La recensione di The Haunting of Bly Manor, la serie Originale Netflix creata da uno degli autori horror più promettenti degli ultimi anni, Mike Flanagan. Dopo The Haunting of Hill House, Flanagan si butta in un’antologia di case dominate da fantasmi del passato, rimorsi e dolore, ma attenzione… Bly Manor non è una semplice storia di fantasmi.
Siamo arrivati al giorno di uscita di una delle serie più attese di questo non poco accidentato 2020. In pieno periodo Halloween, Mike Flanagan torna dopo The Haunting of Hill House a terrorizzarci con una nuova incredibile e suggestiva serie TV.
Attraverso la recensione di The Haunting of Bly Manor andiamo a compiere un viaggio tra i fantasmi che popolano la tanto bella quanto decadente villa Bly ma, al tempo stesso, scivoliamo nel profondo di anime tormentate, anime estranee che, per qualche scherzo del destino, si ritrovano a vivere sotto lo stesso tetto, confrontandosi ogni giorno con quegli scheletri che hanno lasciato in un armadio dalla forma del passato.
Al centro di Bly Manor c’è si una famiglia ma formata per lo più da sconosciuti
Se, infatti, in Hill House era una famiglia al centro di tutto, con la sua forza, il suo dolore e le sue particolarità; al centro di Bly Manor c’è si una famiglia ma formata per lo più da sconosciuti. Ed appare quindi ben chiaro, quasi fin dall’inizio, che Flanagan sottolinei quanto la famiglia non sia solo legami di sangue, di carne e di ossa, ma sia molto più di questo. Spesso le famiglie ce le scegliamo. Spesso le famiglie sono molto diverse dal modello convenzionale che la società vorrebbe imporre. E altrettanto spesso la famiglia è composta da coloro che sanno come accompagnarti nei cammini più impensabili, più difficili, anche a discapito della loro stessa vita.
Ma prima di addentrarci nel vivo della recensione di The Haunting of Bly Manor, che vi ricordò sarà disponibile su Netflix proprio da oggi 9 Ottobre, è importante fare una premessa che, forse, per qualcuno sarà scontata ma per qualcun’altro è fondamentale ai fini della visione della serie TV:
Bly Manor non è nel più assoluto dei modi il seguito di Hill House.
Approcciarsi alla visione di questa opera di Mike Flanagan pensando di ritrovare il mondo, le suggestioni, la suspence e il terrore vissuto all’interno della Hill House della famiglia Crain, è quanto più di sbagliato che ci possa essere.
Esattamente come altre serie TV antologiche, tipo Black Mirror, American Horror Story, True Detective, ogni stagione di The Haunting è una storia a se stante, con nuovi personaggi, nuovi mondi da scoprire, nuovi modi di spaventare, impressionare, suggestionare. Ed è fondamentale tenerlo a mente se non si vuole avere una brutta delusione e, per questo motivo, abbandonare la visione di una delle serie TV più promettenti dell’anno. Ma adesso, veniamo a noi.
C’era una volta una istitutrice…
Tra le prime differenze che saltano immediatamente all’occhio tra il precedente Hill House e questo The Haunting of Bly Manor, troviamo un’unica protagonista – sicuramente accompagnata da un cast di co-protagonisti molto interessanti – anziché un cast corale.
Tutti e nove gli episodi della serie TV sono inquadrati, in un modo o nell’altro, esattamente dal punto di vista di Dani (Victoria Pedretti), ragazza americana trasferitasi negli anni ’80 a Londra in cerca di fortuna o, più semplicemente, in cerca di una nuova vita.
Fin dal primo fotogramma capiamo che qualcosa del passato si trascina Dani come una pesante e invadente ombra, ma abbiamo bisogno di tempo prima di comprendere cosa la vita precedente della nostra istitutrice nasconda davvero.
