Ratched, la recensione: nella mente di Mildred Ratched

recensione di Ratched

La recensione di Ratched, la nuova serie TV Original Netflix, creata da Ryan Murphy e basata sull’iconico personaggio cinematografico Mildred Ratched, la perfida infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo, creata da Ken Kesey. Da oggi disponibile su Netflix.

Se qualcuno di voi ha visto quel capolavoro del 1975 di Milos Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo, basato sull’omonimo romanzo di Ken Kesey, allora Mildred Ratched la conosce già. Interpretata all’epoca dall’attrice Premio Oscar Louise Fletcher, è la terribile capo infermiera all’ospedale psichiatrico di stato di Salem, che sarà la causa della fine dei sogni di libertà dell’anticonformista Randle (Jack Nicholson).

Assieme alla recensione di Ratched, andiamo alle origini del mito e proviamo a rispondere alla domanda: come nasce un villain?

Alla base dello studio della mente criminale, c’è da sempre il grande dibattito sulla questione: si nasce cattivi o lo si diventa? La maggior parte degli studi sono riusciti ad affermare che lo stato di malvagità della mente umana che porta a compiere atti terrificanti e violenti, è dovuto il più delle volte a traumi pregressi, soprattutto in età infantile.

 

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le probabilità sono molto alte nell’associare un’infanzia borderline con una mente disturbata

Certo, ci sono le dovute eccezioni, e di fatti non tutti gli adulti con un’infanzia da incubo sono serial killer e non tutti i serial killer hanno avuto un’infanzia da incubo; eppure, le probabilità sono molto alte nell’associare un’infanzia borderline con una mente disturbata. Di certo, come vediamo nel film del 1975, lo sprezzo per la vita, per la condizione in cui si trovano i malati e i “malati”, il pugno di ferro e al tempo stesso l’inettitudine nel gestire il reparto, fanno capire che qualcosa nell’infermiera Ratched si è rotto. Ma quando? E come?

Ryan Murphy ci porta nuovamente in uno dei suoi mondi distorti, saturati e ricchi di dettagli e sfumature grottesche e inquietanti dell’animo umano.

Murphy, forte sostenitore dei freaks e dei mostri, ci ha dimostrato in più di un’occasione che i veri mostri non vivono sotto al letto e che spesso e volentieri hanno le forme e i vestiti più inaspettati, proprio come quelli di un’infermiera.

 

 

 

 

Alle origini del male

Composta da otto episodi, e già confermata per una seconda stagione, Ratched si apre nel migliore e gustoso modo possibile: un brutale omicidio. Un uomo, Edmund Tolleson (Finn Wittrock), uccide e sevizia brutalmente quattro preti, per poi essere arrestato e portato nel centro psichiatrico del dottor Richard Hanover (Jon Jon Briones), nel Nord della California, per poter essere studiato e valutato insano di mente o capace di intendere e volere, e quindi andare a processo per essere… giustiziato.

 

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È il 1947 e l’infermiera Mildred Ratched (Sarah Paulson) si trova a cercare lavoro proprio in quello stesso istituto psichiatrico

È il 1947 e l’infermiera Mildred Ratched (Sarah Paulson) si trova a cercare lavoro proprio in quello stesso istituto psichiatrico. Sebbene il suo CV faccia molto gola, il Dr. Hanover è restio nei confronti dell’assunzione della donna per una mera questione di budget. Istituti come i suoi vengono finanziati dallo Stato e, spesso e volentieri, i soldi non bastano mai per poter disporre di tutte le infrastrutture e personale necessario alla cura e benessere di pazienti così compromessi. Impareremo subito a conoscere Mildred e la sua tenacia e il suo non sapersi arrendere.

Il motto dell’infermiera? Se non hai l’occasione, createla da sola.

Iniziamo a conoscere fin dai primi passi alcuni degli elementi caratteristici di una delle infermiere più terrificanti della storia del cinema ma, soprattutto, Ryan Murphy compie una delle pratiche che più spiazzano lo spettatore: umanizzare il mostro. Si, perché quando cominciamo a provare empatia per il mostro, quando capiamo che dietro al mostro c’è dell’altro, c’è un lato umano fragile, frammentato, spezzato, soppesiamo in maniera differenti gli elementi sulla bilancia.

 

recensione di Ratched

 

L’arco di trasformazione del personaggio interpretato magistralmente – come sempre – da Sarah Paulson è affascinante e interessante. Non tutto quello che vediamo va preso per oro colato e man mano che gli episodi vanno avanti, comprendiamo che sono molti i misteri e i segreti raccapriccianti di questo personaggio, arrivando quasi a giustificare le azioni che sarà costretto a compiere.

