L’arcobaleno è un fenomeno ottico e meteorologico che si può osservare quando la luce del Sole attraversa le goccioline d’acqua rimaste in sospensione nell’aria dopo un temporale, o una fonte d’acqua. Ma quali sono le sue caratteristiche e nel passato che ruolo ha avuto?

Da qualche parte oltre l’arcobaleno, il cielo è azzurro e i sogni impossibili diventano realtà.

Dal film “Il Mago di Oz”

 

Uno dei capolavori del cinema fantastico, Il Mago di Oz, traghetta grandi e piccini verso mondi straordinari e l’arcobaleno è un punto focale del film del 1939, scopriremo più avanti la connessione tra il film e il fenomeno naturalistico.

In natura l’arcobaleno (parola che deriva dal latino arcus pluvius cioè arco piovoso) è uno dei fenomeni naturali più straordinari che si possono ammirare: visivamente è un arco composto da sette colori principali: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto, con il rosso all’esterno e il viola nella parte interna. Ci sono dei consigli su come osservare gli arcobaleni?

Senza dubbio quando metà del cielo è ancora scuro, a causa delle nuvole di pioggia e l’osservatore si trova in un punto con sopra il cielo sereno, è una condizione ottimale per vedere in maniera nitida tutti i colori. L’effetto dell’arcobaleno ricordiamolo che è molto comune anche vicino alle cascate o alle fontane. Da un aereo, si ha l’opportunità di vedere un arcobaleno a forma di cerchio intero (fenomeno straordinari), con l’ombra dell’aereo nel suo centro.

 

Un arcobaleno nelle praterie del South Dakota (foto ©Alessio Vissani)

 

 

 

Il Principio ottico

La formazione dell’arcobaleno è determinata da tre effetti ottici distinti: rifrazione, dispersione e riflessione. I raggi solari infatti, quando entrano in una goccia di pioggia, di forma pressoché sferica, vengono rifratti, cioè deviano la loro traiettoria.

Questo deriva da un principio fisico che si verifica quando un raggio luminoso passa da un ambiente poco denso come può essere l’aria ad uno molto più denso come l’acqua. Poiché questa deviazione è diversa a seconda dei vari colori che compongono la luce bianca (quella del Sole), avviene anche il fenomeno della dispersione o diffrazione.

In pratica quello che inizialmente era un unico raggio di luce bianca, diventa un fascio di luce colorata: una luce scomposta appunto in altri sette colori. Ultimo dei tre effetti è quando i questo fascio colorato arriva alla parete opposta della goccia e viene riflesso e rimandato indietro verso l’osservatore che può vederlo a questo punto molto bene perché evidenziato sul fondo scuro della nube che lo forma.

Il principio ottico, se dovessimo paragonarlo a qualcosa di “artificiale”, è lo stesso che causa la dispersione della luce quando osserviamo un brillante.

Cartesio spiegò anche il perché l’arcobaleno ha la forma di “arco” più o meno completo, che noi vediamo in cielo. Essa infatti è dovuta al fatto che noi vediamo i raggi che arrivano al nostro occhio dall’insieme delle gocce che formano la nube. Per questo l’arcobaleno ci appare molto grande quando la nube è lontana e un po’ più piccolo quando la nube è vicina.

Ma è proprio l’arco e la geometria di quest’ultimo che ci porta all’analisi di un numero molto particolare: il 42.

 

Schizzo di Cartesio su come si formano l’arcobaleno primario e quello secondario

 

 

 

La geometria dell’arcobaleno

Pensate all’arcobaleno come a un cerchio. Ora, tracciata una linea che, partendo dal sole e superando l’osservatore arrivi fino al centro dell’arcobaleno stesso. La linea che dall’osservatore arriva al punto più alto dell’arcobaleno crea sempre un angolo di 42°.

Ma tornando ad una spiegazione più tecnica ricordiamo che l’arcobaleno ha origine dalla dispersione ottica della luce solare che attraversa le gocce di pioggia. L’effetto complessivo è che la luce in arrivo viene riflessa in una larga gamma di angoli, con la luce più intensa riflessa con un angolo di 42°.

Più è alto il sole, più basso sarà l’arcobaleno. Più basso è il sole, più alto sarà invece l’arcobaleno.

