Il ritrovamento di un nuovo fossile suggerisce che potremmo aver sempre frainteso la storia evolutiva degli squali.

Un team di ricercatori inglesi guidati dal Dr. Martin Brazeau ha trovato in Mongolia i resti di un antico pesce dotato di scheletro, un dettaglio anomalo che ha le potenzialità di stravolgere molte nozioni scientifiche che consideravamo acquisite.

Facciamo un passo indietro: perché la cosa sta entusiasmando gli accademici? Gli squali e gli altri condritti odierni sono caratterizzati da una struttura scheletrica composta di elastica cartilagine, materiale leggero e flessibile che si considera essere il precursore delle più resistenti ossa.

Secondo le nozioni tradizionali, le specie dotate di endoscheletro cheratinoso si sono evolute nei millenni fino a ottenere strutture ossee più dense e compatte, con gli squali che fanno da notevole eccezione alla regola.

 

fossile pesce

 

Per questo motivo si è sempre ipotizzato che i condritti fossero un’anomalia, che fossero usciti dall’albero evolutivo seguito da altri esseri marini, ma il ritrovamento induce a prendere in considerazione anche inedite alternative.

Il fossile, vecchio di 410 milioni di anni, semina il germe del dubbio e propone l’idea che i progenitori degli squali fossero riusciti a sviluppare uno scheletro d’osso già in tempi antichi e che solo in seguito si siano riadattati alla cartilagine.

È stata una scoperta del tutto inattesa. La saggezza convenzionale ci dice che lo scheletro interno osseo sia stato un’innovazione unica dalla quale più di 400 milioni di anni fa gli antenati degli squali si sono separati, ma qui abbiamo prove chiare di uno scheletro intero a un cugino condiviso dagli squali e, in definitiva, da noi,

ha dichiarato il Dr. Brazeau dal Dipartimento di Scienze Biologiche del Imperial College di Londra.

I dettagli della scoperta, pubblicati ieri su Nature Ecology & Evolution, attestano uno scenario ancora estremamente parziale e che si lega indissolubilmente alla sfera delle illazioni.

Ora come ora, della nuova specie, battezzata Minjinia turgenensis, è stato ritrovato solamente un teschio fratturato, una limitazione che stimola nei ricercatori una certa dose di cautela, anche se, tutto sommato, la fantasia non smette di galoppare.

 

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