Il tutto è impostato come un racconto, esattamente come la storia da cui è tratto
Il tutto è impostato come un racconto, esattamente come la storia da cui è tratto, ovvero un grande classico della letteratura gotica incentrata su fantasmi e case infestate, Il Giro di Vite di Henry James. Un racconto che parte esattamente con Dani ed un’inserzione per conto del ricco Henry Wingrave (Henry Thomas) a cui risponde senza esitazione.
Henry è un uomo solitario, freddo e cinico, ma che dietro quella corazza nasconde un dolore pungente e profondo che Dani può percepire fin da subito. Tutore dei suoi nipoti, rimasti orfani troppo presto, il signor Wingrave cerca una istitutrice per i due bambini, Miles (Benjamin Evan Ainsworth) e Flora (Amelie Bea Smith).
La donna dovrà trasferirsi nella casa di famiglia di campagna Bly Manor, poco più fuori della città, dove i due bimbi vivono già assieme alla governante Hannah (T’Nia Miller), il cuoco Owen (Rahul Kohli) e la giardiniera Jamie (Amelia Eve).
Unica vera raccomandazione è quella di non chiamare mai, se non per reali questioni di vita o di morte, il signor Wingrave. E per quanto tutto quello, dall’inserzione appetitosa ma al tempo stesso stantia alla raccomandazione rigida, sembri a Dani fin troppo sospetto, le necessità di allontanarsi dal suo vecchio mondo sono tali da accettare senza neanche pensarci due volte. In fondo, come può proprio lei giudicare un uomo come quello lì?
Del resto, come presto scopriremo, tutti a Bly nascondono qualcosa, ed è proprio questo il potere magnetico del vecchio maniero di famiglia.
Benvenuti a Bly Manor
Fin da un primo sguardo, esattamente come le parole di Henry James facevano a suo tempo nel racconto datato 1898, Bly ci appare come quelle classiche ville dall’estetica capace di smorzare il fiato, ma che nella loro bellezza nascondono qualcosa di terribilmente inquietante e sbagliato.
Vecchie case scricchiolanti che più che essere belle, conservano una nostalgica bellezza dei loro reali tempi di splendore e grande bellezza
Vecchie case scricchiolanti che più che essere belle, conservano una nostalgica bellezza dei loro reali tempi di splendore e grande bellezza, nonché spensierata felicità. Invece, tutto quello che vi rimane attualmente sono proprio i fantasmi di un tempo passato e una bolla dove spazio e tempo sono completamente autonomi rispetto alle regole comuni del mondo.
L’istitutrice Dani si perde immediatamente in questo mondo, ma comprende anche quanto Bly Manor nel suo fascino nasconda qualcosa di terribilmente perverso e doloroso, diventando una calamita per chi, come lei, ha lasciato alle spalle un fantasma talmente tanto grande da non essersene mai liberata.
Un dolore quello di Bly che si affaccia nello sguardo di chi la vive, di chi la porta sulla propria pelle, dagli sguardi nei dipinti appesi a quella dei fanciulli che con le loro urla alimentano gli scricchioli della casa.
Ogni singolo angolo, anfratto e porta di villa Bly nasconde un segreto. Ogni sentimento generato da chi vi abita e chi vi ha abitato, genera un’emozione, una sensazione che a sua volta è genitrice di un fantasma, o di un demone. Sono i sentimenti il vero motore di funzione di The Haunting of Bly Manor, mostrandoci fin da subito che Mike Flanagan ha abbandonato la paura più classica mostrata in modo sorprendentemente convincente in Hill House, per donarci qualcosa di più maturo, profondo ed emotivo.
Un viaggio di morte, dolore e amore
Il racconto di Henry James, come già anticipato prima, è una delle ghost story più influenti del genere. Uno di quei classici, di quei capisaldi, imprescindibili quando ci si approccia alla letteratura di genere, al romanzo gotico, e che sono stati fondamentali anche per la creazione e sviluppo del cinema così come lo conosciamo noi adesso.
