La recensione di Aggretsuko 3, terza stagione della serie animata con protagonista il panda rosso Retsuko, impiegata modello di giorno e metallara di notte, creata da Sanrio. Questa volta alle prese con celebrità, haters e stalking. Su Netflix dal 27 agosto.

Nello scrivere la recensione di Aggretsuko 3, terza stagione della serie animata giapponese arrivata su Netflix il 27 agosto, ci è venuta in mente una strana analogia.

 

 

Ogni giorno sveglia e caffè. Poi di corsa verso l’ufficio. “Presto che perdo il tram” avrebbe detto Fantozzi. Retsuko invece, panda rosso di 25 anni impiegata nel reparto contabilità di un’azienda, vive a Tokyo ed è molto difficile che arrivi in ritardo, vista la puntualità e la velocità dei treni nipponici. Ha però un’altra cosa in comune con il ragioniere interpretato da Paolo Villaggio: una situazione lavorativa deprimente.

 

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Torna su Netflix Aggretsuko, serie animata giapponese con protagonista un panda rosso diligente impiegata di giorno e cantante death metal di notte

Un capo sadico, colleghi invadenti. Nessuna speranza di crescita all’orizzonte. Il sottomesso Ugo Fantozzi sfogava le sue frustrazioni con frittatona di cipolle e rutto libero davanti alle partite di calcio, Retsuko invece mette a dura prova le sue corde vocali in una sala karaoke dove, quasi tutte le sere, canta brani death metal.

Non fatevi ingannare dal suo aspetto dolce e kawaii: Retsuko è una forza della natura. Come Hello Kitty, sorella maggiore nata sempre in casa Sanrio, il suo design dalle linee morbide e i colori pastello la fanno sembrare l’ennesimo personaggio creato dall’azienda giapponese per vendere gadget, ma, oltre a questo (di oggetti con la sua faccia ce ne sono a centinaia in vendita: che vorremmo tutti, sia chiaro), Retsuko ha fatto un salto nella scala evolutiva. È diventata, appunto Aggretsuko, la fusione delle parole aggressive (aggressiva) e Restsuko, per dirci cose forti come: il capitalismo è insidioso. Le donne non vogliono tutte sposarsi per forza. La realtà a volte è così angosciante che le sirene del mondo virtuale sembrano la cosa più bella in assoluto.

 

 

 

 

La rabbia giovane di Aggretsuko

Apparsa per la prima volta nel 2016, in ben cento cortometraggi realizzati da Fanworks e messi in onda dalla rete televisiva giapponese TBS, nel 2018 Aggretsuko è arrivata con una sua serie tv animata, da dieci episodi, su Netflix.

 

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Il personaggio di Retsuko è stato creato da Sanrio, stessa azienda che ha disegnato Hello Kitty

Il panda rosso, arrivata ai venticinque anni, gli ultimi cinque passati nel mondo del lavoro, è ormai disillusa per quanto riguarda la vita: il suo capo Ton, un maiale (letteralmente) maschilista e aggressivo, non perde occasione di ricordarle che i suoi giorni nell’azienda sono contati. Che una ragazzina senza spina dorsale come lei dovrebbe trovarsi un marito. Non aiuta Fenneko, collega impicciona, che sa tutto delle vite dei suoi compagni di ufficio grazie ai social e critica sempre senza pietà tutto e tutti. Poi c’è Haida, iena che, nonostante la sua natura, è timido e introverso e ha una cotta per Retsuko non corrisposta.

Al contrario della muta gattina Hello Kitty, disegnata senza bocca, Retsuko urla in faccia allo spettatore, con una incredibile voce growl, tutto il proprio disagio esistenziale.

Pressione sociale, i continui rimproveri della madre per il fatto che non si sappia prendersi cura di se stessa e del suo appartamento, la sensazione opprimente di star facendo qualcosa che annulli ogni briciolo della sua vera personalità: al contrario della muta gattina Hello Kitty, disegnata senza bocca, Retsuko urla in faccia allo spettatore, con una incredibile voce growl, tutto il proprio disagio esistenziale. I testi delle sue canzoni death metal sono dei monumenti alla rabbia: tutto è disincanto, tutto è sofferenza. L’unica via di fuga è sfogarsi grazie alla propria passione, che, anche se in segreto, permette di ritagliarci il nostro spazio, facendoci sentire vivi.

 

 

 

 

Le ragazze vogliono solo cantare il death metal

La prima stagione di Aggretsuko affronta, in modo geniale, l’aspetto ancora fortemente maschilista della società giapponese (e non solo): è la stessa protagonista a dire, nei primi episodi, che si licenzierà una volta accasatasi e formata una famiglia “perché lo fanno tutti”. In un mondo dove tutti si aspettano da te soltanto che diventi una brava moglie e madre, ruoli importantissimi, certamente, senza però tenere conto delle passioni e dell’indole del singolo individuo, una ragazza come Retsuko non può che sentirsi schiacciata e destinata a una vita, se non mediocre, sicuramente omologata, incasellata. La morte per qualsiasi spirito libero e creativo.

