Ecco qual è la connessione tra vaccino anti-Covid e gli squali

É sempre più diffuso il timore che la scoperta di un vaccino per SARS-CoV-2 possa portare all’estinzione degli squali.

Ricercatori e animalisti hanno recentemente dato voce a una preoccupazione inattesa: l’eventuale creazione di un medicamento contro il coronavirus si potrebbe tradurre indirettamente con il genocidio dei predatori marini.

Nella disperata – ma anche lucrativa – corsa al vaccino, alcune aziende starebbero infatti esplorando soluzioni che, per funzionare al meglio, necessitano di un adiuvante, ovvero di una sostanza che “potenzi” la risposta del sistema immunitario all’antigene.

In tal senso, ditte quali la GlaxoSmithKline (GSK) e la Seqirus starebbero proprio confidando di adoperare lo squalene, un triterpene presente nei semi di amaranto, nella crusca di riso, nelle olive e perfino nell’essere umano.

 

squalo

 

Come suggerisce il nome, però, la fonte più efficiente di squalene la si trova nei fegati dei selaci. Essendo meno denso dell’acqua, lo squalene offre infatti a queste creature una non indifferente spinta idrostatica, permettendo loro di resistere alla pressione marina.

Le aziende farmaceutiche sono ufficialmente alla ricerca di un soluzioni alternative, ma il portavoce statunitense della GSK, Evan Berland, é molto trasparente a riguardo: non ci sono possibilità che queste siano trovate “entro il lasso temporale della pandemia di Covid-19”.

Bisognerà effettuare più test per trovare alternative vegetali o sintetiche, prima che queste possano essere usate nei vaccini,

ha ammesso.

In altre parole, se il primo vaccino a emergere sul mercato globale fosse proprio uno di quelli prodotti da GSK o da Seqirus, l’unica fonte di squalene economica e accessibile con cui produrre i vaccini sarebbe proprio quella animale.

La biologa Catherine Macdonald della UM’s Rosenstiel School stima che il produrre dosi di vaccino utili a coprire l’intera umanità andrebbe a mietere 360.000 esemplari di squali. L’associazione no-profit Shark Allies parla addirittura di 500.000.

Numeri esorbitanti che hanno catalizzato l’attenzione e l’indignazione del web, ma di cui gli stessi autori negano l’effettiva attendibilità.

I presupposti di un simile panorama sono inverosimili, se non addirittura fantascientifici: non dovrebbero esistere vaccini alternativi, ogni singolo essere umano dovrebbe essere vaccinato e inoltre si dovrebbero accumulare eventuali dosi di scorta.

Una volta sparati i numeri, sono gli stessi Shark Allies ad ammettere di non pensare che le aziende “stiano andando per mare a dare la caccia agli squali — non lo sosteniamo in nessun modo”.

La dottoressa Macdonald ha invece fatto notare che i numeri siano tutto sommato poco importanti e che il vero problema sia la mancanza di trasparenza nell’industria della pesca degli squali, tacitamente suggerendo che le sue preoccupazioni siano più mirate a regolamentare a monte certi abusi che sono perpetrati, più che dalla farmaceutica, dalla cosmetica.

Quindi c’é da preoccuparsi per la sopravvivenza degli squali? Non più del solito, ma ambientalisti e ricercatori hanno colto la palla al balzo per evidenziare delle criticità che nessuno considera mai. Almeno quando non sono ammantate da becero sensazionalismo.

 

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