La recensione di Lovecraft Country, serie ispirata all’omonimo romanzo di Matt Ruff creata da Misha Green, ambientata negli Stati Uniti degli anni ’50, in cui i mostri immaginati da H.P. Lovecraft si fondono con quelli del sogno americano. Dal 31 ottobre su Sky Atlantic.

Questa è la recensione di Lovecraft Country, serie HBO in 10 episodi dal 31 ottobre su Sky Atlantic, giusto in tempo per Halloween. Prima di addentrarci nella tentacolare (in tutti i sensi) serie creata da Misha Green, facciamo una premessa.

 

 

Ogni ambiente, settore, paese ha i suoi stereotipi. Non fa eccezione il genere horror: tra i tanti appartenenti al filone c’è il classico fesso che, scendendo le scale di uno scantinato buio e putrido, chiede urlando: “C’è nessuno?”. Ogni volta non possiamo non pensare: ma che fai, ma cosa dici, ma come ti viene in mente?! Oppure il genio che, di fronte a una creatura misteriosa o aliena, cerca di accarezzarla come se fosse un cocker. Puntualmente, se gli va bene, si ritrova con un arto in meno. Tra i cliché duri a morire ci sono stati per anni l’uomo di colore che muore per primo e la bionda di turno che viene massacrata in malo modo.

 

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Da quest’ultimo luogo comune è nata una delle serie più geniali di sempre: Buffy l’ammazzavampiri. Il suo autore, Joss Whedon, ha sempre detto di aver avuto l’idea perché voleva ribaltare la situazione: finalmente è la ragazza a prendere a calci mostri e assassini. La serie ha giocato sapientemente con l’horror, creando un vero e proprio manifesto femminista che, senza fare prediche o sermoni, fa passare chiaro il messaggio: le ragazze giovani, bionde e carine non sono stupide e indifese, ma possono farti il culo quando vogliono e nel frattempo anche salvare il mondo dall’apocalisse (ci scusiamo con la Cacciatrice per questo riassunto molto semplicistico di un’opera che affronta tantissimi temi importanti, ma dobbiamo passare all’argomento principale di questa recensione).

 

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Lovecraft Country è il romanzo pubblicato da Matt Ruff.

Per quanto riguarda invece l’uomo di colore puntualmente ucciso per primo, oppure l’unico a morire in un gruppo composto da bianchi, negli ultimi anni il cinema e la serie tv hanno cominciato a costruire un discorso simile a quello iniziato da Whedon a fine anni ’90. Lovecraft Country è il romanzo pubblicato da Matt Ruff nel 2006, più o meno alla fine del secondo mandato di Barack Obama. Nel libro l’autore immagina un’America in cui un ragazzo di colore, Atticus Turner, tornato dalla guerra di Corea, si mette alla ricerca del padre, Montrose, misteriosamente scomparso. Durante il viaggio si imbatte in ogni tipo di orrore, dal razzismo dei poliziotti bianchi a creature mostruose che sembrano uscite dalle pagine dello scrittore H.P. Lovecraft.

 

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Sia Matt Ruff che Jordan Peele hanno quindi usato il genere per parlare di un problema urgente e reale.

Il 23 gennaio 2017 Jordan Peele mostrava al Sundance Film Festival il suo primo film da regista, Get Out, in cui, attraverso il thriller psicologico, mostra come in realtà il razzismo negli Stati Uniti sia molto più radicato e capillare di quanto non si pensi. E anzi, sia Lovecraft Country che Get Out hanno previsto ciò che sarebbe successo: dopo otto anni di amministrazione Obama, in cui tutto il mondo ha elogiato l’America per il suo primo presidente afroamericano, c’è stata una svolta conservatrice fortissima. L’elezione di Donald Trump ha mostrato al mondo un’immagine non proprio lusinghiera degli USA, con bambini messi nelle gabbie e frasi come “grab them by the pussy”. Sia Matt Ruff che Jordan Peele hanno quindi usato il genere per parlare di un problema urgente e reale: l’idea ancora fortissima che ci siano degli esseri umani di serie A e di serie B, il cui destino è determinato da quanta melanina hanno nel derma. Non è quindi un caso che Peele abbia voluto produrre una serie tv tratta dal romanzo di Ruff: Lovecraft Country è la continuazione di questo percorso.

 

 

 

Lovecraft Country: l’orgia folle di generi creato da Misha Green

Diviso in otto capitoli di storie che si intrecciano tra loro, il romanzo Lovecraft Country inserisce le creature immaginate da H.P. Lovecraft nel mondo reale. Un’idea sottile: lo stesso autore è noto per non essere stato il più tollerante degli individui, con le sue idee razziste e misogine. E se ci fosse una ragione per tutto questo? Se i mostri avessero bisogno del conflitto? Di un gruppo dominante che è tale proprio perché sfrutta letteralmente il sangue di una minoranza?

 

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Misha Green, già sceneggiatrice di Heroes e Sons of Anarchy, ideatrice e showrunner di Lovecraft Country, ci racconta per immagini proprio questo: come il sogno americano sia nato dal sangue.

