ONU, “l’umanitá deve smettere di fare la guerra alla natura”

Il summit dell’ONU sulla crisi della biodiversità ha evidenziato fallimenti su tutta la linea: stiamo distruggendo la natura.

Il panorama delineato mercoledì da Antonio Guterres, segretario delle Nazioni Unite, è allarmante: negli ultimi dieci anni le nazioni di tutto il mondo non sono riuscite a rispettare gli obiettivi ecologici che si erano imposte, fomentando disequilibri che acuiranno anche la diffusione di malattie mortali quali l’AIDS, l’ebola e il Covid-19.

L’umanità sta dichiarando guerra alla natura e noi dobbiamo invece risanare la nostra relazione con essa. […] Dieci anni fa avevamo siglato degli impegni che avrebbero dovuto proteggere il nostro pianeta. Abbiamo in grande misura fallito.

Ma nei luoghi in cui sono stati eseguiti degli sforzi, i benefici alle nostre economie e alla salute umana e planetaria sono inconfutabili. La natura è resiliente ed è in grado di riprendersi se cessiamo il nostro implacabile assalto,

ha dichiarato Guterres facendo riferimento agli accordi firmati ad Aichi, Giappone, nel 2010.

All’evento, tenutosi online, erano presenti più di 100 capi di governo, molti dei quali hanno espresso tutto il loro supporto morale, sottolineando le preoccupazioni formali dei rispettivi paesi.

Il principe Carlo d’Inghilterra non ha usato mezzi termini, ha denunciato che ormai si sia agli sgoccioli e che sia necessario agire. Sulla stessa linea anche il premier francese Emanuel Macron, il quale ha urlato con convinzione che il 2021 debba essere l’anno del fare.

La perdita della biodiversità e la degradazione dell’ecosistema rappresentano un rischio prioritario alla sopravvivenza umana,

ha lamentato il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping.

Via Twitter, l’attivista svedese Greta Thunberg commenta l’incontro con malcelata acidità, facendo notare che su carta sia molto facile impegnarsi, ma che poi nessuno porti avanti le draconiane riforme necessarie a che i buoni propositi vengano concretizzati.

 

 

Un’osservazione tutto sommato opportuna, se si considera che il fallimento degli impegni presi per il 2020 finisce inesorabilmente per replicare il fallimento di quelli che avrebbero dovuto attenuare le criticità entro il 2010.

Ora l’asticella si sposta nuovamente di dieci anni, nel 2030, con molti dei membri ONU che hanno firmato un nuovo patto in difesa della natura. Il Brasile, l’India, gli Stati Uniti e la Cina, i paesi più inquinanti al mondo, si sono astenuti dal prendere parte al progetto.

 

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