Project Aquiline, la CIA voleva spiare i sovietici usando dei droni alimentati ad energia nucleare

Alcuni nuovi documenti desecretati dalla CIA hanno rivelato l’esistenza di Project Aquiline: un affascinante piano, mai attuato, per spiare i sovietici attraverso una fantascientifica flotta di uccelli-drone alimentati ad energia nucleare.

Nome in codice Project Aquiline: durante la Guerra Fredda la CIA stava lavorando ad una flotta di mini-droni alimentati ad energia nucleare. Avevano le sembianze e le dimensioni di un normale uccello, gli Stati Uniti li volevano usare per spiare l’Unione Sovietica.

Uno strumento di spionaggio formidabile, peccato che il progetto venne presto accantonato in favore di metodi di spionaggio più tradizionali —ma non meno inegnosi—, basti pensare al ricognitore strategico SR-71 Blackbird.

Di Project Aquiline non si è mai saputo nulla, poi, ad agosto di quest’anno, la CIA ne ha rivelato al mondo l’esistenza per la prima volta.

Project Aquiline, scrive Popular Mechanics, può essere considerato a tutti gli effetti il primo tentativo degli Stati Uniti di mettere in volo una flotta di veicoli aerei senza pilota.

Ogni drone doveva essere virtualmente indistinguibile da un comune volatile di grosse dimensioni

La progettazione era stata affidata alla McDonnel Douglas, mentre l’idea di base era quella di creare dei veri e propri stormi composti da 12 droni alimentati ad energia nucleare. Ogni drone avrebbe dovuto misurare non più di 1,5 metri di lunghezza, una dimensione troppo contenuta per renderli riconoscibili ad occhio nudo o dai radar, specie di sera e durante i voli ad alta quota (fino a 6000 metri di altitudine).

 

 

Il propulsore nucleare sarebbe era stato preso in prestito da alcune sonde spaziali della NASA

La propulsione nucleare, derivata dalle soluzioni adottate per l’esplorazione spaziale, avrebbe garantito a ciascun drone un’autonomia di 36.000 miglia, quanto basta per rimanere in volo per quasi 30 giorni.

 

 

I droni di Project Aquiline potevano anche venire equipaggiati con un carico di sensori da sganciare in prossimità degli obiettivi nemici, garantendo alla CIA una continua copertura delle attività del nemico. Al contrario, non era necessario che il peso dei droni venisse aggravato dall’equipaggiamento necessario per archiviare le informazioni rubate: era sufficiente che trasferissero i dati ad un Douglas DC-12 in volo non troppo distante da loro.

 

 

Le dimensioni contenuti dei droni, nella mente degli scienziati della CIA, li avrebbero di fatto resi uno strumento molto più efficace dei comuni aerei ricognitori, grazie alla possibilità di volare ad una quota più bassa e scattare foto a distanza estremamente ravvicinata.

Non se ne fece nulla. Il perché si spiega presto: era un’idea troppo complicata, dalla miniaturizzazione del reattore, alla necessità di affinare le tecniche di trasmissione dati, le sfide erano semplicemente troppo impegnative per rendere Project Aquiline qualcosa di realmente praticabile. Quanto sarebbe durata la segretezza dei droni prima che i sovietici non ne scoprissero l’esistenza? A quel punto abbatterli prima ancora che potessero raggiungere gli obiettivi militare sarebbe stato un gioco fin troppo semplice.

 

 

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