La recensione di We are who we are, serie tv di Luca Guadagnino: un sensuale, affascinante ed epidermico film lungo otto ore. Un racconto spiazzante su tutti i fronti, summa del Guadagnino pensiero: o si ama, o si odia. Noi l’abbiamo adorato. Dal 9 ottobre su Sky Atlantic e Now Tv.

Se il cinema di Luca Guadagnino fosse una parte del corpo umano, sarebbe certamente la pelle: epidermide e derma insieme costituiscono l’organo più grande ed esteso e hanno diverse funzioni, alcune apparentemente in contrasto tra loro. La pelle isola e delimita il nostro corpo dallo spazio esterno, ma allo stesso tempo è in continua comunicazione con l’ambiente: scambia acqua, calore, gas e contemporaneamente, quando tutto va bene, mantiene costante la nostra temperatura e composizione chimica, ci dà conoscenza immediata del mondo grazie ai nocicettori, che misurano il dolore, e può fungere da richiamo sessuale.

La pelle è quindi un sistema chiuso e aperto allo stesso tempo, in grado di mandare messaggi e trasmettere sensazioni

La pelle è quindi un sistema chiuso e aperto allo stesso tempo, in grado di mandare messaggi e trasmettere sensazioni. Guadagnino sembra approcciare la sua opera allo stesso modo della pelle. Fare questa premessa era necessario per scrivere la recensione di We Are Who We Are, serie tv in otto episodi prodotta da HBO e Sky, disponibile in Italia su Sky Atlantic e Now Tv dal nove ottobre, perché questo film lungo otto ore è la summa del Guadagnino pensiero.

 

 

Ideata e scritta da Luca Guadagnino insieme a Paolo Giordano, Francesca Manieri e Sean Conway, We Are Who We Are inizialmente doveva essere un teen drama sugli adolescenti dei sobborghi americani. Il regista ha avuto invece l’intuizione vincente di spostarla in una “piccola America” su suolo italiano, un’inesistente base militare in Veneto, vicino Chioggia, dove la finta patria a stelle e strisce fa da specchio a un intero paese, che si trova oltreoceano ma i cui confini si estendono in tutto il mondo. L’America diventa quasi uno stato mentale. È curioso come questa idea sia venuta a Guadagnino ricordando una conversazione fatta con l’attrice Amy Adams, che ha passato davvero parte della sua giovinezza in una base militare a Vicenza.

 

recensione di we are who we are

 

Siamo nell’estate 2016, alla vigilia dell’elezione di Donald Trump

Fulcro e cuore pulsante di We Are Who We Are è Fraser (Jack Dylan Grazer, Eddie in IT e Freddy Freeman in Shazam!) quattordicenne con due mamme, Sarah Wilson (Chloë Sevigny) e Maggie Teixeira (Alice Braga), la prima Colonnello a cui viene affidato il comando della base militare in Veneto, in cui tutta la famiglia di trasferisce da New York, e la seconda infermiera militare.

In questi confini limitanti Fraser fa fatica inizialmente a integrarsi: i suoi capelli ossigenati, lo smalto colorato, i pantaloni leopardati, l’amore per la musica, la moda, la poesia e la letteratura lo rendono una creatura difficile da inquadrare all’interno di un mondo rigido come quello dell’esercito. Ed è Fraser stesso a essere disorientato: la visione di un ragazzo più grande nudo, Jonathan (Tom Mercier), lo sconvolge, così come la conoscenza di Caitlin Poythress (Jordan Kristine Seamón), figlia di un soldato che vorrebbe essere nata uomo.

 

 

 

 

Quell’età tragica ed eccitante che è l’adolescenza

Ambientata tra l’estate e l’autunno 2016, alla vigilia dell’elezione di Donald Trump, un momento storico cruciale – che ha segnato in modo determinante, e non soltanto in America, questi ultimi quattro anni – We Are Who We Are è un racconto fatto di contrasti. Da una parte c’è il mondo fatto di regole dei militari, dall’altro l’entusiasmo e lo spirito anarchico degli adolescenti in preda agli ormoni, affamati, curiosi e terrorizzati da tutto ciò che li circonda. Apparentemente sicuro di sé e dei propri gusti, Fraser fa mille progetti, non avendo però ancora la sicurezza, sia mentale che economica, per realizzarli.

