninsula ha uno svolgimento fin troppo lineare, scontato e alquanto prevedibile. Non ci sono veri e propri colpi di scena – che sono a dir poco prevedibili – e mancano totalmente momenti capaci di trasmettere pathos o tensione. Non c’è uno jump scare o il più piccolo sussulto sulla sedia. Non c’è un minimo di sangue o di terrore. L’amara verità è che è un enorme passo indietro.
Mancano le soluzioni originali del fortunato capitolo precedente, così manca totalmente la caratterizzazione dei personaggi. Impossibile identificarsi od affezionarsi a figure prive di sfaccettature o di una qualsivoglia introspezione psicologica. Anche i villain, per quanto folli, si limitano a crogiolarsi nel loro status di onnipotenza, divertendosi a fare i sadici in un mondo brutale e nulla più. Gusci vuoti, o meglio riempiti di banalità.
Inoltre per quanto vi sia ironia e il film non si prenda sul serio, manca di quella componente comica capace di dare slancio al tutto. Le poche scene esilaranti presenti oltre a non esserlo poi così tanto sono anche a dir poco scontate. Comicità pigra e scialba. Manca la pura lotta per salvarsi la vita ad ogni costo, che viene fuori a tratti.
Il film è uno zombie heist movie dove però manca la tipica suspense del genere
Uno zombie heist movie in cui i personaggi devono tentare il “furto del secolo”, una missione semplice sulla carta ma che si rivelerà più complicata del previsto, dove però manca la tipica suspense del genere. Un videogame a cui si gioca più per inerzia che per passione, che si vuole finire più per una questione personale che per puro piacere.
Un continuo reiterare di sequenze che alla lunga che stanca e distrae, con fastidiosi rallenty che mettono in evidenza le espressioni da ebeti dei protagonisti, continue derapate e corse in macchina. Un film che trasuda fastidiosamente senso di colpa ed espiazione, per una storia mai veramente coinvolgente.
Come se non bastasse abbiamo un finale stratificato, fin troppo lungo e sdolcinato. Un happy ending il cui unico risultato è far venire il diabete. Una conclusione tarallucci e vino che conclude una storia tutt’altro che coesa. Tra morti tragiche, pianti e salvataggi disperati arriviamo finalmente alla conclusione di un B movie ad alto budget.
Un treno che partito da Seoul arriva su un binario morto
Un film che gestisce in maniera confusa tre gruppi di personaggi, a cui si aggiunge un ritmo incerto e troppo spesso morto. Un treno che partito da Seoul arriva su un binario morto, anche perché si dimentica la parte essenziale degli zombie movie: gli zombie. Parafrasando il dottor Ian Malcolm di Jurassic Park: “è previsto si vedano zombie nel vostro film di zombie?“. Una mancanza imperdonabile e non bastano, come già detto, un paio di trovate sceniche per sopperire a questa grave mancanza.
Una ratatouille piuttosto indigesta
Un film confuso, in cui il regista mescola più generi insieme dando vita ad una ratatouille piuttosto indigesta a causa della mancanza di una storia degna di tale nome e di una vera e propria scena madre. Survival horror dove a morire sono inesorabilmente lo spettatore e sua la voglia di vederlo.
Peninsula è la più classica delle occasioni non sfruttate a dovere
Una corsa che purtroppo si è interrotta proprio sul più bello. Peninsula è la più classica delle occasioni non sfruttate a dovere. Decidendo di abbandonare tutto ciò che aveva decretato il successo del capitolo precedente, Yeon Sang-Ho decide di fare l’occhiolino all’action hollywoodiano, senza riuscirci veramente.
Un film sicuramente meno banale e stereotipato di quello che sembra, ma che perde inesorabilmente il confronto con Train to Busan a causa di una sceneggiatura pigra e tutt’altro che convincente. Certo, ritroviamo gli zombie implacabili, spaventosi e famelici che avevamo conosciuto quattro anni fa, ma è troppo poco per un film che punta troppo sulla CGI – non sempre riuscita – e su una missione banale.
In conclusione della recensione di Peninsula, l’amara verità è che il film è un action movie in pieno stile americano, fracassone e a volte sconclusionato. Un film appena godibile che può essere gustato al meglio solo se viene accantonato ogni confronto con quel gioiellino che è Train to Busan. Classico studente intelligente ma che non si applica.
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