La quantità di luce che viene rifratta dipende ovviamente dalla sua lunghezza d’onda, e quindi dal suo colore. La luce blu (che rappresenta le onde più corte) viene rifratta a un angolo molto più grande di quella rossa, ma siccome l’area nel retro di una gocciolina ha un punto focale al suo interno, lo spettro lo attraversa, e così la luce rossa appare più alta nel cielo, formando in questo modo tutti i colori esterni dell’arcobaleno.

 

 

Ma anche la grandezza delle stesse goccioline determina la nitidezza dei colori. Le goccioline da 0,5 a 1 millimetro, praticamente la classica pioggerella, creano dei colori molto brillanti.

Le gocce come quelle presenti nelle nuvole creano invece un ampio arcobaleno, ma dai colori molto più tenui. Le gocce più grandi risentono in maniera maggiore della pressione dell’aria ed è per questo che influiscono poco sulla nascita dell’arcobaleno stesso.

Quindi la grandezza migliore delle gocce di pioggia per un arcobaleno è composta tra 0,5 millimetri e 1 millimetro.

 

 

 

Ma le striscie di colore sono reali oppure no?

Ovviamente anche le strisce che vediamo sono semplicemente un “effetto visivo”, siamo noi che le vediamo così. La “distribuzione” del colore in un arcobaleno è continua e quindi possiamo asserire che non ci sono strisce.

Alcuni scienziati pensano che sia il nostro cervello a dividere lo spettro dell’arcobaleno in bande distinte e differenti in quanto noi umani amiamo “organizzare” ogni cosa, inclusi i colori, e ciò vizia anche il modo in cui percepiamo la dispersione della luce dell’arcobaleno.

Ma l’esatto meccanismo per cui vediamo le strisce rimane sconosciuto. Ricordiamo che alla base dei colori delle strisce c’è lo spettro.

La luce bianca attraversando un prisma si scompone in diversi colori (lunghezza d’onda), ciascuno dei quali ha un’angolazione differente e dà luogo a una banda di colori appunto chiamata spettro.

Il prisma altro non è che un solido rifrangente (spesso triangolare) utilizzato sia in ottica sia per scomporre la luce nei suoi colori (spettro) sia per deviare il percorso luminoso come nei binocoli prismatici.

Al di la sopra e al di sotto dello spettro solare esistono delle particolari radiazioni elettromagnetiche invisibili all’occhio dell’uomo. I famosi raggi infrarossi e ultravioletti.

 

 

I raggi infrarossi sono emessi da tutti i corpi caldi e il loro uso ha permesso di sviluppare e studiare delle tecniche importanti di fotografia impiegate soprattutto nel campo della ricerca scientifica o anche per ottenere dei particolari effetti artistici.

Al loro estremo ci sono i raggi ultravioletti, presenti in natura nei raggi del sole, ma riproducibili anche artificialmente con scariche elettriche per utilizzarli nel campo industriale, della ricerca e della medicina.

 

 

 

L’arcobaleno nella storia cosa rappresentava?

Nella mitologia del nord, e nelle culture norrene, l’arcobaleno altro non è che il mitico bifrost, il ponte che connette il mondo dei morti a quello dei vivi. In realtà sono tante le culture, anche distanti, che vi hanno visto un collegamento tra il cielo e terra

una sorta di ponte che potesse traghettare i vivi nel regno dei cieli.

Per i greci l’arcobaleno era Iris, (o Iride), la messaggera degli dei e nell’antica religione indù, l’arcobaleno è invece l’arco di Indra, dio dell’atmosfera e della pioggia. Nella religione cristiana invece l’arcobaleno è un segno del Patto tra Dio e l’umanità: dopo che Noè sopravvive al diluvio, Dio inviò un arcobaleno per promettere che non avrebbe mai più inondato la terra, un simbolo di pace e di accordo.

 

Il Bifrost e nello sfondo Asgard

 

L’arcobaleno è anche diventato il simbolo per un movimento moderno nella religione ebraica chiamato B’nei Noah (letteralmente i figli di Noè). I B’nei Noah sono coloro che continuano a professare nel modo del loro antenato Noè.

Il movimento di Noè ha le sue radici nella tradizione ebraica, specificamente nel Talmud. In tutte culture emerge un significato quasi univoco: quello del passaggio da una condizione a un’altra, ma anche quello di legame indissolubile tra due mondi e realtà in grado di comunicare.

