In Australia c’è chi vuole creare un social network gestito e finanziato dallo Stato, in antitesi ai servizi di Facebook e Google. Sarebbe amministrato dall’azienda che oggi si occupa della televisione pubblica.
Mentre il Ministro Dario Franceschini annuncia in pompa magna i piani per una “Netflix Italiana” finanziata con i fondi del Recovery Fund (che almeno in teoria dovrebbero servire a tutt’altro), in Australia c’è chi pensa ad un social network di Stato.
L’idea è quella di creare una piattaforma finanziata dai contribuenti e gestita dall’Australian Broadcasting Corporation, l’azienda pubblica che si occupa di diffusione radio-televisiva in Australia. Insomma, l’equivalente della Rai.
I motivi di una corsa al social di Stato poggiano tutti nella campagna di lobby dei colossi americani per dissuadere la politica australiana dall’approvare una legge che imporrebbe il pagamento di commissioni agli editori ogni volta che una notizia viene condivisa sui social o su piattaforme come Google News. L’indennizzo, concettualmente, è simile a quello previsto dall’Art 11 della legge europea sul copyright — che non a caso aveva raccolto simili obiezioni anche da noi.
Facebook —ne avevamo parlato qua— ha lanciato un ultimatum: se ci obbligate a pagare gli editori, di fatto mandando all’aria il nostro business model, saremmo costretti a sospendere la condivisione di news in Australia. Altro che aiuto all’editoria, sarebbe un boomerang estremamente doloroso per ogni sito d’informazione.
Anche Google ha manifestato il suo scetticismo nei confronti della mossa salva-editori, finanziando una massiccia campagna di lobby attraverso le sue piattaforme, a partire da Youtube. Anche in questo caso, è una storia che ci suona molto familiare.
Così torniamo ad una possibile reazione della politica, l’idea di una piattaforma social pubblica, operata dal Governo e senza finalità di profitto. La proposta arriva da un think tank chiamato Responsible Technology: “L’Australia può sopravvivere senza Google e Facebook?” si chiede un report che chiede a gran voce un anti-Facebook di Stato.
Il think tank sostiene che la loro proposta permetterebbe non soltanto di liberare il Governo e l’editoria dai ricatti delle grosse piattaforme, ma anche di dare un duro colpo alla data-crazia e a quello che i movimenti di sinistra chiamano “capitalismo della sorveglianza”.
Le due corporation globali che esercitano un ruolo di dominanza nei confronti delle nostre istituzioni commerciali e civiche hanno dato prova di poter arrivare alla minaccia di ritirare completamente i loro servizi per proteggere il loro personale tornaconto economico
si legge sempre nel report-manifesto di Responsible Technology.
Per molti australiani Google e Facebook sono sinonimo di internet. È quasi impossibile pensare ad un mondo senza i servizi dei due colossi.
Non è la prima volta che qualcuno propone di creare delle alternative pubbliche ai servizi tech e rimane da verificare se la politica abbia la voglia e gli strumenti necessari per raccogliere la proposta del think tank.