Ecco la recensione de La Taverna di Mezzanotte pubblicato da Bao Publishing, il manga di Yaro Abe da cui è stata tratta la serie Midnight Diner su Netflix. Preparatevi per un viaggio intimo tra le tante storie del popolo notturno di Shinjuku.
Era da un po’ che aspettavo di scrivere la recensione de La Taverna di Mezzanotte – Tokyo Stories, il manga di Yaro Abe che ha successivamente ispirato la bella serie di Netflix Midnight Diner; ho adorato le atmosfere intime e raccolte della serie Netflix e la cura con cui ci si è dedicati ai piccoli dettagli, in maniera – mi verrebbe da dire – molto educata e “giapponese”.
Non potevo certo esimermi dal leggere il manga originale, finalmente portato in Italia da Bao Publishing per la propria collana Aiken, e constatare con mano la fedeltà della trasposizione.
Yaro Abe, nonostante un inizio carriera tardivo ad oltre 40 anni, ha conquistato diversi premi nella sua carriera (tra cui il New Talent Prize di Shogakugan), parecchi dei quali proprio grazie a questo fumetto, in virtù anche della profonda genuinità e originalità dell’opera in un panorama così vasto e “pieno di tutto” com’è il mercato giapponese dei fumetti.
La contestualizzazione è presto detta: la Taverna di Mezzanotte è un piccolissimo izakaya nel cuore di Shinjuku, il quartiere di Tokyo che veramente non dorme mai, aperto esclusivamente dalla mezzanotte alle sette del mattino.
Il titolare è semplicemente conosciuto come “Maestro” e ha un’unica regola: nonostante il menù sia composto solo di quattro comande (zuppa di maiale, birra, sake, shōchū) lui preparerà qualsiasi cosa gli venga chiesto dai clienti, a patto di esserne capace di avere gli ingredienti giusti.
Nel corso dei diversi episodi esploreremo quindi la gastronomia giapponese attraverso tantissimi piatti tipici, propri della tradizione ( ad esempio oden, yakisoba, katsudon, tarako) oppure di importazione (l’inquietante “napolitan”, wurstel rossi, budini, tramezzini), ma soprattutto effettueremo un viaggio intimo e profondo nelle vite dei diversi clienti di questo particolare ristorante notturno.
Il Maestro accoglie tutti, indipendentemente dal ceto sociale o dalla professione e ognuno di questi troverà nella Taverna di Mezzanotte un luogo accogliente dove potersi rifugiare lontano dal caos della vita, dove potersi confessare, gioire o condividere le proprie ansie e tristezze con quanti lo frequentano.
Il Maestro (nella serie tv interpretato da Kaouru Kobayashi) è un ottimo ascoltatore e riesce quasi sempre ad accontentare ogni suo avventore, sia dal punto di vista culinario (pur non essendo uno chef di primario livello e ammettendolo di continuo) sia da quello psicologico, offrendo un vero e proprio riparo con il suo izakaya.
Ecco il segreto del successo de La Taverna di Mezzanotte, ambientata quasi sempre dentro al ristorante, divisa in brevi capitoli più o meno autoconclusivi, con i personaggi ricorrenti che interverranno di volta in volta.
Ogni cliente ordina un piatto diverso, ogni cliente ha una storia da raccontare e condividere. Spesso i suoi gusti descrivono la sua condizione o rappresentano qualche tipo di eccentricità, spesso si è portati dalla curiosità a volerne sapere di più e in alcuni casi ad immedesimarci nei tanti ricordi mostrati.
Noi italiani lo sappiamo bene, la tavola è per noi fondamentale. A tavola condividiamo le nostre vite con i famigliari ed amici, a tavola facciamo affari, spesso molti nostri ricordi felici sono legati proprio a gusti e aromi particolari.
La convivialità del cibo giapponese consumato in questi piccoli ristorantini notturni (quasi più simili ai pub o ai nostri bar che non a veri e propri ristoranti) offre un perfetto spunto narrativo.
Se siete stati in Giappone e siete entrati in uno di questi posticini sapete di cosa parlo. Ci si siede davanti al bancone, si saluta il cuoco di fronte a noi e gli si chiede la comanda. Lo vedremo spesso preparare il cibo di fronte ai nostri occhi e se si conosce il giapponese (o nel caso estremamente raro in cui il cuoco stesso mastichi un pochino di inglese) si può intrattenere qualche fugace conversazione.
Mi è capitato diverse volte nel mio viaggio in Giappone: ad Asakusa da Sometaro, uno dei più vecchi ristoranti di okonomiyaki di Tokyo (si, lo so che è un piatto originario del sud e che Tokyo non sarebbe il posto giusto dove assaporarli, io mi sono trovato benissimo), a Kyoto nei pressi del Ginkaku-Ji in un microscopico ristorantino di ramen dove ho fatto “amicizia” con un gruppo di studenti che parlavano inglese o a Ueno, gustando un tonkatsu incredibile e attaccando bottone solo perché avevo la casacca di Sakuragi dello Shohoku.