Se è vero che il livello di entropia di ogni sistema tende ad aumentare, il disordine che c’è nella mente e nel corpo di un adolescente è fuori scala,

Se è vero che il livello di entropia di ogni sistema tende ad aumentare, il disordine che c’è nella mente e nel corpo di un adolescente è fuori scala: e Guadagnino sembra essere profondamente affascinato dal questo microcosmo di sentimenti assoluti, drammi quotidiani ed esplosioni di sensualità. Come in Chiamami col tuo nome, il regista è profondamente innamorato dei suoi personaggi e degli attori che li interpretano e ci mette alla loro altezza: quando Fraser scrive un messaggio sul cellulare siamo con lui, quando insieme a Caitlin impugna un rasoio elettrico (in una delle scene più belle di tutta la serie) siamo lì con loro e proviamo quella stessa ebrezza, la follia momentanea, che è un attaccarsi alla vita, alla passione, al desiderio di affermarsi in un mondo che ci mette davvero troppo poco ad appiccicarci addosso un’etichetta.

 

recensione di we are who we are

 

Se c’è una cosa che accomuna tutti i protagonisti dell’opera di Guadagnino è la fame. E la curiosità. E la fluidità. Sembrano tre cose diverse, ma in realtà vanno di pari passo: nell’attenzione per il cibo, il regista mette a confronto culture diverse (come quando la mamma di Caitlin, di origini nigeriane, parla dei piatti che ama con quella di Frasier, che viene dal Brasile). E non è un caso che per gli americani la cucina sia quella rassicurante dei fast food, importati anche su suolo italiano, patria della buona cucina, e dei supermercati tutti uguali, in cui ogni prodotto è sullo stesso scaffale in ogni angolo del mondo.

La voglia di provare nuovi sapori rispecchia il desiderio di sperimentare nuove esperienze.

La voglia di provare nuovi sapori rispecchia il desiderio di sperimentare nuove esperienze: che sia la ricerca delle proprie radici islamiche da parte di Danny (Spence Moore II), fratellastro di Caitlin (il cui padre apparteneva a una fede diversa, che viene identificata come quella del “nemico”), o della propria identità sessuale. Guadagnino non giudica, non dà una tesi, un messaggio politico. Almeno non direttamente. Ma tende invece ad allargare ogni confine: la fame di vita di questi personaggi, adolescenti e adulti, supera la base militare, dilatando tempi e spazi.

We Are Who We Are è un intreccio di desideri, stati d’animo e corpi, di forme e colori diversi, che reagiscono tra loro e che Guadagnino non può che inquadrare con infinito amore. Spiazzando costantemente lo spettatore.

 

 

 

 

We Are Who We Are e la fluidità che spiazza

C’è una fluidità assoluta in We Are Who We Are: e non è soltanto quella sessuale dei protagonisti. I tempi tipici della serialità televisiva vengono spezzati, allungando scene, limitando i dialoghi, senza bisogno di inutili voci fuori campo o sguardi in camera.

Sperimentando con inquadrature e montaggio (opera di Marco Costa, che sostituisce lo storico collaboratore del regista, Walter Fasano), Guadagnino danza attorno ai suoi attori, con zoom, inquadrature ribaltate, dettagli di mani e ruote di biciclette. Tutto sembra muoversi in un liquido che permea ogni cosa, un flusso di coscienza per immagini ammaliante, che crea un mondo immersivo in cui non c’è bisogno di misteri o lotte per il potere, perché la lotta quotidiana alla scoperta di se stessi è già un’avventura emozionante.

 

recensione di we are who we are

 

In conclusione della recensione di We Are Who We Are, continuiamo col dire che tutto questo è arricchito da un cast ottimo, a cominciare dal giovanissimo Jack Dylan Grazer,

Uno dei più grandi attori contemporanei!

come lo ha definito Luca Guadagnino in conferenza stampa, e da una colonna sonora ipnotica che spazia da brani di Anna Oxa a Blood Orange (che compare anche nell’ultimo episodio), passando per Prince, Rolling Stones, Ryuichi Sakamoto, Francesca Michielin, Giorgio Moroder e i brani originali di Devon Hynes, realizzati appositamente per la serie. Imprevedibile e appassionato, We Are Who We Are è Guadagnino allo stato puro: o lo ami, o lo odi. Noi l’abbiamo adorato.

 

We Are Who We Are è su Sky Atlantic e Now Tv dal 9 ottobre.