Inoltre, in una cornice storica estremamente cruenta e complessa, Mildred si mostra con una faccia diversa e inaspettata, quello dell’angelo della misericordia. La mano che stacca la spina, la carezza che da sollievo, la mente che comprende. Capace perfino lei di inorridire, e al tempo stesso restare affascinata, dalle terrificanti pratiche dell’epoca.

 

 

 

Tra malattia e tortura

Ratched ci mette di fronte subito ad una problematica molto seria di quegli anni, problematica evidenziata proprio dal film di Forman e precedente dal romanzo, che faceva luce sulle terrificanti condizioni in cui vertevano gli ospedali psichiatrici dell’epoca. Non solo uno staff completamente impreparato e una ricerca medica discriminante e bigotta, ma anche l’uso improprio di terapie al limite della tortura.

Viene portata avanti una lunga, sebbene frammentaria, critica nei confronti del sistema sanitario mentale che per molti decenni è stato, sotto lo sguardo di tutti, libero di praticare barbere sperimentazioni su pazienti tanto sani quanto malati. In epoche più remote bastava pochissimo per essere bollati come “pazzi”: basti pensare alle donne definite isteriche, oppure a semplici disturbi del sonno o disordini alimentari, o ancora depressione e disattenzione, per non parlare di aspetti più drammatici e grotteschi legati alla sfera sessuale, a partire dall’auto-erotismo fino ad arrivare all’omosessualità.

 

recensione di Ratched

 

Viene portata avanti una lunga critica nei confronti del sistema sanitario mentale

In Ratched questi aspetti ci vengono ben elencati e descritti, spesso messi al fianco di persone realmente malate e affette da disturbi reali legati alla sfera emotiva e caratteriale, come il bipolarismo e personalità multiple, arrivando alla sociopatia e psicopatia. Ovviamente tutte patologie mentali curate nel più disparato – e sbagliato – dei modi.

Non solo i pazienti vengono trattati con negligenza ma in più viene fatto pesare su di loro lo status mentale nel quale si trovano, come se fosse colpa loro. Diventano così topi da laboratorio sottoposti a “terapie” quali elettroshock, idroterapia (passando da vasche di 48° a vasche di ghiaccio), ipnosi e… lobotomia. Una delle pratiche più efferate e violente. Uno stupro vero e proprio dell’intelletto e dignità dell’essere umano, rendendolo poco più di un vegetale, avvalendosi della formula

É per alleviare le sue pene. Adesso sarà felice!

In questo Murphy calca moltissimo la mano, ma questo non dovrebbe sorprenderci. Qualche spettatore potrà restare più disturbato che inquietato dalla visione ma, in fondo, fin dal primo trailer questo Ratched ci ha ricordato moltissimo una delle più belle stagioni – e disturbanti – della serie antologica American Horror Story, ovvero Asylum.

 

 

Per quanto in Asylum la condizione dei malati veniva estremizzata fino all’eccesso, in Ratched comunque si tiene conto di un certo livello di tortura e sopportazione dell’occhio umano, cercando anche di rendere ancora più inquietante l’atmosfera che circonda i luoghi della serie.

 

 

 

Omofobia e maschilismo, le vere malattie mentali

La condizione degli ospedali psichiatrici statali non è l’unica tematica trattata all’interno della serie TV di Murphy. Infatti, altri due aspetti molto interessanti riguardano una sfera che, in fondo, ci è ancora fin troppo vicina: l’omofobia e il maschilismo.

La maggior parte dei personaggi femminili presenti nella serie TV, compresa la stessa Mildred, per quanto si presentino con una personalità forte e dominatrice, finiscono con l’essere costantemente sottomesse e zittite dal maschio bianco etero di turno.

Devono sopportare commenti indesiderati sul loro corpo. Accusate di pazzia se si dichiarano lesbiche. Prese meno in considerazione perché semplicemente… donne. C’è un abuso di potere e di come questo potere può plasmare la mente. Una sottomissione del genere che nella serie avanza con prepotenza, per quanto ci venga anche mostrata – in minima parte – l’altra faccia della medaglia.

 

 

Non è un caso se la stessa Mildred, passando da uno stato all’altro, sul finale di questa stagione ha una presa di coscienza fondamentale, importante e irreversibile. Così come qualsiasi personaggi all’interno di una storia viene chiamato, alla fine del suo arco narrativo, a fare una scelta, allo stesso modo Mildred Ratched, negli ultimi rintocchi dell’ottavo episodio è portata a fare una scelta. Due vite le si aprono di fronte. Due modi diversi di portare avanti la sua esistenza: schiava del passato o libera a qualunque costo.

