Facebook, piuttosto che pagare i giornalisti blocca la condivisione delle news

 

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L’Australia vuole passare una legge che obbligherà le Big Tech a pagare gli autori delle news condivise sui vari portali, ma Facebook si ribella.

Nella notte, l’azienda fondata da Mark Zuckerberg ha pubblicato sul proprio blog un lungo post nel quale, di fatto, lancia un tagliente ultimatum: se il Governo dovesse introdurre la nuova norma, il social impedirà alle testate e agli utenti australiani di condividere notizie.

Partendo dal presupposto che ormai la massa di utenti internettiani si limiti perlopiù a leggere i titoli senza consultare gli articoli, i legislatori stanno valutando di imporre a Facebook e a Google la retribuzione degli organi d’informazione che vengono citati sui rispettivi domini.

L’idea è che, considerando che solo una minoranza di lettori finisce con il leggere davvero i pezzi pubblicati, le Big Tech siano le uniche a guadagnare davvero dalle inserzioni pubblicitarie, mentre i creatori di notizie finiscono con il rimanere a bocca asciutta.

La Commissione dei Consumatori presume che Facebook benefichi maggiormente dal rapporto con gli editori, quando nei fatti è vero l’opposto. Le notizie rappresentano una frazione di quanto vedono le persone nei News Feed e per noi non sono una sorgente significative di introiti,

ha scritto Will Easton, direttore di Facebook Australia.

Stando all’azienda, il social si impegna a riportare le notizie per garantire il loro “ruolo vitale nella società e nella democrazia”, più che per un sordido e vile interesse economico.

 

Facebook Google

 

I giornali, d’altro canto, otterrebbero una preziosa visibilità che, sempre stando a Facebook, andrebbe a tradursi automaticamente in nuovi abbonamenti e in un maggiore flusso di visitatori sui siti degli editori.

La legge proposta è senza precedenti nel tentativo di controllare ogni aspetto di come le aziende tecnologiche facciano affari con gli editori di news. Ancora più stupefacentemente, obbligherebbe Facebook a pagare le organizzazioni giornalistiche per contenuti che gli editori mettono volontariamente sulle nostre piattaforme e a un prezzo che ignora il valore finanziario che noi garantiamo loro,

ha continuato Easton.

In verità, l’attuale legge nasce proprio in conseguenza a un report del 2019 con il quale la Commissione dei Consumatori aveva meticolosamente fatto i conti in tasca alle aziende Big Tech, un documento che ha immediatamente suggerito di imporre provvedimenti.

Consapevole del polverone che si sarebbe sollevato, l’Australia ha cercato di spingere le grandi aziende tecnologiche a vergare un codice di autocondotta, ma l’invito è stato bellamente ignorato.

Parallelamente a Facebook, anche Google sta manifestando poco entusiasmo all’idea di dover pagare le news che pubblica. Solo il mese scorso, il motore di ricerca ha infatti introdotto in Australia un pop-up atto ad avvisare gli utenti dell’esistenza di questa proposta di legge, affermando che la nuova regola potrebbe danneggiarli direttamente.

 

 

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