Fondamentale da qui il concetto di apertura verso altri mondi (anche ultraterreni) e quindi l’arcobaleno rappresenta senza dubbio uno dei simboli più importanti che riguardi il processo di cambiamento e l’inizio della ricerca di altri significati e di maggiore consapevolezza interiore.

Ma ovviamente tra le più belle leggende c’è senza dubbio quella irlandese dedicata alla pentola d’oro.

La leggenda racconta che un folletto nascose una pentola d’oro dove l’arcobaleno tocca terra.

Si dice anche che si possa esprimere un desiderio, se si riesce a vedere il punto in cui l’arco di colori raggiunge il suolo. Per far sognare i più piccoli, la maggiorparte degli irlandesi racconta che è sufficiente anche solo a  riuscire a vedere un arcobaleno per poter avere diritto al desiderio.

 

 

 

Simbolo LGBT e del Gay Pride: perché?

L’arcobaleno è il simbolo LGBT (comunità di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender) più conosciuto al mondo.

La prima bandiera arcobaleno LGBT fu progettata nel 1978 da Gilbert Baker per il Gay Pride a San Francisco. Baker era un’attivista gay, artista autodidatta divenuto famoso proprio come “cucitore di bandiere”.

A chi gli chiese perché proprio l’arcobaleno, Baker rispose:

A lungo siamo stati identificati con il triangolo rosa che ci avevano affibbiato i nazisti. Ma questo simbolo era figlio di un mondo orribile. Avevamo bisogno di qualcosa di bello.

L’arcobaleno è perfetto perché si adatta davvero alla nostra diversità in termini di etnia, genere, età e altro.

 

Secondo le varie ricostruzioni ci sarebbero molte spiegazioni della scelta dell’arcobaleno come simbolo. Innanzitutto perché i colori accesi, dal giallo, al verde, al porpora sono stati da sempre usati e indossati dalle persone omosessuali per identificarsi e riconoscersi a vicenda, una sorta di divisa ufficiale non scritta.

In più c’è anche una motivazione musicale riferita all’intramontabile classico cantato da Judy Garland “Over The Rainbow” che specialmente in quegli anni era divenuta una canzone simbolo, amata dalla comunità omosessuale americana soprattutto per il testo che si riferisce ad un mondo d’amore appena sopra l’arcobaleno.

 

 

Il design originale aveva otto colori, ognuno con il suo significato (il rosso per esempio indicava la vita e il verde l’amore per la natura). Poi per motivi pratici i colori sono diventati sei: la tintura rosa era troppo costosa, e il blu e il turchese si sono “fusi” nel blu.

 

In seguito si è diffusa una bandiera della pace che le somiglia moltissimo.

La differenza tra le due bandiere è nei colori: sette nella bandiera della pace, sei in quella LGBT. Poi sulla bandiera della pace, è spesso impressa la scritta “pace” con il simbolo classico.

La bandiera della pace in Italia è stata avvistata la prima volta alla marcia Perugia-Assisi nel 1961.

 

 

 

 

Quando si formano due arcobaleni e altre curiosità

Il famoso doppio arcobaleno è un evento abbastanza raro (ma nemmeno tanto). Due arcobaleni hanno dei colori non speculari e soprattutto delle diverse nitidezze.

Il primario è l’arcobaleno più brillante con il colore rosso al di fuori e il violetto all’interno invece nell’arcobaleno secondario, di un colore molto più tenue, la luce si riflette due volte all’interno delle goccioline dando luogo a un’inversione dei colori con il rosso al suo interno e il violetto al di fuori.

 

Un doppio arcobaleno nelle praterie del South Dakota (foto ©Alessio Vissani)

 

L’arcobaleno più lungo del mondo (o osservato più a lungo) è stato quello di Yangmingshan (Taipei) il 30 novembre 2017: è rimasto visibile per 8 ore e 58 minuti, battendo l’arcobaleno di Sheffield, in Inghilterra, che il 14 marzo 1994 era durato più o meno dalle 9 alle 15. L’arcobaleno è stato monitorato dalla Chinese Culture University, che si trova su una montagna a nord di Taipei.

Un’altra curiosità è quella dedicata ai famosi arcobaleni di fuoco. Vengono chiamati arcobaleni anche se sono del tutto differenti dagli archi colorati. A determinate latitudini e in particolari condizioni climatiche si formano infatti strisce parallele alla linea dell’orizzonte. La luce in questo caso viene rifratta da cristalli di ghiaccio presenti ad alta quota.