La Taverna di Mezzanotte di Yaro Abe deve la sua forza alla sua incredibile semplicità e genuinità.
Onestamente non posso dire che sia “disegnato bene” (per i canoni con cui valutiamo oggettivamente le opere che recensiamo); ci troviamo di fronte ad un tratto assolutamente minimal, a volte con linee anche fin troppo semplici e prospettive non sempre corrette, ma la coerenza con il tipo di storie narrate è assoluta.
Conosceremo i clienti de La Taverna di Mezzanotte, poco alla volta, dai clienti saltuari fino agli habituè e più facciamo la loro conoscenza e più li sentiamo avvicinarsi a noi.
Incontreremo la spogliarellista Marylin-chan, che salta di continuo tra una relazione e l’altra, lo yakuza Ryū Kenzaki che mangia solo wurstel rossi tagliati a forma di polpo, il vecchio Kosuzu che gestisce un gay bar tra i più vecchi di Shinjuku, le bisbetiche Ochazuka Sisters, la rotonda e perennemente in dieta (fallimentare) Mayumi e l’ex marinaio Shima a Strisce, dalla lacrima facile.
Questo cast di personaggi interagirà ogni volta con gli altri avventori e con il Maestro rendendo la Taverna di Mezzanotte una raccolta di piccoli e brevi racconti di umanità e tradizione che passeranno dalle pene d’amore, alle difficoltà di realizzarsi nella vita, dai piccoli-grandi successi che possono capitare fino ai lutti e al senso della perdita. Il tutto raccontato a volte con la malinconia e il romanticismo tipico dei Giapponesi, a volte con la superficialità e la visione fatalista sempre propria della cultura nipponica delle grandi metropoli.
È interessante apprezzare le differenze culturali con il Giappone, un paese indubbiamente affascinante ma non sempre facile da comprendere per noi occidentali: Ryū è un malvivente, uno yakuza peraltro stereotipato nei modi e nel look, eppure sembra che nessuno ci faccia troppo caso, così come nessuno è imbarazzato dalla presenza di porno attori/attrici, come invece lo saremmo noi in Italia (dai non raccontiamocela).
Sarete rapiti dal fascino di queste piccole storie e ne vorrete sempre di più, così come vi verrà l’acquolina in bocca a vedere tutti i piatti che il Maestro de La Taverna di Mezzanotte preparerà ogni notte
Tranne il Natto, mi dispiace, so che fa benissimo, ma è terrificante e non riesco nemmeno a ricordarne l’odore senza nausearmi.
I personaggi che ricordate dalla serie tv Netflix li ritroverete anche nel fumetto originale, nonostante la serie per il piccolo schermo presenti qualche differenza, qualche aggiunta, qualche libertà e anche qualche censura.
Unico difetto: la rappresentazione dei piatti, per quanto abbastanza dettagliata, non potrà mai raggiungere il dettaglio e la regia di quanto visto nella serie tv Netflix e questo temo che fosse piuttosto inevitabile.
Il volume conta quasi 300 pagine in formato brossurato con sovracoperta, ben prodotto come sempre da Bao Publishing e in linea con le altre pubblicazioni Aiken.
Ci voleva proprio un titolo del genere nel catalogo di Bao Publishing per la linea Aiken, con la popolarità della serie tv a fare da traino; spero di avervi trasmesso l’entusiasmo che mi ha suscitato, La Taverna di Mezzanotte è straordinariamente genuino e originale nella sua incredibile semplicità, mantiene una forza magnetica davvero incredibile, dettata dalla meraviglia che a volte le storie più normali possono generare.
Non serve sempre un superpotere o chissà quale mistero per sorprenderci. A volte bastano una zuppa fredda e una costardella al sale accompagnata da una birra fresca.
- Un'opera genuina, intima, ricca del fascino di storie di una umanità singolare
- La serie tv di Netflix è molto fedele al fumetto di Yaro Abe
- Le piccole storie raccontate sono sempre interessanti
- I disegni non sono di grande qualità, ma sono coerenti con il tono semplice e genuino delle storie
- I disegni non sono certo il punto forte dell'opera: minimal all'estremo, a volte con qualche "errorino" di prospettiva non tipico del manga
- Un corrolario con il riepilogo delle ricette sarebbe stata un'idea molto carina
- I manga a colori sono piuttosto rari e non sempre di qualità; in questo caso i piatti mostrati in bianco e nero perdono molto nei confronti della trasposizione televisiva