A nord-est di Manhattan, c’è un’isola dal passato molto sinistro: si chiama Hart Island. È stata usata prima come carcere, poi come istituto psichiatrico, casa di cura della tubercolosi e infine come fossa comune. Oggi è diventata un cimitero d’emergenza per le vittime del Coronavirus.

La storia di Hart Island, una piccola isola a nord dell’isola di Mahnattan, nell’area occidentale di Long Island Sound, è una storia fatta di guerre, lotte e desolazione. Già prima del Covid-19, Hart Island era il potter’s field più famoso d’America, un’isoletta lunga un chilometro e mezzo e larga mezzo chilometro, con sotto un milione di morti senza nome e senza storia. I più antichi addirittura risalgono alla Guerra di Secessione.

 

Nella foto in alto si vede il Bronx, in basso a sinistra la City Island del Bronx e a destra Hart Island

 

Il potter’s field, o campo del vasaio, altro non è che un luogo per la sepoltura di persone sconosciute o indigenti. “Campo del vasaio” è una parola di origine biblica, che si riferisce a Akeldama. Dopo la condanna di Cristo, Giuda Iscariota getta nel tempio le famose trenta monete d’argento frutto del tradimento; i sacerdoti non vogliono quel denaro, in quanto sporco di sangue, allora decidono di utilizzarlo per comprare il campo di un vasaio per farne un luogo di sepoltura per i poveri e gli stranieri.

Un’isola dove sono stati seppelliti milioni di morti.

Quando il Coronavirus ha iniziato a colpire New York, intorno ad aprile, e ne ha fatto uno dei focolai peggiori degli Stati Uniti d’America, con una percentuale di contagi tra le più alte al mondo, le autorità hanno deciso che Hart Island sarebbe stata la destinazione per tutte le vittime non reclamate negli obitori, sotto pressione quanto le terapie intensive colme di malati.

Ma qual è la storia di quest’isola?

 

 

Il passato

Definito come il più grande cimitero pubblico al mondo, ed anche il meno accessibile, qui i morti sono per lo più sconosciuti, e i pochi che vengono reclamati sono difficili da rintracciare in quanto le fosse comuni sono troppo affollate per poterle riaprire con facilità.

I pochi morti che venivano reclamati sono difficili da rintracciare in quanto le fosse comuni sono troppo affollate per poterle riaprire con facilità.

Prima che arrivassero i coloni l’isola apparteneva ai nativi americani, per poi essere acquistata da Thomas Pell, inglese del Sussex, nel 1654. Il 27 maggio 1868, New York City ha acquistato l’isola da Edward Hunter del Bronx per settantacinquemila dollari e il primo uso pubblico di Hart Island fu quello di addestrare truppe degli Stati Uniti colorate, i famosi USCT reggimenti nell’Esercito degli Stati Uniti composti principalmente da afro-americani, a partire dal 1864.

L’etimologia del nome non è molto chiara, c’è chi lo attribuisce alla conformazione dell’isola a forma di cuore, con l’abbandono della seconda lettera (la E in Heart) poco dopo.

In questo lembo di terra le strutture costruite furono utilizzate per moltissimi scopi tra i quali una prigione, una casa di lavoro, una casa di cura della tubercolosi e un istituto psichiatrico, e la terra iniziò sin da subito ad ospitare anime (le prime furono quelle dei soldati che si trovavano nell’ospedale militare durante il conflitto tra Nord e Sud).

 

Una trincea del potter’s field di Hart Island (foto di Jacob Riis – 1890)

 

Quando l’isola era un campo di prigionieri di guerra, ha ospitato fino 3.413 catturati (nel periodo della guerra civile americana), di questi, 235 sono morti nel campo e furono sepolti nel Cypress Hills National Cemetery. Per quattro mesi, nel 1865 ha ospitato prigionieri durante la guerra civile americana ed il ruolo di “isola penitenziario” è stato più o meno sfruttato fino al 1966 e di nuovo brevemente alla fine del 1980.

Oltre a un luogo di prigionia, l’isola nel tardo diciannovesimo secolo è diventata il luogo di una casa di lavoro per ragazzi, che era praticamente un’estensione del carcere e ospizio sull’isola di Blackwell, ora Roosevelt Island. C’è infatti tra gli edifici ormai abbandonati una sezione di vecchie case di legno probabilmente usate durante il periodo “casa per ragazzi” e anche alcune strutture istituzionali in muratura, cadute ormai in rovina e abbattute per fornire un nuovo terreno per le sepolture. Ad oggi nessuno degli edifici originali del periodo della Guerra Civile sono ancora in piedi.