A differenza del racconto di Shirley Jackson, quindi, che scrive un’opera di fattura orrorifica assai differente, per cui per forza di cose lo stesso Hill House assume una natura ben più terrificante; Il giro di vite e Bly Manor attingono le loro radici nelle pulsioni dell’animo umano. All’interno dei sentimenti e di paure ben più primitive, come per esempio la morte.
Può il mostro sotto al letto farci davvero più paura della morte? O forse ci fa paura proprio perché il mostro sotto al letto è la morte stessa? Bly Manor è proprio su questo secondo concetto che si basa.
La morte nella sua forma più pura analizzata da diversi punti di vista: quello di chi rimane e quello di chi… muore. C’è qualcosa di peggio della morte, ed è proprio la maledizione, la condanna di un corpo in un purgatorio continuo costretto a vagare tra la terra dei vivi e quella dei morti, passando dalla non accettazione del proprio trapasso all’insofferenza nei confronti della propria condizione.
A questo va accostato il motivo della morte. La morte violenta è sempre oggetto di miti e leggende, di spiriti in cerca di vendetta, altri in cerca di redenzione, altri ancora in cerca di qualcosa che hanno perso e che non sanno ancora di non poter più avere.
Ma assieme alla morte c’è un altro elemento che è fondamentale nella scrittura e realizzazione di un racconto gotico: l’amore. Nelle più grandi tragedie, nelle più grandi storie l’amore va sempre a braccetto con la morte. E nel romanzo gotico amore e morte sono come gemellati, sposati, uniti da un destino tanto potente quanto infausto.
Mike Flanagan rende tutto questo in The Haunting of Bly Manor giocando con i fantasmi e, esattamente come da tradizione gotica, li tramuta in ferite emotive che condizionano il passaggio di ogni singolo personaggio nella storia.
Il passato e presente si fondono in questo senso, si fanno eco a vicenda, e rendono Bly Manor un viaggio di emozioni, di sensazioni e situazioni di vissuto personale nel quale lo spettatore può rispecchiarsi con enorme facilità e presa emotiva.
Non una “semplice” storia di fantasmi
All’inizio della recensione di The Haunting of Bly Manor abbiamo specificato che tra le più grandi differenze tra Hill House e questa recentissima serie, spicca la differenza di protagonista, in particolar modo la differenza di rappresentazione di famiglia.
I personaggi di Bly Manor, a cominciare da Dani, sono tutti estranei provenienti da estrazioni sociali completamente differenti. Provenienti da vite diverse ed opposte ma che, nel medesimo tempo, si ritrovano uniti dai loro stessi conflitti, tensioni, ma anche dallo stato di amicizia, di fiducia e, per qualcuno, anche d’amore.
Flanagan realizza non semplicemente una storia di fantasmi, ma una vera e propria storia d’amore dove mistero, suspence e tragedia si mescolano
Nella tradizione del romanzo gotico, Flanagan realizza non semplicemente una storia di fantasmi, ma una vera e propria storia d’amore dove mistero, suspence e tragedia si mescolano in un mix perfetto di grandi emozioni che accompagno lo spettatore dall’inizio alla fine della serie TV.
Forse in un primo momento, nella visione del pilot, Bly Manor potrebbe sembrarvi qualcosa di profondamente diverso da ciò che avreste potuto aspettarvi; ma ripeto, il segreto è dimenticare completamente Hill House, e perdersi in un racconto che per quanto diverso, riesce ad essere altrettanto autentico ed incisivo.
Al terrore viscerale generato dai jumpscare, da un’incredibile maestria nel gestire la suspence che abbiamo potuto vivere con Hill House, Mike Flanagan a questo giro decide di focalizzarsi decisamente di più su emozioni che scavano nella natura umana, nella doppia natura dell’essere umano, mostrando la sua faccia più pura e quella più contaminata, perversa.
Ed è come se molti dei personaggi avessero, in fondo, un doppio con cui sono in costante lotta, esattamente come accade nella vita di tutti i giorni. E da questo punto di vista Bly Manor ci appare anche come un racconto di crescita, di formazione.