 

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Ecco che quindi, inaspettatamente, il panda rosso diventa un’icona non soltanto femminista, ma voce di una generazione cresciuta vivendo la vita attraverso la tecnologia, incastrata nel meccanismo casa, famiglia, lavoro come quelle prima di lei, ma con maggiore difficoltà nell’affrontare i rapporti umani. L’ufficio della protagonista diventa così un microcosmo che racconta la società intera: un luogo fatto di competizione, invidie, cattiveria, sopraffazione e rapporti di potere sbilanciati.

Il panda rosso diventa un’icona non soltanto femminista, ma voce di una generazione cresciuta vivendo la vita attraverso la tecnologia, incastrata nel meccanismo casa, famiglia, lavoro come quelle prima di lei, ma con maggiore difficoltà nell’affrontare i rapporti umani.

Unico spiraglio, oltre alla musica, l’amicizia con Gori, direttrice marketing dell’azienda, e Washimi, segretaria del presidente (e di fatto vero leader della compagnia, vista l’incompetenza di quello ufficiale), le donne più potenti nell’intero grattacielo. Entrambe in carriera, entrambe concentratissime sul proprio lavoro e quindi non sposate, per Retsuko sono due modelli inarrivabili. E invece, dopo averle conosciute a una lezione di yoga, scopre che anche loro, come lei, hanno dubbi, fragilità, insicurezze. L’amicizia tra donne è la svolta per la protagonista: insieme si danno l’un l’altra la forza e la sicurezza che la società sembra cercare di minare ogni giorno.

 

 

 

 

Aggretsuko 3: la stagione più dark

Dopo una prima folgorante stagione, in cui death metal, umorismo e spietata analisi sociale si fondono perfettamente, la seconda vira di più sulle relazioni amorose della protagonista, che di fatto si scopre non molto interessata alla vita di coppia. Dopo uno speciale di Natale, dal 27 agosto è disponibile su Netflix il terzo ciclo di episodi, composto sempre da dieci puntate. Stavolta, nonostante il divertimento e le battute intelligenti siano sempre presenti, tutto è molto più dark.

 

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Delusa dalle relazioni, troviamo Retsuko totalmente assorbita da Seya, splendido unicorno che è il suo nuovo fidanzato. Virtuale. Nel suo appartamento, nell’abbandono più totale (a guardare tutto quel disordine è lo spettatore stesso a trasformarsi nella madre della protagonista, non potendo evitare di esclamare: ma che stai facendo?!), incapace di controllarsi e fermarsi, continua a spendere soldi per comprare vestiti al suo compagno fatto di pixel, uscire con lui e sentirsi dire quanto è speciale.

Il conforto di questo rapporto virtuale sembra averle tolto ogni razionalità e addirittura aver chiuso in uno scomparto buio e profondo Aggretsuko, il suo alter ego metallaro. Con poche immagini, la serie ci mostra il fenomeno sempre più crescente, anche in Occidente, dell’Hikikomori: persone che, angosciate dai rapporti interpersonali e dal mondo esterno, si isolano, chiudendosi in casa, abbandonando sempre più cura personale e immergendosi nella realtà virtuale.

 

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Non è finita: a causa di una serie di decisioni sbagliate, Retsuko si trova in difficoltà economiche e con ingenti debiti da pagare. Per questo è costretta a trovare un secondo lavoro. Ed è qui che tutto cambia: diventa la tuttofare di un gruppo di idol underground, che si esibiscono nei locali della città. Curare i loro social, stampare spallette e magliette, portare loro il pranzo: tutti lavori umili, ma che improvvisamente richiedono anche uno sforzo creativo. Per il panda rosso è come rinascere.

 

 

 

 

Aggretsuko e l’importanza di essere se stessi

La doppia vita di Retsuko risveglia le sue ambizioni sopite: in un mondo che ti spinge al conformismo e alla mediocrità, fare qualcosa che gli altri non si aspettano da te ti rende vivo, ti dà speranza. Lavorare per un gruppo riaccende tutti i suoi desideri di libertà: imparare a suonare uno strumento, esibirsi davanti a un pubblico, sono tutte cose che ridanno uno scopo e un senso alla sua vita. In dieci episodi coloratissimi, Aggretsuko e soci ci mostrano quanto sia importante essere fedeli a se stessi, cercando di vivere la propria esistenza senza soffocare le nostre aspirazioni.

 

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Certo, tutto ha un prezzo: il Direttore Ton non vede di buon occhio la doppia vita della sua impiegata. Che fare quindi? Rinunciare a uno stipendio fisso che dà sicurezza ma la rende infelice, o rischiare tutto per fare ciò che ama? Non solo: esporsi al pubblico attira tante persone che apprezzano, ma anche haters.

Nell’ultima parte della stagione Aggretsuko torna quindi a parlare della difficoltà di una società che spinge donne e uomini a mostrarsi, a condividere, ma poi critica tutti aspramente, per noia, insicurezza personale o mancanza di empatia. Dopo il mondo del lavoro e i rapporti di coppia, la serie animata esplora anche temi inquietanti come lo stalking, la violenza verbale e fisica sulle donne.

In conclusione della recensione di recensione di Aggretsuko 3, riuscendo a mantenere un equilibrio incredibile tra umorismo e dramma, la serie eleva se stessa, confermandosi una delle serie animate più interessanti uscite negli ultimi anni. Metallo!

 

Aggretsuko 3 è su Netflix dal 27 agosto