L’amministrazione dell’isola, dato che la prigione è stata tra i primi utilizzi di Hart Island, era affidata al Department of Correction, per questo motivo l’isola è stata chiusa a chiunque non facesse parte del sistema penitenziario. Le anime senza nome sono rimaste così lontane da tutti, non solo quelle degli sconosciuti. È stato scelto un sistema burocratico di questo tipo proprio per cercare di tener lontano dall’isola più persone possibili. Il New York City Department of Correction (NYCD), è il ramo della polizia municipale del governo di New York responsabile della custodia, il controllo e la cura della popolazione imprigionata di New York city. In questi anni coloro che erano addetti a scavare le fosse riempiendole con le bare, il più delle volte erano carcerati.

 

 

 

 

Il cimitero e le Fosse Comuni

L’isola di Hart Island è il più grande cimitero finanziato in tutto il mondo. Le sepolture su Hart Island sono iniziate con la “20 Union Army” soldati durante la guerra civile americana.

Ci sono più di un milione di morti sotto la terra dell’isola.

La media degli arrivi era di millecinquecento al mese, diecimila all’anno più o meno. Un terzo delle sepolture annuali sono neonati e bambini nati morti, numero che fortunatamente è stato ultimamente ridotto da quando l’assicurazione sanitaria ha cominciato a coprire tutte le donne incinte nello Stato di New York. Negli anni ottanta i tanti uccisi dall’Aids quando ancora non si sapeva come si propagava quel male, venivano seppelliti nell’Isola dei morti.

 

A sinistra City Island, a destra Hart Island

 

Ancora oggi, finiscono qui coloro che nessuno reclama. Nel 2005 ci sono state 1.419 sepolture, incluse 826 adulti, 546 neonati e bambini nati morti e 47 sepolture di parti del corpo smembrate. I morti sono sepolti in trincee mentre i neonati sono collocati in bare di varie dimensioni, gli adulti vengono sistemati in bare di pino grandi poste sottoterra in base alle dimensioni.

I morti sepolti su quest’isola soprattutto sono homeless, immigrati senza documenti o comunque persone alla cui identità non si riesce a risalire. Un’altra grande percentuale di bare è arrivata dal mare, dentro casse di legno povero, accatastate una sull’altra sulle imbarcazioni e sui carri per poi finire tutte allo stesso modo: impilate sotto terra, tre alla volta. In ogni strato di terreno, ogni pila di bare ne ha accanto a sé un’altra, fino a comporre un esercito di migliaia e migliaia di bare.

 

 

La vita su Hart Island è continuata pressoché uguale per decenni, fino alla fine degli anni novanta con la nascita di un’associazione, la Hart Island Project, che cerca di far aprire il cimitero ai newyorchesi, dato che nell’isola vigeva ancora la regola del Department of Correction con il divieto assoluto di approdo.

Nel 2012 dopo anni di battaglie, la gestione dell’isola è passata al Dipartimento dei Parchi, allentando le rigide restrizioni passate (tant’è che nel 2013 cinque persone hanno potuto visitare il cimitero). La prima persona ad oltrepassare i cancelli dell’isola è stata Elaine Joseph, alla quale avevano seppellito la figlia, nata prematura, nel 1978.

 

Il traghetto di Hart Island

 

Lo scopo dell’associazione è anche assistere persone come Elaine e cercare di trasformare quello che è uno dei luoghi più desolati della Terra, in un’attrazione turistica come è stato fatto in passato per i cimiteri poi divenuti parchi, da Madison Square Park, Washinghton Square Park o Bryant’s Park.

 

 

 

L’isola delle lacrime e il Coronavirus

I troppi morti a New York a causa del Covid-19, con la città praticamente al KO, hanno fatto prendere la decisione di riaprire l’isola per seppellire i morti della Grande Mela.

Nello stato-focolaio gli obitori erano più che saturi e il pericolo d’infezione era costante: ecco perché per liberarsi dei corpi sempre più in fretta è stata ridotta da sessanta a quattordici giorni la tolleranza verso le salme che non reclama nessuno all’obitorio.

In una situazione così, non c’è stata altra scelta se non quella di seppellire i senza nome, i senza famiglia, i senza soldi, nelle fosse comuni di Hart Island.

 

“L’isola dei morti” è stata ribattezzata dal New York Post in “Isola delle lacrime”.

L’emergenza Covid-19 ha purtroppo riaperto l’isola, ormai abbandonata, per cercare di aiutare le strutture sanitarie al collasso.

si tratta di persone per le quali in due settimane nessuno si è fatto avanti, accollandosi le spese del funerale” dice Freddi Goldstein, portavoce del sindaco Bill de Blasio, al tabloid newyorchese.

Inquietanti le foto scattate con un drone e pubblicate dallo stesso New York Post che hanno mostrato a tutto il mondo decine di lavoratori con tute protettive bianche mentre seppelliscono in una fossa comune decine di bare di pino (tra quelle meno costose) su cui veniva applicata solo una targhetta col nome.

 

Questo articolo è parte di una serie: Isole Misteriose