Amando, odiando, chiedendo vendetta, perdono, soffrendo, gioendo, siamo noi a creare quei fantasmi. Siamo noi a lasciare una profonda traccia nel cammino, a creare qualcosa che, in fondo, non ci lascerà mai. E siamo sempre noi a dover affrontare quel qualcosa, a renderlo benigno e non dargli la possibilità di prendere il completo sopravvento.
La vita ci pone da sempre di fronte a delle scelte, degli ostacoli, delle situazioni difficili per non dire impossibili, ma a quanto serve aggirare l’ostacolo? A cosa serve scappare lasciandoci tutto alle spalle? A nulla. Il conto ci verrà comunque servite, presto o tardi, e pagarlo sarà ancora più difficile.
Volti uguali, personaggi diversi
C’è chi nelle serie TV antologiche preferisce cambiare attori, basti pensare a Charlie Brooker con Black Mirror, e chi, invece, preferisce mantenere gli stessi attori, come per esempio Ryan Murphy.
Mike Flanagan appartiene alla scuola di pensiero Murphy e, quindi, in Bly Manor vedremo comparire volti già visti come, la già citata, Victoria Pedretti nel ruolo della protagonista Dani, oppure Oliver Jackson-Cohen in quello dello spietato Peter Quill e Henry Thomas in quello Henry Wingrave.
In Bly Manor vedremo comparire volti già visti
Altre due guest-star del cast passato di Hill House torneranno in Bly Manor; non voglio svelarvi più di tanto, soprattutto per il ruolo da loro ricoperto, in particolar modo per una che vedremo in uno degli episodi più suggestivi, ed omaggianti il cinema muto in bianco e nero, di tutta la serie.
Tutti gli attori li troviamo coinvolti in ruoli completamente diversi ed opposti rispetto al personaggio precedentemente interpretato. Spicca su tutti Victoria Pedretti, che con la sua Dani inspira tenerezza e compassione. La caratterizzazione di questo personaggio è tanto complessa quanto dettagliata. Perennemente in bilico tra l’innocenza e la colpa, l’insicurezza e il desiderio, l’amore e il sacrificio.
Dani è il collante di un gruppo di estranei che finiscono col diventare una famiglia. Una famiglia destinata a distruggersi, a scomparire dalla memoria come un quadro vecchio, consunto e dimenticato.
Tra le novità presenti, grande nota di merito va alla bravissima T’Nia Miller che ci regala uno dei personaggi più belli di tutta la stagione, a cui viene dedicato uno degli episodi più particolari e meravigliosamente costruiti della serie. Nella sua apparentemente freddezza, Hannah è una donna ferita, fragile ed impaurita. Hannah è una donna che non ha mai avuto il coraggio di osare, incatenata fedelmente alle mura di Bly, e quando finalmente il bisogno di evasione esplode prepotentemente in lei come gli amori adolescenziali in primavera, Hannah scoprirà una realtà che andrà ben oltre il suo stesso concetto di fede.
In conclusione della recensione di The Haunting of Bly Manor, possiamo dire di godervi il viaggio. Liberare la mente da aspettative e inutili paragoni. Bly Manor è una sorpresa continua. Un racconto doloroso, fatto di angoscia, di paura e di morte. Ma anche un racconto carico di vita, di amore e di legami tra persone. Di quanto sia importante nella vita fare di necessità virtù e non scappare di fronte i problemi ma avere il coraggio di chiedere aiuto, avere una mano da stringere, una spalla su cui piangere.
L’adattamento di Mike Flanagan è tanto originale quanto affascinante.
L’adattamento di Mike Flanagan è tanto originale quanto affascinante. Una sua reinterpretazione del racconto e dello stile narrativo stesso di Henry James, ricco di profonde emozioni, di suggestioni e di brividi sottili ed intimi. Probabilmente non esattamente la serie horror che stavate aspettando, ma indubbiamente qualcosa di molto più intimo, maturo e altrettanto magnetico.