Misha Green, già sceneggiatrice di Heroes e Sons of Anarchy, ideatrice e showrunner di Lovecraft Country, ci racconta per immagini proprio questo: come il sogno americano sia nato dal sangue. In principio furono i Nativi americani, sterminati e privati delle loro terre, poi gli schiavi portati dall’Africa, per costruire città e coltivare piantagioni. Attraverso il suo viaggio negli Stati Uniti, Atticus vede come sia dato per scontato che la sua gente sia considerata una scala su cui salire per assicurarsi un posto in cima. Tutto questo è raccontato attraverso diversi generi: l’horror in primo luogo, che non è soltanto quello dei tentacoli o delle zanne di varie creature che popolano la serie.

C’è anche un orrore più sanguinolento, pulp, fatto di carni che esplodono e che vengono stracciate a brandelli, come in un film di David Cronenberg. C’è quello da incubo, fatto di visioni, allucinazioni e presenze inquietanti.

 

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Ma Misha Green si è spinta più in là: come in un’orgia frenetica, mescola anche la fantascienza, viaggi temporali, alternando macchine e insegne anni ’50 ad ambientazioni futuristiche. C’è spazio anche per il genere bellico e perfino per il musical, che ritorna più volte. Finalmente protagonisti di colore possono spaziare in ruoli da protagonista in ogni tipo di racconto. Senza essere i primi ad essere ammazzati male. Un pastiche che diverte e stupisce mano a mano che si va avanti con gli episodi: la trama orizzontale è infatti importante tanto quanto quella verticale, che a ogni puntata diventa sempre più folle, eccessiva, inquietante. Certe scene mettono a dura prova chi non sopporta la vista del sangue.

 

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La mescolanza è un punto chiave di Lovecraft Country.

E la mescolanza è un punto chiave di Lovecraft Country, non soltanto perché gli appassionati dei B-Movie possono godersi una divertente e divertita rielaborazione di grandi classici (a un certo punto sembra di essere in una puntata di Doctor Who, o nelle tavole dei fumetti americani anni ’50), ma perché si imbastisce con un discorso fondamentale, ovvero che la cultura americana nasce proprio dalla mescolanza di culture. A un certo punto si parla proprio di fiamma, tramanda di generazione in generazione: la comunità di colore ha dato dei profumi unici all’America, le ha dato ritmo – jazz, soul, R&B – le ha dato il suo sangue.

Un prezzo salatissimo e mostruoso per costruire “il sogno americano”.

 

 

 

Oltre il genere: l’uso della musica

Niente è lasciato al caso in Lovecraft Country: lo spezzone di una trasmissione televisiva sembra quasi commentare la scena raccapricciante che viene riflessa nello schermo di una tv. Un’insegna con la scritta “dreamland” (terra dei sogni) viene avvolta dalle fiamme durante una rivolta e la colonna sonora diventa un personaggio fondamentale. Jazz, musical celebri come Incontriamoci a Saint Louis, brani di Etta James, Nina Simone e anche artisti moderni, come Marilyn Manson e Rihanna si fondono esaltando ogni scena. A volte le parole delle canzoni sembrano descrivere esattamente cosa sta succedendo: il ritmo è un linguaggio universale, che va oltre il colore della pelle, la lingua e ci avvicina tutti. Ogni voce è unica e voci differenti si arricchiscono, creano qualcosa di nuovo, si completano. Così come la cultura bianca e quella nera.

 

 

A fare da strumento in mano a un linguaggio musicale e visivo così forte, un cast di attori bravissimi.

A fare da strumento in mano a un linguaggio musicale e visivo così forte, un cast di attori bravissimi: il protagonista Atticus è Jonathan Majors, che ci mette corpo e cuore. I suoi occhi sono lo specchio dell’orrore: è il lui il nostro traghettatore in questo Inferno che è l’America. Accanto a lui il sempre bravissimo Michael Kenneth Williams (indimenticabile Omar in The Wire), che interpreta Montrose, il padre di Atticus, e la brava e bella Jurnee Smollett (che sa anche cantare, come abbiamo potuto sentire in Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, in cui è Black Canary), nel ruolo di Letitia Lewis, vicina di casa dei Freeman ed ex campionessa di corsa. A impreziosire questo gruppo di attori Jamie Chung nei panni di Ji-Ah, infermiera coreana, e Abbey Lee (che torna a essere inquietante dopo The Neon Demon di Nicolas Winding Refn), nel personaggio chiave di Christina Braithwhite (occhio ai cognomi: anche qui niente è casuale).

 

 

 

I mostri siamo noi

Non è facile Lovecraft Country: Misha Green sembra dirci che la civiltà non può che essere fondata sulla sopraffazione e che ci sarà sempre qualcuno che, per il vantaggio della maggioranza, deve sacrificarsi. Cosa succede però quando chi è stato lasciato indietro, è stato ostacolato, sfruttato e umiliato per anni decide che ne ha avuto abbastanza? Questi personaggi sono pieni di rabbia: a un certo punto c’è chi dice: “Odio i bianchi perché mi fanno sentire piccola. A volte vorrei ucciderli”. Chi è il mostro quindi a quel punto?

 

 

Una cosa è sicura: la violenza genera altra violenza e solo esaltando la bellezza si può far capire che accettare gli altri è una ricchezza. Si vedono tanti mostri in Lovecraft Country ma nessuno fa paura come un poliziotto bianco che, forte del suo potere, può decidere della vita di una altro essere umano. È ora di cambiare, o almeno di provarci.

Le persone normali sono scese in piazza, Misha Green invece ce lo dice da un piccolo schermo che a ogni episodio diventa grandissimo.

 

 

Lovecraft Country è disponibile su Sky Atlantic dal 31 ottobre