Ed è interessante come, fin dall’inizio, le scelte di Mildred andranno ad influenzare gli altri personaggi

Ed è interessante come, fin dall’inizio, le scelte di Mildred andranno ad influenzare gli altri personaggi, come lo stesso Edmond oppure Gwendolyn Briggs (Cynthia Nixon), l’assistente del viscido governatore George Wilburn (Vincent D’Onofrio). Il rapporto tra le due donne sarà molto importante al fine dello sviluppo del personaggio di Mildred e del modo in cui queste tematiche vengono trattate all’interno della serie di Murphy che, ancora una volta, si mostra essere attento e ben preciso su temi sociali come questi.

 

 

 

Troppi intrecci, poca risoluzione?

Se c’è qualcosa che possiamo realmente incriminare a Ryan Murphy in questo suo ultimo lavoro – che comunque è all’altezza delle precedenti opere – è l’uso di moltissime tematiche e moltissimi personaggi. Troppe storyline da dover gestire e approfondire finendo col dare, come in fondo già detto, solo pezzi, accenni di situazioni restando fin troppo sulla superficie.

 

 

Indubbiamente Murphy usa il tanto caro quanto canonico sistema del azione-causa-conseguenza. Meccanismo alla base di qualsiasi storia, che sia cinematografica, televisiva, letteraria o che so io. In questo caso è più fondamentale che mai!

Gli eventi sono un vero e proprio effetto a catena dettato dai personaggi. È un po’ come un virus, diffuso dalla stessa Mildred, che infetta tutto ciò che il personaggio tocca e creare così una fitta rete di intrecci e di conseguenze sempre più imprevedibili.

Forse, proprio per questo motivo, vi sembrerà difficile associare il personaggio della Paulson a quello della Fletcher, eppure sarà proprio sullo scoccare degli ultimi rintocchi di questa prima stagione che i due visi cominceranno ad avere una fisionomia decisamente più riconoscibile.

Il resto potrebbe quasi diventare del mero contesto per poter raccontare le origini alla base di uno dei personaggi più subdoli e perfidi della storia del cinema, senza però perdere di smalto. Per quanto le storyline possano essere troppe e i personaggi difficili da seguire a tal punto da affezionarsi a tutti, Murphy riesce comunque a creare una connessione tale da non potersi scrollare facilmente di dosso la sensazione di angoscia e disagio di ognuno di essi.

 

 

 

Ancora una volta un cast che vale la visione

Se c’è una cosa che non manca mai nelle serie TV di Ryan Murphy e ne garantisce visione e soddisfazione da parte del pubblico è proprio il suo cast. A cominciare dalla magnifica Sarah Paulson che ci regala le mille e più sfumature di un personaggio che cominciamo a conoscere in una nuova e differente dimensione, per poi proseguire con Finn Wittrock, ancora una volta alle prese con un personaggio borderline e inquietante.

 

 

Tra i fiori all’occhiello di Ratched, oltre a trovare una splendida Cynthia Nixon in un ruolo che si ritaglia perfettamente sulla sua figura – soprattutto poi negli scambi tra il suo personaggio e quello della Paulson – nota di merito va a Sophie Okonedo nel personaggio più complesso non solo di tutta la serie, ma forse negli ultimi anni di serialità.

Dopo lo straordinario James McAvoy in Split, abbiamo un’altra grande interprete nella rappresentazione del disturbo di personalità multipla

Dopo lo straordinario James McAvoy in Split, abbiamo un’altra grande interprete nella rappresentazione del disturbo di personalità multipla. La trasformazione nella voce, nei modi e nel volto dell’attrice è talmente impressionante da lasciare i brividi addosso. Proprio per questo motivo è più che consigliata – per non dire obbligatoria – la visione in lingua originale.

Guest stars di eccezione che sanno distinguersi – a modo loro – per due personaggi tanto diversi quanto inquietanti? Sharon Stone e Vincent D’Onofrio.

 

 

In conclusione della recensione di Ratched, forse non ci troviamo di fronte ad uno dei capolavori di Ryan Murphy. Non sarà una di quelle serie da farci strappare i capelli di testa, eppure sarà molto difficile per voi non appassionarvi ai misteri, ai torbidi segreti dell’infermiera Mildred Ratched. A cosa si nasconde dietro il suo volto perfetto, i suoi vestiti alla moda e i suoi capelli costantemente acconciati. Murphy riesce a costruire un’intrigate rete di contatti tra differenti personaggi, tutti condizionabili tra di loro, tutti fortemente compromessi dalla vita e dagli imprevisti di essa. Una serie che, a modo suo, sa come lasciare il segno.

 

 

La prima stagione di Ratched è disponibile su Netflix
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